Era il 26 ottobre 1984 quando negli Stati Uniti uscì nelle sale quello che sarebbe diventato uno dei film fantascientifici più iconici e influenti della storia del cinema: Terminator. Il film con protagonista Arnold Schwarzenegger scrisse la storia, quel 26 ottobre del 1984, lasciando un segno indelebile nella cinematografia mondiale. Da allora, come spesso avviene in questi casi, quello che sarebbe dovuto essere un perfetto film auto-conclusivo si trasformò in una saga. Uscì un secondo riuscito capitolo nel 1991, ovvero Terminator 2: Judgment Day, poi altri film tra sequel meno fortunati e vari tentativi di reboot fallimentari. La saga di Terminator non si fermò però al cinema e anzi, cercò di dire la sua anche in altri media, come la TV, la letteratura, i fumetti ma soprattutto i videogiochi, purtroppo fallendo in quasi ogni suo tentativo. In particolar modo in ambito videoludico, a parte T2: Terminator 2: Judgment Day per console a 16-bit, ogni titolo uscito dal 1984 a oggi si è rivelato un colossale fiasco. Solo Terminator: Salvation (tie-in dell’omonimo film) riuscì a distinguersi dagli altri, e non per la qualità intrinseca del prodotto ma per il suo Platino praticamente regalato, cosa che lo ha reso quasi un oggetto di culto tra i cacciatori di trofei/obiettivi. Arriviamo al 2019, anno di uscita del Terminator: Resistance preso oggi in esame. Sarà riuscito a elevarsi rispetto al mediocre passato videoludico che si trova suo malgrado alle spalle?
Partiamo malissimo
Il primo impatto con Terminator: Resistance è decisamente terribile. Durante il primissimo filmato ci si rende conto di star giocando a un titolo che tecnicamente sembra rimasto indietro di almeno dieci anni. Con tutto il rispetto per i titoli usciti dieci anni fa. Vediamo un Terminator sollevare da terra un umano superstite il quale viene poi ucciso dalla macchina creata da Skynet con la sua arma al plasma. Nessuna goccia di sangue, nessuna ferita visibile sul corpo del povero malcapitato. Questo è il biglietto da visita del titolo firmato Teyon (sì, quelli di Rambo: The Video Game). E andando avanti la situazione non migliora per nulla.
A parte le texture che, avvicinandosi a esse, farebbero venire un infarto a qualsiasi game designer, il videogioco è ricco di bug e situazioni tragicomiche. Sparare a uno dei ratti che troverete nelle poco ispirate mappe di gioco significherà vedere il roditore scomparire nel nulla, sostituito da un’esplosione di sangue in bassa risoluzione. A livello tecnico il videogioco è uscito nei negozi in uno stato davvero pietoso, e c’è da chiedersi se ciò sia dovuto per la fretta di fare uscire il titolo in concomitanza con il film Terminator: Destino Oscuro (del quale comunque ignora gli eventi narrati), o per incapacità del team di sviluppo. Probabilmente entrambe le cose.
La storia è nelle tua mani… forse
Terminator: Resistance prende luogo trent’anni dopo gli avvenimenti di Terminator 2: Il giorno del giudizio. Il giocatore è chiamato a controllare Jacob Rivers, un membro dalla Resistenza che per un misterioso motivo è finito sulla lista nera di Skynet poiché ritenuto una seria minaccia per la guerra tra umani e macchine. La narrativa di Terminator: Resistance è forse uno dei pochi punti positivi del titolo. Certo, non stiamo parlando di una trama rivoluzionaria, emozionante e ricca di colpi di scena, ma si lascia seguire abbastanza bene. Il vero difetto è che viene dato al giocatore la possibilità di interagire con gli altri personaggi presenti nel gioco e avere nei dialoghi delle scelte multiple.
Perché difetto? Perché queste scelte multiple si tramuteranno sempre in dei banali “Sì, ci penso io” o “No, non ci penso proprio”. O paladino della giustizia o egoista patentato, non ci sono vie di mezzo. Oltre a ciò le scelte che compierete lungo lo scorrere degli eventi di gioco non incideranno più di tanto sulla narrativa, anzi. La storia segue dei binari netti e predefiniti che non permettono al giocatore di intervenire in modo davvero decisivo. A parte alcuni cambiamenti legati alle relazioni instaurate con gli altri sopravvissuti, la trama del gioco dà solo l’illusione di prendere in considerazione le nostre azioni. Non incidono nemmeno i già menzionati sopravvissuti, uno più stereotipato dell’altro e con dei background narrativi facilmente dimenticabili.
