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L’uomo che comprò la luna – Recensione del nuovo film di Paolo Zucca

Paolo Zucca – classe 1972, cagliaritano purosangue – esordisce alla regia con il film “L’ Arbitro” (tratto dal suo cortometraggio omonimo) che viene presentato durante La Giornata Degli Autori al Festiva di Venezia. L’arbitro era un film che si faceva notare: partite di calcio dilettantesche, arbitri corrotti, rituali di vendetta secondo usanza, atmosfere western, il tutto raffigurato negli splendidi scenari (fotografati in bianco e nero) della Sardegna. La storia, alquanto strampalata e sopra le righe di “Matzutzi e compagni“, ci aveva fatto conoscere e apprezzare la vena istrionica di questo cantastorie cagliaritano. Zucca infonde sempre nei suoi lavori tutto l’amore per le sue radici e il rispetto che nutre per la sua terra. La Sardegna è la protagonista indiscussa e non fa solo da sfondo. I suoi personaggi a volte rinnegano queste radici (come anche lui ha affermato di aver fatto in passato) per poi riscoprirle e abbracciarle nella loro totalità. Zucca si diverte a giocare con i piani narrativi, con le suggestioni provenienti da altri film, tratteggiando personaggi picareschi alle prese con storie rocambolesche e situazioni più grandi di loro. Anche il Kevin (Jacopo Cullin) de L’uomo che comprò la Luna ha una missione fuori dal comune: reclutato da due agenti italiani (i buffi Stefano Fresi e Francesco Pannofino) e addestrato a diventare un perfetto sardo da un formatore culturale sui generis (Benito Urgu) verrà inviato in terra Sarda a seguito di una soffiata americana per indagare su chi (si dice) abbia comprato La Luna rubandola al popolo a stelle e strisce.

Ratto Lunare

Un pastore sardo ha promesso la Luna alla donna che ama. E i sardi le promesse le mantengono“ in questa frase c’è tutto l’animo romantico di questi personaggi, e al contempo, la voglia di raccontare la poetica che c’è dietro l’etnia sarda (il film sottolinea proprio questo aspetto) attraverso i suoi vezzi e le sue virtù. La storia è un viaggio rocambolesco tra circostanze improbabili e paradossi multipli. Zucca si diverte a raccontare questa favola romantica che unisce la visionarietà di Wes Anderson all’immaginario buffo e divertente dei film di Maurizio Nichetti. Il tutto è volto a raccontare, attraverso simpatici scherni e disinvolti giochi di parole locali, la riappropriazione e nobilitazione di questa cultura. Rispetto al suo precedente film questa volta la storia è meno sofisticata: disimpegnandosi dal tratteggiare personaggi particolarmente stratificati, dal background fitto di situazioni, si concentra di più sull’aspetto favolistico e lisergico della storia. Probabilmente è questo il limite di tutta l’operazione: l’avanzamento ripetitivo degli eventi attraverso situazioni buffe e ironiche a dispetto di una trama vera e propria. Dopo un po’, la formula che sembrava così brillante, riesce a sorprendere meno rispetto all’ottima prima parte. Stilisticamente Zucca non tralascia mai una certa padronanza della fotografia donando, anche in questo secondo lungometraggio, una cura doviziosa nei particolari, alternando dei buoni guizzi visivi già manifestati nel suo film d’esordio. Purtroppo “L’uomo che comprò la luna“, non raggiunge le vette qualitative dei lavori di Anderson (non ha la profondità dei personaggi nonostante la chiave favolistica e non ha un livello visivo di tale livello) ma ne condivide, certamente, le influenze e la nostalgia romantica di certe ambientazioni.

Ne esce un film discontinuo, a tratti pretestuoso, fatto di momenti interessanti e altri più “macchiettistici”, didascalici, che si intrecciano andando a formare un prodotto non ben definito. Dopo l’ottimo esordio al box office in Sardegna (in una settimana ha incassato 69.903 euro con sole 13 copie, ottenendo la miglior media copia nazionale pari a 5.377 euro) si prepara ad essere distribuito da IndigoFilm in tutta Italia; speriamo rimanga un posticino nell’inevitabile avanzata dei Vendicatori Marveliani.

L'uomo che comprò la luna

6.5

Il film di Paolo Zucca è una favola candida (forse fin troppo) che, con i suoi lunatici protagonisti, si diverte a giocare con gli stereotipi e le situazioni rocambolesche. Un film on the road per assaporare tutta la magnificenza delle ambientazioni sarde e del suo popolo. Divertente ma incostante, si lascia vedere mostrando momenti sagaci e altri più soporiferi. ;s

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