Hideo Kojima: “i videogiochi sono la mia missione di vita”

Simone Lelli
Di Simone Lelli - Editor in Chief News Lettura da 4 minuti

Ne abbiamo parlato più volte del divorzio tra Hideo Kojima e Konami e il 15 dicembre questa separazione è diventata realtà, rendendo il Kojima Productions un team indipendente e libero di collaborare con Sony. Il famoso game designer ha voluto concedere un’intervista a The New Yorker.

Kojima

In questa intervista analizza l’industria giapponese dei videogiochi e ha parlato del suo futuro, con un commento sulla situazione con Konami:

“Capii subito che quella poteva essere un’altra strada da intraprendere per creare esperienze simili a quelle dei film. Era un po’ come l’epoca del cinema muto. I giochi erano composti da azioni semplici, come quelle dei vecchi film di Chaplin o di Keaton: correre, saltare, lanciare. Non potevano esserci temi o messaggi significativi, nella storia. Io continuavo a mettere la trama ai miei giochi. Alcuni giocatori si lamentavano, dicevano che stavo predicando. Ma io volevo trovare un modo di collegare questi giochi alla vita, di fare in modo che non fossero solo giocattoli, ma qualcosa che l’utente avrebbe potuto portare con sé, nella sua vita.”
“I giochi sono maturati, ora si tratta di un medium ricco che può convogliare storie drammatiche e altri elementi molto profondi. A questo punto, si è fatta difficile per i giochi giapponesi: la loro sensibilità ed identità culturale era distinta, ed era difficile rivedercisi”

Il suo capolavoro Metal Gear Solid, uscito nel 1998, guardava al mercato occidentale, con protagonisti statunitensi anche se c’erano elementi giapponesi con tematiche globali e vicine alla cultura del giocatore.

“L’unico modo di creare grandi giochi, è puntare al mercato globale. Ma, per farlo, è importante che il management che sta dietro al progetto abbia idea di cosa potrebbe funzionare, ed abbia intenzione di prendersi dei rischi. Se davanti a te vedi solamente i profitti, il tempo ti lascerà indietro. Diventerà impossibile tenersi al passo.”

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“Quando lavori nelle grosse aziende. sopratutto quelle giapponesi, ogni piccola cosa deve avere l’approvazione, servono documenti firmati per qualsiasi cosa. Ora che sono indipendente, posso fare quello che voglio molto più velocemente. Non ho bisogno di passare del tempo in presentazioni non necessarie. Mi faccio carico dei rischi. Quando lavoravo in una compagnia, le mie affermazioni personali potevano essere interpretate come una direzione globale dell’azienda. Pertanto, praticamente non potevo dire niente.”

Successivamente ha svelato alcuni retroscena sul divorzio con Konami, rivelando l’intenzione di prendersi un anno di pausa su un’isola deserta e liberarsi di tutto ciò che stava accadendo. Venne fermato da un suo amico, il quale gli ricordò che non doveva fermarsi e pensare soltanto ad esprimere il suo talento.

“Sentire queste cose mi ha confermato che il mio ruolo nel mondo è continuare a fare grandi giochi più a lungo che posso. Questa è la missione che è stata data alla mia vita.”

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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.