Pokémon Spada e Scudo si sono guadagnati di diritto il titolo di giochi più controversi del periodo – o forse se lo contendono con Death Stranding. Tra chi li acclama e chi invece li critica aspramente, l’ultima fatica di Game Freak ha debuttato su Nintendo Switch facendosi strada in mezzo a una grandissima folla di polemiche e aspettative. Un’uscita piuttosto controversa, in effetti, quella dell’ottava generazione: un prodotto finale senza dubbio ambizioso e ben riuscito, sotto alcuni punti di vista, ma con tanti dettagli tecnici (e non solo) che lasciano purtroppo a desiderare.
Scrivere questa recensione non è stato semplicissimo, soprattutto perché la penna che l’ha redatta è un’accanita giocatrice di lunga data, affezionata in modo sincero al brand. Al di là delle critiche poco costruttive e avvelenate di chi, in questi giorni, ha riempito le community che hanno assegnato voti forse un po’ troppo generosi ai due nuovi capitoli, Pokémon Spada e Scudo sono comunque dei titoli che suscitano il tedioso sentimento di “odi et amo”, per tutta una serie di ragioni. Ma, come al solito, andiamo con ordine.
Uno scorcio sulla ricca regione di Galar
Per alcuni potrà sembrare un’eresia, ma al momento Pokémon Spada e Scudo sono forse considerabili tra i capitoli della saga più affascinanti. Molto del merito se lo prende, giustamente, la regione di Galar, magnificamente ed efficacemente ispirata alla reale Gran Bretagna: l’atmosfera che si percepisce infatti risulta appagante fin dai primi momenti di gioco. Le musiche sanno sicuramente il fatto loro, tanto che mentre ti accompagnano con vivacità ed energia durante le lunghe passeggiate sui percorsi (purtroppo ancora a corridoio) o per le città , si divertono a sfoggiare stili e sound che richiamano palesemente la cultura musicale sia anglica tradizionale che quella popolare più contemporanea.
Ma l’aria british si respira soprattutto nell’ambientazione, in grado di riportare alla mente le meraviglie naturali di cui il Regno Unito è costellato. Colti di sorpresa da un passo così in avanti per il brand, non di rado ci si sofferma sugli scorci dei paesaggi cittadini e naturali (che colpiscono positivamente l’occhio per concept e composizione) finora mai visti in un gioco della saga, ad osservare pezzi di storia radicati nel terreno o edifici monumentali che si ergono a contrasto di piccoli paesi incastonati nel paesaggio, se non addirittura immersi nel bosco tra luci magiche, funghi e folletti. Tutti questi elementi, insomma, offrono al titolo un mondo effettivamente piacevole nel quale immergersi.
Peccato però per la grafica. Questa è (impossibile negarlo) uno degli aspetti più negativi del gioco. La cura per le ambientazioni è infatti inconsistente, ed è possibile riscontrare aree in cui la cura al dettaglio è stata messa bene in pratica, e zone in cui invece sembra di avere davanti ai propri occhi un prodotto non finito. Ciò è possibile riscontrarlo soprattutto in alcuni paesaggi naturalistici, dove ad essere incriminate sono addirittura le texture degli alberi – per le quali sia la corteccia che le foglie sembrano più consone a dei titoli usciti più di dieci anni fa. Gli sfondi sono inoltre tutti statici, sebbene rendano comunque un certo senso di profondità, e si nota una pigra ripetizione di decorazioni e abitazioni, nelle quali l’elemento sempre diverso è solo l’inquilino che vi abita all’interno. Salta all’occhio inoltre qualche glitch saltuario (come ad esempio il rivale che rimane senza denti) e un antiestetico effetto pop-in di tutti gli elementi di gioco a distanze fin troppo ravvicinate.
Tra interessanti ispirazioni e realizzazioni maldestre, il viaggio che intraprendiamo è tuttavia ancora familiare. Sulla scia di quella che è una vera e propria tradizione, siamo chiamati nuovamente ad interpretare una giovane ragazza (o un ragazzo) di paese il cui destino è quello di diventare Allenatrice di Pokémon e poi Campionessa. Ad impreziosire l’avventura c’è tutto un susseguirsi ed alternarsi di personaggi accattivanti e ben caratterizzati, ognuno con la propria personalità e un suo modo di parlare. Vero compagno di viaggio sarà comunque Hop, il nostro bonario rivale che affronterà con noi un percorso di formazione sia sportivo che caratteriale.
Ulteriore filo conduttore sarà quello tessuto da Dandel, suo ammirevole fratello e indiscusso Campione di Galar, che ci sponsorizzerà per partecipare alla Sfida delle Palestre. Competere per collezionare le medaglie della regione, infatti, assume in questa generazione la forma di una vera e propria sfida sportiva. Gli scontri in Palestra si svolgono in enormi stadi gremiti di gente, ricalcando ovviamente la cultura fondata sullo sport e del calcio tipica del Regno Unito. Il tutto intagliato in una trama composta da eroi e da leggende, che sa sicuramente incuriosire il pubblico ma che, sebbene si riveli forse più feconda di quella offerta da Sole e Luna, manca di una certa verve in grado di renderla completamente appagante e allettante.
