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Per Square Enix la localizzazione è un limite per i videogiochi come Dragon Quest

Ormai sappiamo bene quanto i giochi di ruolo, soprattutto quelli giapponesi, stiano prendendo piede negli ultimi anni tra i videogiocatori: una delle serie che l’occidente ha scoperto da poco è quella di Dragon Quest. I primi capitoli erano un’esclusiva americana e giapponese, ma da qualche anno a questa parte, la saga sta acquistando parecchi fan nel mondo, arrivando ad una fama quasi paragonabile a quella del JRPG per antonomasia, ossia Final Fantasy.

Il tema della localizzazione è stato discusso recentemente da Ryota Aomi di Square Enix, che ha espresso la sua riguardo l’argomento, e soprattutto riguardo la localizzazione di Dragon Quest. Secondo Aomi, per noi occidentali non sarebbe facile comprendere l’opera al 100%, in quanto alcuni testi o alcuni riferimenti non avrebbero lo stesso effetto al di fuori del giappone:

Il testo giapponese in Dragon Quest è estremamente interessante, ma ritengo che le prime localizzazioni dei giochi non siano state sufficientemente curate e abbiano danneggiato i giochi.

Eppure non tutti sono d’accordo: Noriyoshi Fujimoto ci tiene a diffondere il verbo di Dragon Quest, e Square Enix è alla ricerca di un modo per compiere tutto ciò.

Se riuscissimo ad individuare l’ostacolo definitivo per la serie, facendola diventare un saga globale, saremmo felici di affrontare la sfida.

E voi credete che la localizzazione rappresenti una rovina per i giochi?

Mirko Mazzatosta
Ho iniziato a giocare grazie ad una PS One nel 2000: Continuo grazie alle console Sony, senza disdegnare le piattaforme Nintendo. Sono fan di molte saghe, ma in particolare di Kingdom Hearts, Final Fantasy, Dark Souls e Tomb Raider. Quando posso gioco anche a LoL, ed il mio champion preferito è Xin Zhao, il Siniscalco di Demacia.

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