La saga di Star Wars sta diventando sempre di più una miniera d’oro: tra marketing, gadget vari e una pellicola l’anno (più o meno), Disney e Lucasfilm stanno rendendo di diamante una saga già fatta d’oro: oltre alla nuova trilogia (e alla trilogia aggiuntiva che arriverà, insieme ad una serie tv), le due aziende hanno ideato un piano di spin-off. Solo: A Star Wars Story, infatti, va preso per quello che è: di certo non un film facente parte di una delle trilogie, ma soprattutto non è un film che parla di Forza, di Jedi e di Sith. Il protagonista indiscusso (o quasi) è Han Solo, eroe che abbiamo potuto conoscere nella vecchia trilogia e nella più recente.
Il film si colloca temporalmente prima di Una Nuova Speranza, e racconta le vicende di Han Solo (dai 18 ai 24 anni) e di tutti gli incontri e le vicende che lo porteranno a conoscere personaggi storici come Chewbecca, Lando Calrissian, e soprattutto la nave più amata dell’intera saga di Star Wars, il Millenium Falcon. Il resto, sebbene il film parli di eventi e faccende avvenute molti anni prima della trilogia classica, rimane comunque uno spoiler: già questo racconta di un film con un intreccio ben realizzato, marcato nei giusti punti.
La trama si dipana con alcune forzature facilmente superabili, con un ritmo studiato nel dettaglio che unisce battaglie fra le migliori di tutti gli ultimi film di Star Wars e dei dialoghi ben strutturati: il tempo è tiranno, e forse proprio contenere il film in 2 ore e 15 minuti ha richiesto una velocità di narrazione, soprattutto all’inizio, troppo rapida per un film di origini come questo Solo: A Star Wars Story.
Sebbene sia meno fan service di Rogue One, la pellicola rimane comunque un prodotto confezionato su misura per i vecchi fan: Alden Ehrenreich (Han Solo) ha minuziosamente studiato ogni passo di Harrison Ford per replicare le gestualità, le espressioni e le movenze di chi ha dato i natali ad un personaggio iconico, e un eccellente Lando Calrissian (Donald Glover) si mostra giovane, un po’ inesperto ma sempre aderente alla sua versione adulta. Una certezza il nuovo Wookie Joonas Suotamo, mentre un po’ meno sicura la Qi’ra di Emilia Clarke, sebbene rimanga comunque un personaggio interessante.
In termini di fotografia, alcuni escamotage tecnici dati da zone molto scure, nebbiose e cupe, mascherano forse delle limitazioni; eppure tra inseguimenti, combattimenti spettacolari e sessioni stellari di alto livello, Solo: A Star Wars Story non ha nulla da invidiare alle altre produzioni. Il personaggio, soprattutto, si presta molto bene ad una dinamica meno seriosa come Rogue One, più scherzosa e sarcastica, creando dei botta e risposta molto autoreferenziali ma divertenti.
Se vi state spaventando per la miriade di collegamenti che potreste trovare, potete stare tranquilli: in questo film saranno presenti molte battute ed alcune scene che mostrano origini di mantra, portafortuna vari o degli schemi ben noti ai fan della saga, ma l’autocitazionismo non diventerà mai così becero da lasciare una smorfia sul volto. Tutto (o quasi) verrà spiegato in modo pratico, veloce ma coerente. Da sottolineare, infine, un cameo davvero degno di nota verso la conclusione del film, che apre le porte a possibili futuri capitoli antologici davvero molto voluti dai sostenitore della saga.
Se c’è da fare un appunto stilistico sul film, questo è sul ruolo di Han Solo: meno eroe scapestrato e deciso, ma più un povero ragazzo rimbalzato dagli eventi tra una scena e l’altra. Forse la scelta è voluta, oppure semplicemente dei combattenti caratterialmente ben definiti, assieme al signore del crimine Dryden Vos (Paul Bettany) e ad altri personaggi come Tobias Beckett (Woody Harrelson) o il droide L3 (Phoebe Waller-Bridge), riescono a creare un’ombra larga e scura su una figura che negli altri film brilla di luce propria, mentre in questa fatica a partire (nonostante nella seconda metà del film ci riesca quasi per bene).