Pronti ad esplorare le Terre Selvagge?
L’open world è una di quelle componenti che molti videogiocatori ricercano nei titoli di ultima generazione. L’idea di prendere parte a missioni e avventure il cui sfondo è un mondo vivo, dinamico e in continua evoluzione è del resto appagante e quanto meno coadiuvante nella suspension of disbelief necessaria per immergersi con successo nei tasselli della trama e calarsi nei panni dei protagonisti. Con le Terre Selvagge è stato implementato questo aspetto anche nei giochi Pokémon, anche se purtroppo non a 360 gradi e non in maniera del tutto adeguata.
L’open world di Spada e Scudo è infatti monco e crepato da falle, pur essendo intrigante percorrerlo a piedi o in bicicletta. Si tratta infatti di una funzionalità relegata solo ed esclusivamente a una zona abbastanza ampia della mappa (anche se avrei pensato a qualcosa di più vasto) e che non permette, per assurdo, una rotazione totale della visuale: in sostanza, non è possibile vedere troppo più in alto del proprio naso (niente sole, luna e nuvole) gambizzando l’esperienza in presenza di Pokémon che svolazzano sopra le nostre teste.
Proprio questo simpatico svolazzare e brulicare di Pokémon più o meno maestosi in giro per la landa di Galar, paradossalmente piena di sgraziate erbette, laghetti dalle acque immobili e di sprazzi aridi improvvisi, rende le Terre Selvagge abbastanza interessanti da esplorare, soprattutto se si vuole completare il Pokédex. Le Terre sono inoltre luogo di incontro con altri giocatori connessi online, sostituendo a modo loro quella che un tempo era la GTS – forte mancanza di questo capitolo, purtroppo. Si può in effetti “interagire” con gli utenti, che se fermati per un saluto certo non mancheranno di regalarci strumenti o ingredienti per il curry (almeno quello), e combattere insieme a loro nei fantomatici Raid Dynamax, di chiara ispirazione “Pokémon-GOniana”.
Peccato però per il lag, senz’altro uno dei difetti più gravi riscontrabili nelle Terre Selvagge. Tralasciando infatti l’open world mutilato, le variazioni climatiche che si susseguono in maniera troppo netta e poco ponderata a livello geografico, e chiudendo un occhio su quello che è l’effettivo grado di cura ai dettagli tipico di tutta la zona (e ancora una volta gli alberi vengono tirati in mezzo), le Terre Selvagge, che di selvaggio hanno forse solo il nome, sono l’acme dei problemi di comunicazione riscontrabili dal giocatore. Infatti, non solo spettacolarizzano un continuo alternarsi ad intermittenza di utenti sconosciuti che si spostano a scatti per la mappa, ma diventano teatro di una lunga e infinita attesa di ricerca giocatori quando si ha intenzione di affrontare i Raid in compagnia.
Nostalgie e nuove introduzioni
Uno dei grandi ritorni in Pokémon Spada e Scudo riguarda senza dubbio le Palestre. Tornano infatti i classici scontri fino all’ultimo Pokémon per ottenere le tanto agognate medaglie, chiave d’accesso per la lotta finale contro il Campione della regione. Interessante aggiunta dell’ottava generazione è senz’altro quella delle sfide pre-lotta, in cui ogni giocatore è chiamato ad affrontare quesiti, prove di acume e di abilità prima di poter raggiungere il Capopalestra di turno. Purtroppo, questo va sottolineato, sebbene sia un’aggiunta sicuramente piacevole, non si tratta comunque di un elemento in grado di aumentare l’asticella di difficoltà dei titoli, che di fatto rimangono poco dinamici e poco impegnativi dall’inizio alla fine.
Quasi a controbilanciare questo necessario ritorno, però, si presenta il tanto criticato sfoltimento del Pokédex, a causa del quale non è possibile ottenere e allenare tutte le creature implementate dalla prima fino all’ultima generazione. La selezione è infatti limitata a 400 mostriciattoli, un numero più consono sicuramente a chi non è avvezzo al brand e al lato competitivo più classico. Le creature autoctone di Galar, però, sono comunque interessanti sia per concept che per moveset e combinazioni di tipi, senza contare inoltre le nuove forme alternative di vecchi e intramontabili Pokémon.
