Se potessimo riassumere l’aspetto dell’Oppo Reno 13 FS 5G in due parole diremmo “minimal chic”. La finitura matte del retro – Graphite Grey o Luminous Blue – respinge le impronte e riflette la luce in maniera discreta, quasi a voler sussurrare la sua presenza più che gridarla. Non c’è pelle, non ci sono texture sgargianti: soltanto due anelli cromati a racchiudere sensori principali e macro, più un flash identico per forma e dimensioni. Sul profilo inferiore trovano posto USB-C, slot SIM/microSD e griglia speaker; il frame destro ospita volume e tasto di accensione, quello sinistro resta nudo come un foglio bianco.
Il feeling in mano è ottimo: 192 grammi distribuiti in 7,8 mm di spessore si tengono bene anche durante lunghe sessioni Netflix. Peccato per la dotazione “scarsa”: nella confezione non c’è traccia di caricatore, cavo o cover. Rimane però la pellicola pre-applicata sul pannello frontale, una piccola carezza per i più distratti.

Uno schermo che convince, tra isole dinamiche e 120 Hz di pura fluidità
Il display AMOLED FHD+ da 6,7 pollici è il fiore all’occhiello del Reno 13 FS. Si tratta di un pannello con refresh rate adattivo fino a 120 Hz che offre colori saturi (DCI-P3 in modalità Vivid) e una luminosità di picco che, nei contenuti HDR, tocca i 2.100 nit localizzati. Guardare “Breaking Bad” sotto il sole del New Mexico – reale o immaginario – non mette mai in crisi il contrasto, anche se i cieli iper-luminosi tendono a strafare.
Il foro della selfie cam si trasforma in una mini “isola dinamica” che si espande per mostrare notifiche e controlli multimediali: niente di rivoluzionario, ma rende le interazioni più gradevoli senza intaccare la superficie utile. Sotto al vetro Asahi DT-Star2 vive il sensore d’impronta, rapido e preciso.
Fotocamere: scatti degni del feed, video un po’ ballerini
Sulla carta la configurazione è classica: sensore principale da 50 MP, ultrawide da 8 MP e modulo macro da 2 MP. Nella pratica i risultati sorprendono in condizioni di luce diurna: dettagli nitidi, colori fedeli e una buona gestione del range dinamico. I semi delle fragole nel nostro sample restano distinguibili, le lame d’erba non si impastano nemmeno nei controluce più spinti.
Al chiuso, complice la stabilizzazione esclusivamente digitale, qualche rumore inizia a fare capolino, ma resta gestibile con un minimo di editing. La selfie cam da 32 MP tende a smussare qualche capello ribelle di troppo in modalità ritratto, ma il tono pelle è naturale e la definizione sufficiente per Zoom e Stories.
Sul fronte video si arriva al 4K/30 fps, ma l’assenza di OIS rende le clip instabili se non si appoggia il telefono; chi vlogga in movimento dovrà fare i conti con tremolii evidenti.
Lo Snapdragon 6 Gen 1 non è più un giovanotto, però l’accoppiata con 12 GB di LPDDR4X e storage UFS 3.1 (espandibile via microSD fino a 2 TB) sostiene senza fatica la quotidianità. L’interfaccia ColorOS 15 gira fluida, il multitasking non s’inceppa e perfino Roblox regge centinaia di NPC senza scatti drammatici.
Nei benchmark il single-core si ferma a 926 punti, il multi-core a 2.608: numeri inferiori a Galaxy A56 o Pixel 9a, ma nella vita reale le differenze emergono solo con giochi 3D pesanti o montaggi video complessi, scenari in cui la GPU adreno fa fatica e la temperatura sale.

AI ovunque, bloatware pure: il rovescio della medaglia
Oppo cavalca l’onda dell’intelligenza artificiale con Live Photos, AI Editor, upscaling “4K UHD” e la ricerca circolare di Google. Funzioni utili? Dipende: l’AI Eraser cancella soggetti indesiderati con successi misti, mentre il miglioramento nitidezza spesso restituisce immagini troppo aggressive.
Ciò che pesa davvero è la quantità di app pre-installate: oltre alla suite Google trovate browser duplicati, store alternativi, giochi trial e servizi di shopping che dilagano nelle prime schermate. Serviranno dieci minuti di disinstallazioni per ripulire il drawer.
La batteria da 5.800 mAh è un asso nella manica: in uso misto (social, streaming, foto, mail) si arriva a sera con il 45 % residuo, spesso si sconfina nel secondo giorno. Se si osa con Diablo Immortal la percentuale scende più rapida (10 % ogni mezz’ora), ma lo smartphone non scalda in modo eccessivo. Il SuperVOOC da 45 W riporta dallo 0 al 50 % in mezz’ora e al 100 % in circa 68 minuti. Ma attenzione: l’alimentatore non è incluso. Un compromesso che stona su un listino di 449 euro.
L’audio sorprende: due speaker (uno sotto, uno nella capsula superiore extra-long) generano un suono più pieno della media, anche se le basse frequenze non fanno tremare il tavolo. Lato connettività spicca il 5G stabile e il supporto eSIM, ma la mancanza di Wi-Fi 6 limita la velocità domestica: non un dramma per streaming 4K, ma un passo indietro su un device 2025.

Se cercate un medio gamma affidabile, con uno dei migliori display della categoria, 5G veloce e una batteria instancabile, Oppo Reno 13 FS 5G è una proposta solida a circa 400 euro. Occorre però mettere in conto qualche ora di pulizia software, acquistare a parte un caricatore da 45 W e accettare che nelle sessioni di gaming più pesanti non avrete la fluidità di un top di gamma. Chi può spendere qualcosa in più troverà nel Reno 13 “liscio” fotocamere e prestazioni superiori; chi vuole risparmiare, il fratello 13 F rinuncia a metà storage senza sacrificare troppo. In definitiva, Reno 13 FS rimane il compromesso più equilibrato dell’attuale line-up Oppo.