Sembra ieri quando, timidamente, ci siamo approcciati al particolare box di Lost Ember nella zona indie della Gamescom 2016. Già solo l’allestimento richiamava i giocatori ad avvicinarsi curiosamente, con una TV adagiata su un mobile ad altezza bambino, una moquette in stile erboso e dei cuscini verdi e marroni sui quali sedersi per giocare. Tutto ciò che il team di Mooneye ha creato per circondare il gioco da lì in avanti è stato votato a creare un’atmosfera di pace, una full immersion da assaporare con le cuffie alle orecchie. Poco più di tre anni dopo ci troviamo finalmente a recensire Lost Ember nella sua versione per PlayStation 4, forte di un’atmosfera unica e particolare che ci prenderà sotto braccio e farà da coprotagonista.
La lupa, la luce, il viaggio
Senza un preambolo troppo prolisso, iniziamo la nostra avventura guardando una piccola luce svolazzante, in cerca di un’anima affine che riesca ad udire la sua voce. Dopo vari tentativi, questa particolare sfera luminosa trova risposta – si fa per dire – da una lupa, che non appena si connetterà con essa verrà contraddistinta da un ciuffo di pelo bianco. Capiremo subito che il nostro scopo sarà raggiungere “La Città della Luce”, ma non sarà subito chiaro cosa sia e né tanto meno lo sarà la narrazione… eppure il viaggio che ci aspetta è ricco di paesaggi mozzafiato e di colpi di scena (anche se un paio sono palesemente prevedibili).
Il gioco alterna parti dove effettivamente guideremo la lupa (e non solo, ma ci arriveremo) e fasi dove saremo chiamati a vedere alcuni filmati contenenti dei flashback legati a delle anime in particolare, senza anticiparvi nulla per questione di spoiler. Il mondo che i due si troveranno ad esplorare insieme è un tripudio di colori, immerso nella natura tra flora e fauna decisamente particolari. Il cammino li metterà di fronte però a zone di vario tipo, non solo immerse nel verde ma anche in aree desertiche o ghiacciate, ma soprattutto in piccoli villaggi e grandi città appartenuti ad una civiltà ormai scomparsa, altra grande ed importante protagonista della trama stessa.
Acqua, fuoco, vento, terra
Sia simbolicamente, sia effettivamente, all’interno del poetico Lost Ember ci troveremo di fronte a tutti gli elementi presenti in natura, i quali verranno da noi sfruttati per raggiungere ogni volta dei punti diversi della mappa, ma senza mai sfociare in veri e propri puzzle ambientali. La caratteristica fondamentale che contraddistingue però la nostra lupa dagli altri animali, è che lei stessa ha la possibilità di trasferire la sua anima nel corpo di altre specie: questo ci garantirà di poter utilizzare le particolarità di ogni animale e sfruttarle a nostro vantaggio, come un buco troppo stretto per la lupa ma della misura perfetta per un vombato, oppure sezioni sottomarine dove l’unico modo per procedere è prendere possesso di un pesce, oppure ancora splendide sezioni aeree dove spinti dal vento voleremo con le ali di un colibrì.
Lost Ember punta quindi a creare situazioni per renderci tutt’uno con la natura e con gli elementi, una forza incredibile che di questi tempi tende ad essere sottovalutata, senza però dimenticare l’importanza della fauna che popola il mondo.
Anche se non estremamente longevo, il titolo punta (in un paio di casi anche forzatamente) a cercare numerosissimi collezionabili, in modo da esplorare ancor più approfonditamente il mondo di gioco. Questi possono essere dei funghi di vario tipo, oppure dei veri e propri cimeli dell’antica civiltà tramite i quali apprenderemo nozioni interessanti che ci racconteranno di più sul background creato dagli sviluppatori. Oltre a questi, a volte nascosti davvero bene, sono presenti anche degli animali definiti “leggendari”, uno solo per specie (ma non per tutte), che anche se all’effettivo non hanno nulla di speciale fungono da collezionabile aggiuntivo, dedicato a chiunque voglia mettersene alla ricerca.
Senza dubbio il comparto più ispirato rimane quello artistico, dove una semplice realizzazione tecnica viene arricchita da una colonna sonora evocativa, seppur non impeccabile, e dei paesaggi visivamente splendidi. Più nelle fasi di gameplay rispetto a quelle narrate, il gioco darà prova della sua poesia, ammaliando istante dopo istante il giocatore. Apprezzabile il lavoro svolto in campo di doppiaggio, mentre qualcosina in più poteva essere proposto nella sceneggiatura, che nonostante i limiti indipendenti del team è priva di colpi di scena da lasciare a bocca aperta, problema figlio di una prevedibilità marcata.