Christopher Nolan ci consegna un’opera che potremmo definire didascalica e accademica, al punto che non sarebbe scorretto se volessimo introdurre Oppenheimer negli studi scolastici dei ragazzi di oggi. Sebbene il film ricorra ai classici stratagemmi di montaggio, tipici del regista britannico, la realizzazione è perfetta, quasi maniacale dal punto di vista dei dettagli: scopriamo come è andata in questa recensione senza spoiler di Oppenheimer.

Fissione

Oppenheimer (Cillian Murphy) è un ebreo americano sotto accusa da parte di una commissione d’inchiesta: il motivo di tali accuse è aver adempiuto al suo dovere, ovvero quello di affidatogli dal Generale Leslie Richard Groves (Matt Daemon), che ha imposto al fisico di creare una bomba atomica. Il motivo di tale richiesta è intrinseco nel periodo storico che si sta vivendo in quel momento: la Germania di Hitler imperversa in Europa, e la minaccia comunista di Stalin prende piede in Russia.

L’America pretende il dominio sugli armamenti, e la soluzione sembra essere quella di creare la madre di tutte le bombe: le intenzioni di Oppenheimer per porre fine a tutti i conflitti che ci saranno da lì in avanti, è quella di creare un “congegno” talmente pericoloso da impedire agli uomini di entrare in guerra per la paura di quello stesso congegno.

Il problema è, come sappiamo storicamente parlando, che Oppenheimer compie il suo dovere, e come spesso accade aver fatto il proprio dovere porta più sventure che vantaggi, e per questo ora l’America lo mette sotto accusa. È paradossale, ma la Storia è andata così, e non vi sveleremo altro a parte questo, il film lo vivrete da soli. Christopher Nolan ci da in pasto tre ore di informazioni, date, numeri e personaggi che orbitano come elettroni attorno al nucleo, formato in questo caso da Oppenheimer e le brillanti menti che il fisico ha messo insieme per completare il suo progetto.

Fusione

Il film dell’amato cineasta britannico è vibrante, al pari del suo cast stellare e “atomico“, è proprio il caso di dirlo: sullo schermo si avvicendano talmente tanti attori eccezionali che rischieremmo una sterile didascalia di nomi e parti, per questo ci soffermeremo su quelli di maggior peso in termini di minuti a schermo.

Prima tra tutte c’è Emily Blunt, nei panni della moglie di Oppenheimer ovvero Katherine “Kitty” Oppenheimer, probabilmente il ruolo più complesso di tutta la pellicola: la donna tiene ancorato il fisico alla realtà, dona spessore al personaggio e di conseguenza potremmo dire che sorregge da sola il peso di tutto il circo che va e viene nel folle vorticare di un visionario come Oppenheimer. Eccezionale, intensa e commovente, l’attrice ci ha regalato probabilmente la sua migliore performance di sempre.

Robert Downey Junior è nel cuore e nelle menti di tutti noi, su questo non si discute: la sua parte è quella di Lewis Strauss, un funzionario governativo capace di mettere insieme le menti più brillanti del pianeta, gestisce una scuola indipendente con membri come Albert Einstein e tanti altri. È indubbiamente un personaggio particolare, un ruolo in cui non siamo abituati a vedere questo artista e forse, proprio per questo, molto incisivo.

Nota a margine per Matt Daemon che ci dona un Generale americano integerrimo, Leslie Richard Groves, saldo nelle sue decisioni e duro come il granito. Nel film questo personaggio vive una certa dualità: da un lato non risparmia il bastonare (figuratamente) Oppenheimer appena ne ha l’occasione, dall’altro si rivela un alleato giusto e limpido.

Esplosione

Oppenheimer è una reazione a catena che culmina con un’esplosione atomica, è chiaro, ma non nel senso letterale del termine: l’esplosione avviene dentro di noi che veniamo travolti dagli eventi, lasciati alla mercé di una storia che non può essere dimenticata. Tre ore per ripercorrere diversi decenni della vita di un uomo che ha cambiato il corso della storia, certamente non da solo, ma che ha permesso al mondo di fare dei passi avanti così grandi che solo oggi possiamo comprenderne la portata.

Cillian Murphy ci dona un dottore in fisica devastato, sia nel corpo che nella mente: un uomo che vede al di là delle sue azioni, che cerca inesorabilmente di calcolare rischi e benefici del suo lavoro, il più delle volte anche lui in balia di sé stesso. Oppenheimer è un personaggio caleidoscopico: il fisico è tormentato da visioni di un mondo che sente esistere, che è oltre noi stessi e oltre il “visibile”, un mondo di cui non ha prove certe (perché la teoria arriva fino ad un certo punto) ma di cui è ossessionato, e farà di tutto per giungere all’ineluttabile verità.

Il film ha il potere di farci vivere la Storia del passato in maniera romanzata ma coerente, al punto che le scene in bianco e nero della pellicola sono delle vere riproduzioni di fatti realmente avvenuti, reperiti negli archivi americani, tramite registrazioni audio e video, mentre le scene a colori sono la visione della Storia secondo Christopher Nolan certamente non troppo distanti dai fatti realmente accaduti ma con dettagli peculiari da lui pensati e messi in pratica.

Oppenheimer è uno di quei film che guarderai una volta ogni dieci anni, non solo per la sua profondità ma anche per il peso che ti lascia, un peso interessante, capace di spingerti a domandarti se quello che facciamo è giusto, quali siano le implicazioni delle nostre scelte e, in fondo, dona la risposta più complessa di tutte: “so di non avere la certezza di saper gestire questo potere, ma ho la certezza di come lo userebbe il mio nemico”.

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Oppenheimer

9

Oppenheimer è il nuovo film storico di Christopher Nolan: il cineasta britannico ci consegna un prodotto di altissimo livello. Grazie ad un cast "atomico" vivrete la storia in 3 ore di pura poesia in movimento. Il film è capace di farci sorgere dentro domande della più recondita natura, e per questo è uno di quei film che si vede una volta ogni dieci anni. Ottimo, perfetto per il nostro tempo e della giusta durata.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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