Il 19 dicembre arriverà al cinema il prequel del Re Leone, la storia di Mufasa realizzata in CGI fotorealistica. A dirigerla è il regista Barry Jenkins, premio Oscar per la sceneggiatura non originale di Moonlight. Scelta curiosa, che ci è stata illustrata durante la conferenza stampa tenutasi in occasione di una breve anteprima del film.
«All’inizio stavo rifiutando» dice Barry, «senza nemmeno leggere la sceneggiatura»: il regista non sembrava convinto del progetto. È sempre stato un artista impegnato in prodotti sociali e dal basso budget e non riusciva a capire perché volessero proprio lui. Spinto dalla moglie e dal suo agente alla fine si è deciso a dare un’occhiata alla storia e il motivo è stato subito chiaro.
La potenza del film deriva proprio dal racconto, che per trent’anni è stato un simbolo che tutti al mondo condividiamo. La storia illustra come si possa diventare qualcuno non tanto per il contesto in cui si nasce ma per come si viene cresciuti. Mufasa alla fine è un figlio adottato, che diventa Re non per sangue ma per la sua condotta. E questo ha affascinato Barry, trovando delle similitudini con la sua stessa vita.
Il regista proviene da un background particolare, ma si è creato poi la sua comunità cinematografica con la quale è arrivato fino a dov’è ora. Così Mufasa crea la sua nuova comunità di leoni con cui cresce e matura, è come Dante che percorre il suo cammino, ma con la differenza che la Disney lo fa fluttuare e volare verso un destino positivo. Qualche analogia quindi anche con Moonlight, dove il protagonista si sente orfano e solo, eppure trova la sua “famiglia”.
Jenkins ci racconta la diversità nel dirigere un film senza attori reali:
La tecnologia era al nostro servizio, non viceversa, e la musica e le voci sono state essenziali. Abbiamo prima registrato tutte le voci, le sfumature, come un radio-film e poi abbiamo montato tutto il “sopra”. Ho dato importanza al movimento fisico degli animali più che all’espressività facciale, perché è così che avviene nella realtà.
Grande collaborazione quindi con chi ha fatto gli effetti speciali, «mi sono sentito molto connesso con loro, hann0 generato molte idee assieme a me» afferma Barry.
La poetica del regista si intravede poi nel messaggio principale della pellicola: siamo tutti esseri umani complessi e la natura è difficile da affrontare. Ci sono voluti quattro anni per realizzare questo film e Jenkins ha espresso molta dedizione verso i messaggi da proporre, è una storia di formazione e un simbolo comunitario mondiale.
Abbiamo avuto anche il piacere di conoscere le voci del doppiaggio italiano: Luca Marinelli nelle vesti di Mufasa, Alberto Malanchino in Taka, Elodie in Sarabi, Edoardo Stoppacciaro in Rafiki, Riccardo Suarez Puertas in Zazu e Dario Oppido in Kiros. Tutti grandissimi fan del Re Leone, tra chi era ancora piccino quando è uscito nelle sale e chi invece già padre di bambini. Eppure tutti, nel loro trascorso, hanno preso parte al cerchio della vita del film.
Luca Marinelli parla di questa opportunità ricordando lui bambino, avrebbe voluto dirgli che tutto sarebbe andato bene e spingerlo ad andare verso la sua “Milele”, la città sogno nella storia di Mufasa. È stata «un’esperienza emozionante, dolce e sensibile»: così la descrive.
Elodie confessa quanto sia stato importante per lei ricevere il ruolo di una leonessa «Mi sono sempre sentita un cucciolo di lupo, che aggredisce per difendersi. Ho sempre avuto paura di non essere all’altezza, di non essere abbastanza.» Sorride trovando molte similitudini con il suo personaggio.
Alberto Malanchino invece ci tiene a dedicare questo film a tutti i ragazzi che vengono da condizioni più fragili.
Ho visto tanti miei amici che non sono riusciti a trovare la loro Milele personale, a fare quel salto, come Mufasa. Vorrei rincuorare tutte queste persone, i sogni esistono e si possono realizzare con le proprie responsabilità.
Riccardo Suarez Puertas parla infatti di quella luce che alla fine ci sarà sempre, proprio come in questo film. Il suo Zazu è stato un personaggio molto divertente da interpretare, ma la parte più bella, per lui, è stata prendere parte ad un progetto così grosso che fin da bambini ha segnato tutti quanti.
Edoardo Stoppaciaro parla della serietà con cui ha interpretato Rafiki «c’era il rischio di sfociare in un personaggio buffo e leggero, invece, grazie a chi ci ha guidato nel doppiaggio, son riuscito a trovare una dimensione profondamente umana».
Tutti molto soddisfatti di questo lavoro quindi, non per ultimo anche Dario Oppido, voce di Kiros: felice di aver mostrato ai suoi figli e ai suoi nipoti, fin da giovane, il film Dinsey da cui è nata poi la sua interpretazione.
Mufasa: Il Re Leone offre immagini fantastiche e molto realistiche, oltre che una storia di grande spessore. Siamo tutti curiosi quindi di vedere l’intero film il 19 dicembre.