Si applica, ma non ci riesce proprio
La cosa davvero triste del videogioco preso qui in esame è che i ragazzi di Teyon sembrano averci provato almeno un minimo. Il passo avanti rispetto al videogioco dedicato a Rambo è evidente (non che ci volesse molto, fare di peggio era un’impresa) e ciò si vede dalle varie meccaniche di gioco presenti. Il personaggio può livellare e ciò ci permetterà di ottenere punti abilità che andranno utilizzati per migliorare i talenti di Jacob, come per esempio la sua bravura nell’hacking e nello scassinamento. Parlando di questi due, nel primo caso si tratta di un giochino parecchio semplice e banale anche quando la difficoltà di hacking sarà molto alta. Se nella vita vera fosse così semplice hackerare un dispositivo, probabilmente non esisterebbe più internet nel mondo. Skynet dovrebbe seriamente rivedere le sue linee difensive virtuali. Per quanto concerne invece lo scassinamento, il sistema è identico a quanto visto in Fallout e Skyrim, né più né meno. Il plagio è talmente spudorato che quasi viene da sorridere per la tenerezza della cosa. È presente anche un sistema di upgrade delle armi (solo quelle al plasma) tramite tre chip che vanno collegati in un preciso modo. Tali potenziamenti però non si avvertiranno granché mentre si gioca, e causa di questo è la bassissima difficoltà del titolo anche alle difficoltà più elevate. Utilizzare o no i potenziamenti non inciderà più di tanto visto che i nemici cadranno come birilli dinnanzi a voi a prescindere. Proprio per questo le fasi di shooting lasciano a desiderare, e in un FPS la cosa è alquanto grave. Si possono raccogliere materiali per craftare oggetti, ma questi ultimi sono facilmente reperibili dai nemici e nelle zone esplorabili per cui risulta pressoché inutile.
Oltre alle missioni principali ci saranno anche missioni secondarie che in certi casi approfondiranno il rapporto con il personaggio che ci ha chiesto di compiere un determinato incarico. Peccato che tutte le missioni, principali e secondarie, si limitino a un semplice “vai da punto A a punto B” senza alcun tipo di inventiva, e la longevità in questo non aiuta di certo (cinque ore per l’avventura principale, per fare tutto una decina di ore). Come avrete di certo intuito, Terminator: Resistance è ricco di meccaniche ma nessuna di esse è davvero approfondita e/o sfruttata in maniera intelligente. Il level design lineare delle mappe di gioco (che sono solo all’apparenza molto grandi) da questo punto di vista limita ancora di più il gameplay. Avete presente la frase “Ha le potenzialità ma non si applica”? Bene, per i ragazzi di Teyon vale il discorso opposto.
Il giorno del giudizio
La cosa più divertente, ma al contempo anche quella più drammatica, di tutta questa faccenda è che Terminator: Resistance nonostante tutto è uno dei titoli più riusciti dedicati alla saga di Terminator. Questo la dice lunga sullo stato di salute della saga a livello videoludico, perché Resistance è un titolo imbarazzante sotto molti aspetti, soprattutto quello tecnico. Se fosse uscito una decina di anni fa (o anche quindici), probabilmente avrebbe fatto miglior figura e avrebbe avuto più dignità, ma nel 2019 un titolo del genere è semplicemente inaccettabile. Questo unito al flop commerciale del film Terminator: Destino Oscuro ci porta a un’unica triste conclusione: il giorno del giudizio è arrivato, sì, ma per la saga di Terminator. Questo franchise ha provato ad andare avanti dopo il secondo capitolo cinematografico, ma fallendo nel tentativo ogni volta, e ha fallito anche in tutte le sue incarnazioni al di fuori del cinema. Per la saga creata da James Cameron è arrivato il momento di godersi una meritata pensione, e per certi aspetti è meglio così.