Le sorprese, soprattutto quando sono belle, riescono a risollevare l’umore. Anche quando queste riguardano fantasmi, una città devastata, una sorta di fine del mondo e spiriti dalle fattezze alquanto terrificanti e particolari. Parliamo di Ghostwire: Tokyo, nuovo gioco di Tango Gameworks che, dopo i due The Evil Within, è pronta a lanciarsi in una nuova avventura.
Abbiamo potuto assistere a circa mezz’ora di gameplay hands-off, quindi giocato da qualcuno e non da noi, e abbiamo potuto assistere a cosa ci aspetta col nuovo titolo, già navigato con i titoli horror. Rimanendo in tema, ma spostandosi verso un’ambientazione più orientale, Ghostwire: Tokyo ha tanto di cui parlare, a partire dalla freschezza insita in un gameplay pulito e diverso dalle solite cose, fino a tutto ciò che riguarda richiami allo spiritualismo orientale – e non solo.
Combattere a colpi di esorcismo
Ghostwire: Tokyo è un action-adventure in prima persona che ci metterà nei panni di Akito, protagonista del gioco e unico sopravvissuto di uno strano avvenimento che ha visto sparire gran parte della popolazione di Tokyo, mentre allo stesso tempo è comparsa una moltitudine di fantasmi di vario genere. Il protagonista dovrà utilizzare una sorta di magia da esorcismo per distruggere questi nemici, sfruttando le varie abilità per danneggiarli fino a che il nucleo non verrà esposto, così da poterlo distruggere definitivamente.
Akito, nell’utilizzare le varie magie, muoverà le mani in modo particolare: gli sviluppatori hanno preso ispirazione dai Kuji-kiri, una serie di mudra (gesti delle mani) con significati esoterici e mistici. Nel corso del gameplay abbiamo avuto infatti modo di vedere Akito fare vari gesti per attaccare i nemici, addirittura sbloccando altre abilità e concatenando attacchi di diverse tipologie.
Non mancheranno infine armi un po’ più classiche come l’arco, ma di base il gioco propone un gameplay davvero particolare, sostituendo le armi da fuoco e le magie con una sorta di tecnica d’esorcismo dagli effetti fantastici. Presente anche un albero delle abilità, così da poterle potenziare appena si avranno i punti necessari. Abbiamo visto quest’ultimo solo di sfuggita, perciò non sappiamo cosa conterrà. Di certo permetterà ai giocatori di potenziare Akito, aggiungendo meccaniche RPG interessanti.
“Who you’re gonna call?”
Nel gioco, Akito dovrà quindi cacciare fantasmi di vario tipo, ma quali? Ghostwire: Tokyo prende ispirazione da due grandi filoni horror: quello più classico e serio dell’horror orientale, che mescola creature particolari e mostruose ad una profonda caratterizzazione psicologica, e quella di internet, fatta di creature nate più che altro da leggende metropolitane. Sarà quindi facile trovare Tengu, studentesse senza testa pronte ad attaccarvi e persino fantasmi simili a Slender Man.
Ovviamente nella prova abbiamo visto poche creature, ma sono bastate per trovare l’eterogeneità del tutto fantastica, con un’atmosfera capace di gettare terrore nelle ossa del giocatore senza nemmeno jumpscare o scene spaventose. Perché in effetti andrete in giro a sparare magie ai fantasmi, nulla di più lontano dall’horror moderno, che invece punta a lasciare il giocatore indifeso. Eppure vedere una Tokyo vuota, piena di spiriti, con una desolazione a tratti surreale, fa parecchio effetto.
Del resto, nel gameplay abbiamo visto anche una dinamica legata ai Torii, questi altari da “pulire” dagli spiriti come una sorta di punto di controllo, e abbiamo trovato anche delle missioni che sembravano secondarie, ma con un piglio interessante e una serie di dinamiche che le rendono intriganti sotto molti punti di vista.
Tokyo ai tuoi piedi
Dalla demo vista di Ghostwire: Tokyo, sembra che il gioco voglia dare una forte impronta alla libertà d’azione. Scegliere se passare in silenzio, uccidere i fantasmi da dietro o colpirli con le proprie magie sarà a discrezione del giocatore, così come dove passare. La città è infatti completamente aperta, e salvo dei caricamenti che richiedono la chiusura della schermata quando si entra o esce dagli edifici, è tutto collegato e aperto all’esplorazione. Ogni strada non è chiusa in modo “fittizio” da scatoloni o oggetti, ma anzi si incrociano dando proprio la sensazione di avere davanti un mondo da esplorare.
Se gli esterni mettono suggestione a causa della quasi totale assenza di umani, gli spiriti daranno più fastidio negli interni: vederli fuori infatti non porterà ad avere troppa paura, ma quando compariranno e altereranno l’interno degli edifici, allora sì che dovrete trattenere le urla. L’orrore proposto, come già detto – e come successo in The Evil Within – non punta sul jump scare ma sulla paura insita nel vedere esseri mostruosi, a tratti particolari, e momenti che vi faranno impazzire nella testa, tra stanze sottosopra, porte ripetute e corridoi infiniti. Tecnicamente, il gioco brilla di una luce propria: riflessi e dettagli sono fantastici, e anche se probabilmente il gioco è stato fatto girare al massimo delle prestazioni, resta comunque di un livello molto elevato, soprattutto considerata la mole di contenuti.
Insomma, Ghostwire: Tokyo ha tutte le carte in regola per essere uno dei giochi più interessanti del periodo: il suo proporre un’avventura con dinamiche RPG e attacchi decisamente non convenzionali da quella freschezza che ormai molti giochi hanno perso. Se dovessimo azzardare un paragone, sono forti le vibrazioni che ricordano Dishonored e BioShock, due giochi che hanno ridefinito un genere e che, quindi, portano solo lustro a questo gioco dei Tango Gameworks, che ricordiamo, con questa IP sono alla loro terza produzione.