RunGunJumpGun – Recensione

Federico "Alexeij" Zunino
Di Federico "Alexeij" Zunino Recensioni Lettura da 12 minuti
7.2
RunGunJumpGun

Il mondo degli indie è un qualcosa di spaventoso, ma allo stesso tempo affascinante. Può essere un letto di potenziale grezzo che sviluppatori di grande passione e questionabili capacità rimodellano, dando forma tangibile alla propria immaginazione fra una campagna di crowdfunding qui e una licenza per motore grafico lì. Può purtroppo rivelarsi una notte oscura e piena dei terrori di prodotti incompleti e ingannevoli fino ad arrivare a vere e proprie truffe. RunGunJumpGun si colloca felicemente nella prima categoria, ma come molti altri prodotti non è semplice darne una classificazione: i tre sviluppatori di ThirtyThree Games hanno portato sul PC un genere, quello dei platform 2D a scorrimento orizzontale, che negli ultimi tempi ha spopolato sul mobile. Non si tratta certo di una scommessa senza precedenti fondati, come dimostra lo squisito Ori and the Blind Forest che l’anno scorso si è portato a casa un Game of the Year Award; come il prodotto dei Moon Studios, si può dire che anche RunGunJumpGun punti su una difficoltà elevata, ma sarebbe un’offesa agli sviluppatori di ThirtyThree Games: RunGunJumpGun è molto più simile ad un Jetpack Joyride sotto LSD e con l’obbiettivo di rovinare la vista al giocatore!

rungunjumpgun-headerQuando il Sole ha qualcosa da ridire

La trama del gioco non è particolarmente originale, ma ha quel pizzico di mistero che può renderla interessante. I livelli di RunGunJumpGun sono ambientati in un sistema galattico che sta collassando su sé stesso: a quanto pare, signorotti della guerra locali hanno recentemente fatto il passo più lungo della gamba e il Sole, che qui sembra essere un’entità senziente, ha deciso di rimetterli in riga. Come? Spazzando via ogni forma di vita nel sistema e bruciando la superficie dei pianeti per buona misura. Questo e molto altro ci viene spiegato livello per livello e zona per zona proprio grazie al nome degli stessi, ma soprattutto dai numerosi personaggi che seguiranno le peripezie del nostro protagonista: da alieni reporter sciacalli a signori della guerra innamorati del Sole fino ad ironiche Intelligenze Artificiali, il nostro protagonista verrà rincorso e schernito da un intero cast di personalità che ricordano alquanto Undertale.

RunGunJumpGun

Chi è quindi il protagonista, e qual’è il suo scopo? Spetterà in larga parte a noi, il giocatore, dare una risposta a queste domande. RunGunJumpGun ci offre diverse interpretazioni: potremmo essere uno sciacallo, pronto a razziare i resti di mondi morenti, come molti spesso ci accusano? Siamo forse astronauti alla rincorsa di una speranza di salvezza in un ultimo tentativo disperato di abbandonare il sistema stellare al collasso? O siamo forse eroi imbarcatisi in una missione suicida allo scopo di raccogliere un’offerta votiva al Sole, come pare suggerire la breve striscia animata sul sito ufficiale del gioco?

Masochismo che crea dipendenza

RunGunJumpGun è un gioco veloce, frenetico, consapevole di esserlo, e fa di questo aspetto il suo maggiore punto di forza (e di frustrazione). I comandi sono risicati veramente al minimo e ruotano intorno all’arma che ci trascineremo dietro dall’inizio del gioco: premendo Maiusc sinistro, o Shift che dir si voglia, spareremo verso il basso e ci muoveremo in verticale; premendo il destro, l’arma sparerà di fronte a noi, distruggendo ostacoli ed avversari senza distinzione. Piuttosto semplice in teoria, ma già dai livelli di tutorial il giocatore noterà come questo non si traduca a livello pratico: lo schermo scorre all’impazzata e il numero di ostacoli posti fra noi e la fine del livello richiederà fin da subito una buona dimestichezza coi controlli, oltre ad una sempre maggiore abilità mano a mano che si avanzerà nel gioco. Si tocca qui però una nota dolente: la tastiera non ha la stessa sensibilità di uno schermo touch e questo spesso comporta imprecisione nell’input o minuscoli ritardi nel cambio della direzione di fuoco. In un gioco in cui i livelli durano una manciata di secondi e la differenza fra vita e morte è solo di qualche pixel, si tratta però di una pecca non trascurabile. D’altra parte, l’affrontare la densità di ostacoli che il gioco ci scaglia contro sullo schermo di uno smartphone andrebbe ad aggiungere un ulteriore livello di difficoltà ad un gioco che già non si fa remore a punire i propri giocatori anche centinaia di volte prima superare livelli particolarmente ostici.

RunGunJumpGun

Gli ostacoli aumenteranno di numero e varietà, disposti in combinazioni spesso ripetitive ma altrettanto spesso rinnovate dall’inserimento di uno o più nuovi elementi. Questi aumentano e variano sì la qualità della sfida, ma ciò che vi terrà ancorati allo schermo fino all’esaurimento nervoso – o dei santi sul calendario – è il come gli sviluppatori punzecchieranno costantemente il vostro ego e senso di sfida. Ognuno dei 120 livelli di RunGunJumpGun, per estensione e per la velocità con cui li attraversiamo, sono pensati in teoria per essere superati in una manciata di secondi ognuno: non esistono check-point, tranne che nei livelli di tutorial, ma soprattutto non esiste un pulsante di restart! Ad ogni inevitabile morte, il nostro personaggio pixelloso si trasformerà in un fascio di luce e verrà catapultato all’inizio del livello, in partenza dai blocchi per affrontare un altro giro nel mattatoio. Certo, è possibile saltare ogni livello nel menù di pausa, ma anche se il gioco incoraggiasse questo comportamento – e non lo fa – quale giocatore si tirerebbe indietro da una sfida apparentemente “breve” quando i suoi fallimenti gli vengono agitati sotto al naso?