Peccato per le animazioni. Queste, in effetti, sono un altro tasto dolente di Pokémon Spada e Scudo, e questo vale sia per i mostriciattoli sia per i loro compagni umani. Sebbene infatti parte delle combattenti creature di ottava generazione abbiano delle nuove mosse (alcune peculiari) estremamente ben realizzate e soprattutto intelligentemente caratterizzate – basti pensare alle evoluzioni di Scorbunny che ricalcano il concept di un calciatore – altre purtroppo sono malamente riciclate, ovvero non adattate specificatamente alle dimensioni e al tipo di Pokémon causando perciò antiestetiche compenetrazioni, e alcune addirittura inesistenti, come ad esempio Doppiocalcio.
Un fiacco riciclaggio di animazioni è riscontrabile anche nei movimenti dei protagonisti umani, e Hop è senz’altro l’incriminato maggiore. E anche se in linea di massima i gesti umani sono quasi sempre fluidi e sciolti, spesso capita di notare alcuni personaggi che più che muoversi ruotano direttamente su se stessi, senza offrire un reale effetto di movimento – stessa cosa vale per i Pokémon che corrono o raccolgono la palla durante il Pokécampeggio.
Rotomina, il Poké Job e il Pokécampeggio sono inoltre altre piccole introduzioni esclusive (quantomeno al momento) della regione di Galar. L’ultimo, in particolar modo, è da considerarsi una sorta di evoluzione culinaria del Poké io&te, utile per accrescere il livello di sintonia e amicizia con i propri Pokémon e per curarli in caso di KO o problemi di stato. Come? Cucinando del curry. Beh, non del curry qualunque, ovviamente, ma una vastissima scelta di tipologie in grado di accontentare ogni palato – per la gioia di Pokémon e giovinetti.
Senza dubbio, però, le introduzioni maggiori sono le forme Gigamax e i Raid Dynamax di chiaro riferimento a Pokémon GO. Delle funzionalità ambigue, a dir il vero, risultano sicuramente meno “teatrali” delle Mosse Z (per fortuna) ma poco utili ai fini degli scontri se paragonate alle Mega Evoluzioni. Ripetitive e banali se sfruttate per sconfiggere i Capipalestra, sono probabilmente più apprezzabili durante i Raid nelle Terre Selvagge. E proprio tali Raid comunque, sono da considerarsi come parte integrante del post game dei titoli – in aggiunta alla possibilità di cimentarsi alla collezione di ricette e medaglie per i propri curry. Nell’eventualità che possano essere aggiornati in maniera simile a quanto già avviene su Pokémon GO, e nella speranza che vengano sistemati i problemi di connessione legati all’abbinamento dei giocatori, potrebbero perciò rivelarsi un piacevole passatempo.
Un sudatissimo verdetto finale
Pokémon Spada e Scudo si comportano bene su Nintendo Switch, facendo garantire alla console un’autonomia di più di tre ore se in modalità portatile, senza mai rendere necessaria l’attivazione del sistema di raffreddamento. L’HD Rumble è stato implementato, ed è sempre ben sfruttato in tutte le occasioni in cui viene attivato – soprattutto durante gli esperimenti culinari. A livello grafico, però, i titoli non si difendono benissimo se giocati in modalità docked: la risoluzione infatti non è delle migliori, ed è perciò maggiormente apprezzabile se osservata su schermi più piccoli. Inoltre, è da segnalare qualche leggero calo di frame se si lascia la connessione internet accesa, e se di conseguenza appaiono a schermo numerose notifiche o “stickers”.
Ultimo punto da valutare, è infine la promessa con cui sono stati presentati Pokémon Spada e Scudo, ovvero quella di garantire un ritorno alla vera sostanza di cui erano fatti i capitoli principali: le lotte e il metagame. Sfruttando i precedenti Let’s Go come ponte e approdo sia per i vecchi affezionati persisi per strada sia per i nuovi giocatori d’impronta più casual, la promessa dell’ottava generazione era quella di ritornare seriamente a quell’elemento hardcore che mancava sui primi a debuttare su Switch. Una promessa che, tuttavia, non è stata mantenuta del tutto. Il competitivo è tornato, sicuramente, ma è stato pensato e indirizzato per le matricole del marchio e/o per i meno accaniti di e-sport. E questo nonostante la presenza sia dell’Allenamento Pro, ancora poco comodo rispetto al consolidato breeding, sia della Torre Lotta.
Ad ogni modo, considerando tutto il corpus di capitoli che compongono l’evoluzione del brand, il salto di qualità c’è ed è palpabile sotto diversi punti di vista, tanto che i titoli vantano del sano potenziale; tuttavia, sono presenti al contempo alcuni inciampi che non permettono alla coppia di giochi di essere valutata in maniera estremamente positiva. A conti fatti, sono capitoli che non possono convincere tutti, ma su una cosa sono sicuramente imprescindibili: il feeling. Quel feeling che regalano è infatti complice di coinvolgimento e di intrattenimento che, come quello di un caro e vecchio gioco Pokémon, non fa venire voglia di smettere di giocare, nemmeno dopo qualche perplessità iniziale.