Quando pensiamo alla malavita delle grandi città, la prima immagine che ci viene in mente è composta da brutti ceffi, sinistri e senza cuore. Ma se vi dicessero che questa volta, a capo di un grosso giro di droga nella capitale francese, ci sarà una dolce e minuta signora di cinquant’anni? Parigi si sa, è una delle città multiculturali dove troviamo qualsiasi tipo di etnia, e Jean-Paul Salomé, il regista che ha diretto questa commedia poliziesca, ne è pienamente consapevole, e ci mostra così il suo punto di vista sulle donne a capo della criminalità. Ad assistere Jean-Paul Salomé nella scrittura di questo film, abbiamo lo sceneggiatore Antoine Salomé. Nella recensione di La Padrina – Parigi ha una nuova regina, oggi vi parleremo non solo delle particolarità del film e delle denunce sociali che ci verranno mostrate attraverso l’uso umoristico dei personaggi, ma anche del messaggio velato che ci viene raccontato: le difficoltà di chi arriva da un paese straniero e non vuole più sopravvivere, ma iniziare a vivere.
Tratto dal romanzo francese pluripremiato La Daronne di Hannelore Cayre, vede come protagonista Patience Portefeu. Nella versione cinematografica, che ha vinto il Premio Jacques-Deray 2021 come miglior film poliziesco francese, Patience è interpretata dalla meravigliosa Isabelle Huppert, che ha da poco ricevuto il Premio alla Carriera, mentre il ruolo del commissario di polizia Philippe è interpretato da Hippolyte Girardot. Il film prodotto da Kristina Larsen e Jean-Baptiste Dupont e distribuito dalla I Wonder Pictures arriverà nelle sale italiane il 14 ottobre 2021.
Trama, personaggi e curiosità
Patience Portefeu è una traduttrice arabo-francese che presta servizio per la polizia nelle intercettazioni telefoniche tra Marocco e Francia, per fermare il traffico di droga a Parigi. Durate un’intercettazione Patience capisce che il pusher che è stato intercettato è il figlio dell’infermiera che si prende cura della madre (Liliane Rovere) nella casa di cura, e decide di coprirlo avvisandolo dell’imminente arresto. Così la donna, vista la grande quantità di droga ritrovata, pensa di venderla per conto suo, entrando a far parte di un grosso giro su tutta Parigi. Con un buon travestimento e con il nome di Mama Weed creerà una propria rete criminale.
Il centro della storia è il perbenismo, contro cui la protagonista combatte a colpi di sarcasmo. L’abitudine nel condurre una vita agiata grazie agli affari del marito, la portano a ricercare altri modi per mantenere questo benessere, anche dopo la morte precoce di lui; gli affari che svolgeva in vita non sono specificati e lasciano intendere allo spettatore la loro natura illecita. Ed è per questo che Patience, non appena ne ha la possibilità, si inserirà nel mondo criminale diventandone la Padrina. Le molte maschere che Patience è costretta a portare con sé nella sua quotidianità, spiegano allo spettatore il perché delle sue azioni, dando molta importanza al percorso e alle scelte prese. La difficoltà di Patience nel vivere una vita “legale” come tutti gli altri, nasce dal suo disaccordo verso le differenze sociali, questo la porterà a compiere delle azioni che chiunque riterrebbe ingiuste. È sicuramente un personaggio leggero, a volte goffo e sensibile a ciò che le accade intorno, la nonchalance con cui risolve i problemi rende il tutto molto umoristico.
Il personaggio di Philippe, il commissario di polizia innamorato di lei, è esattamente l’antitesi della protagonista, infatti ci viene mostrato attraverso di lui l’opposto di tutto ciò che Patience pensa e fa, Philippe sceglie di non vedere alcune sue azioni e preferisce passarci sopra, comprendendo la natura innocua della donna. Interessanti e comici i personaggi di Scotch (Rachid Guellaz) e Chocapic (Mourad Boudaoud) che insieme alla protagonista formano il trio “comico” della storia.
Due facce della stessa medaglia
Arriviamo alla grande denuncia che questa storia porta con sé. La Padrina, è un film pieno di significati velati, di sotto testi e di battute sarcastiche piene di moralità. Non a caso, ci viene mostrata una realtà in cui le donne emancipate, avendo provato sulla loro pelle le difficoltà dell’emigrare dal proprio paese e ricostruirsi una vita da zero, prendono di petto gli eventi della vita. Il tutto porta lo spettatore a considerarle come delle eroine. Il regista approfondisce la tematica aggiungendo altri punti di vista, inserisce un personaggio simile a Patience ma di etnia differente, Madame Fo (Jade-Nadja Nguyen), la vicina di casa cinese con un passato simile a quello della protagonista. Queste saranno così simili al punto che Patience la definisce «la mia copia asiatica».
Insomma, una storia grottesca, con momenti sparsi di comicità, una leggera suspense e un lieto fine che porta con sé una grande morale. Patience rappresenta, infine, le due facce della stessa medaglia: una è la maschera della donna “normale” che conduce una vita normale agli occhi delle persone, e l’altra è la donna “illegale” che di maschere non ne ha.