rungunjumpgun-01Il completismo è solo ad un pixel di distanza

La sfida offerta da RunGunJumpGun si stratifica con l’inserimento degli Atomik, sfere fluorescenti di energia e valuta corrente del gioco. Ogni livello ne offre un numero variabile, ma la raccolta non è necessaria al completamento dei livelli stessi: ciò per cui gli Atomik sono indispensabili è il progredire agli stage successivi del gioco. I 120 livelli di RunGunJumpGun sono infatti divisi in tre stage diversi: il primo é già sbloccato ed ivi ci troviamo già all’inizio del tutorial, mentre i successivi due richiederanno un grande numero di Atomik per essere sbloccati. Detta così e combinata con la palese difficoltà del gioco, la raccolta delle sfere di energia potrebbe sembrare un onere od overkill; giocando, invece, anche un giocatore alle prime armi dovrebbe riuscire a raggiungere la quota necessaria una volta raccolti poco più della metà degli Atomik presenti nello stage in cui si trova.

La disposizione degli Atomik risulta però, ad una più attenta analisi, fondamentale nella crescita del giocatore, soprattutto durante il primo stage. Molti di questi primi livelli infatti offrono al giocatore due o più palesi “percorsi” per raggiungere l’altro capo dello schermo: uno di questi richiederà spesso solamente un minimo sforzo da parte nostra, ma ci condurrà lontani dagli agognati Atomik se non per un numero minimo lasciati all’inizio di quasi ogni livello per bagnarci le labbra. I restanti si trovano spesso oltre a labirinti di fuoco incrociato e lame rotanti, ma più si progredirà e più ci ritroveremo a buttarci e a morire ripetutamente in queste killzones, anche solo per ottenere un Atomik in più. Questo comportamento, incoraggiato dal gioco, porterà anche il giocatore più inesperto a sviluppare quella dimestichezza che risulterà necessaria nelle fasi più avanzate del titolo, quando questa molteplicità di percorsi andrà a scemare e il margine di errore si ridurrà al minimo. Coloro che ricercano il 100% si preparino quindi ad un’esperienza infernale e a lunghissime sessioni di trial&error: a volte l’Atomik mancante sarà veramente ad un singolo pixel di distanza dal dover ricominciare il livello e l’ottenerlo richiederà uno studio maniacale di tempistiche e del percorso ottimale, oltre ad un controllo perfetto.

RunGunJumpGun

Un mondo pixelloso di musica psichedelica

Per quanto concerne il reparto artistico, RunGunJumpGun non brilla ma di certo offre uno sfondo ed un contorno molto appropriati all’esperienza di gioco proposta. La grafica, come già detto, è volutamente pixellosa e minimalistica, con colori molto brillanti che mettono in risalto i molteplici elementi su schermo. Spesso, tuttavia, questi elementi sono davvero troppo luminescenti, e combinati con l’elevata velocità a cui si muove il gioco possono risultare essere un ostico e spiacevole fronzolo che mina la complessiva buona qualità del prodotto. Gli sviluppatori ci avvertono subito di questa complicanza, voluta o meno, in una schermata iniziale che mette in guardia i soggetti epilettici, ma il carico visivo può essere tale, anche per giocatori senza complicanze di salute, da rendere necessario allontanarsi a brevi intervalli dal computer per riposare gli occhi. La soundtrack è piacevole e non intrusiva, ma ricalca la natura frenetica del gioco con pezzi di breve durata e che tendono a ripetersi dopo poco tempo: tutto sommato un buon accompagnamento al gameplay, con brani unici da zona a zona in modo da rispecchiare il diverso mood che ognuna delle aree porta con sé.

Tirando le somme, RunGunJumpGun è un titolo di tutto rispetto ed in grado di ritagliarsi una sua nicchia su una piattaforma che non favorisce espressamente questo tipo di giochi, al contrario dei dispositivi mobile. Il gameplay minimalista lo rende facilmente accessibile, nonostante controlli non proprio perfetti e la curva di difficoltà è studiata in modo tale da non scoraggiare anche quei giocatori novizi del genere, ma allo stesso tempo offre una sfida di tutto rispetto anche per i più veterani. La storia è perlopiù un piacevole elemento di contorno, come spesso accade per questi giochi, ma allo stesso tempo vi strapperà spesso una risata o un sorriso. Per chi sia alla ricerca di un gioco che non richieda un grande investimento di tempo ma offra una sfida davvero tosta ad un prezzo più che accessibile, RunGunJumpGun è il gioco che fa per voi.

RunGunJumpGun
7.2
Voto 7.2
Condividi l'articolo
Seguace disilluso di mamma Bioware, in un costante odi-et-amo con Bethesda e fanboy di Chris Avellone, nasce, cresce e va a sbattere a braccetto con Pokemon e la FX. Gli anni dei RTS sono lunghi e pieni di gioie, poi recupera American Conquest Serie Oro e rischia l'esaurimento nervoso contro l'IA del gioco. Da quel momento comincia la passione (leggi: ossessione) per gli RPG su ogni piattaforma fino a tornare recentemente su PC, sebbene abbia lacune catastrofiche su alcuni classici che non si può non aver giocato - vero, Final Fantasy? Scrive, legge fumetti da finto intellettuale dopo i traumi dovuti ai manga - ma la Sindrome di Stoccolma è una brutta cosa - e scrive ancora un po'.