Per cominciare a parlare di TACOMA ritengo necessario partire da chi ci ha lavorato, ovvero Fullbright. Questo brillante studio di sviluppo infatti, che effettivamente non merita la nomenclatura di studio ma quella di compagnia (che è ben diverso) è in poco tempo diventato un fenomeno di questa generazione.
Un portale che assomiglia ad un blog da cui aggiornano i loro fan, premi al BAFTA e ai GDC awards al loro debutto nel mondo degli sviluppatori, grazie soprattutto al titolo che li ha fatti letteralmente sfondare: Gone Home. Senza parlarvi di ulteriormente di un altro gioco (anche se meriterebbe di essere discusso in queste pagine), vi basti sapere che c’è un filo rosso che lega TACOMA al gioco sopra citato. Tutti e due fanno parte di quel tipo di avventure che mischiano abbondantemente le avventure grafiche con i survival horror, giocando il più delle volte sulla desolazione delle ambientazioni.
Ma mentre Gone Home srotolava il suo gomitolo narrativo all’interno di una casa abbandonata, in TACOMA vagheremo in cerca di risposte all’interno di… una base spaziale! Il gioco, ambientato in un’epoca futura alla nostra, ci metterà nei panni della new entry Amy Ferrier, nuovo tecnico assunto appunto all’interno dell’equipaggio. Questo perchè nel mondo di gioco, il turismo spaziale è più che un semplice sogno ma una realtà quotidiana, che ha spinto la stazione su cui ci troveremo ad affrontare la nostra missione a diventare un vero e proprio albergo, una sorta di tappa “intermedia” dei viaggiatori.
Proprio a causa del seguente motivo, la stazione sembra all’inizio in ottime condizioni, non stiamo parlando di un relitto, ma di qualcosa di molto più malsano: una stazione perfettamente funzionante, ma con nessuno a bordo, o meglio, senza scorgere alcuna forma di vita all’interno che possa muoversi o parlare. Chiariamo subito che la maggior parte del tempo la passerete incastrati tra narrazione ed esplorazione, interagendo con l’unico essere senziente (in parte) dell’intera stazione: ODIN, l’intelligenza artificiale che gestisce il tutto.
Ci troveremo a raccogliere importanti documenti che faranno luce sulla vicenda, da semplici documenti fino a vere e proprie registrazioni olografiche: infatti i cardini sul quale ruoterà la trama sembrano essere questi ologrammi che riprendono scene del recente passato, in modo da osservare le persone che abitavano TACOMA carpendone anche i tratti psicologici.
Ovviamente in titoli come questi una parte rilevante del progetto è riuscire a creare un’ambientazione che non solo faccia da collante con il resto del gioco, ma che riesca a far immergere il giocatore totalmente nell’esperienza che si trova di fronte. Alla base di questo ragionamento, Fullbright Company ha cercato qua e là di disseminare l’enviroment di elementi presi sia da produzioni passate (o meglio, di una vita fà) come Bioshock, sia rifacendosi agli standard dei film di fantascienza con stanze fredde e illuminate di una luce opaca e fin troppo sobria, per poi farci sperimentare qualche zona in cui non sarà presente la gravità.
Difficile dire se TACOMA riuscirà a bissare Gone Home, una cosa è certa e di sicuro deve essere nota a chi voglia considerare l’acquisto: se vi piacciono giochi in cui non c’è molto da agire se non esplorare la mappa e seguire la storia, probabilmente dovrete semplicemente guardare altrove. Se invece avete apprezzato Gone Home, o volete una prospettiva diversa rispetto al panorama videoludico odierno, TACOMA potrebbe veramente fare al caso vostro.
In ogni caso, avremo le nostre risposte su TACOMA solo a partire dal prossimo anno, e solo su Xbox One e PC. Vi lasciamo con il teaser trailer del titolo, e con il gameplay trailer mostrato all’E3 2015