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[Gamescom 2018] Sekiro: Shadows Die Twice – Provato, le due facce del Giappone di FromSoftware

Presentato durante l’E3 di quest’anno, Sekiro: Shadows Die Twice ha attirato da subito l’attenzione della gran parte dei videogiocatori. Un po’ per l’ambientazione, un po’ per il gameplay e, sicuramente, per il nome dell’azienda sviluppatrice, questo titolo ha conquistato tutti. Durante la Gamescom 2018 di Colonia ben due dei nostri redattori hanno avuto modo di provare con mano quest’opera e oggi vogliamo presentarvi quelle che sono le loro due impressioni. Non vi resta che mettervi comodi e farvi trasportare nel Giappone feudale.

Il punto di vista di Tiziano “Tizio” Sbrozzi

Sekiro: Shadows Die Twice

Se ne parla già da tempo, per molti Sekiro: Shadows Die Twice sarà il nuovo Souls, lasciatemi dire che non è esatto: il gioco è molto simile a un Souls e allo stesso tempo completamente diverso. Le similitudini tra i due brand secondo me si fermano alla posizione della telecamera e alla meccanica dei check point, nel primo caso relegati ai Falò, nel caso attuale dedicata ai piccoli santuari in stile giapponese.

A livello grafico Sekiro: Shadows Die Twice è un vero spettacolo, nel corso della mia prova ho avuto addirittura freddo dato il paesaggio montano in cui mi trovavo con il Lupo Solitario (dal giapponese Seki metà di una coppia, Ro Lupo. N.D.R.), fili d’erba ovunque, vento che sferzava i vestiti del protagonista e degli avversari, insomma c’era molto da vedere e molto movimento anche restando fermi a schermo. Dal punto di vista tecnico il gioco è fluido, grazie al rampino possiamo sfruttare il livello in verticale e attuare uccisioni dall’alto con assoluta precisione, ovviamente è possibile effettuare il classico “backstab” o colpo critico che uccide all’istante il nemico se colpito alle spalle o se gli ci si lancia contro senza che ci abbia scorto.

Nel corso della mia prova ho iniziato a giocare come si fa in qualunque Souls, gettandomi in scontri che prediligono il combattimento uno contro uno e miscelando schivate e parate per arrivare alla vittoria; ebbene se gli scontri contro i samurai semplici sono andati a buon fine, appena incontrato un Generale in armatura completa ho avuto non pochi problemi: anzitutto questo nemico pare fosse l’unico a possedere una barra della salute, anche se ho intuito non fosse la salute del personaggio quanto lo status della sua armatura. Il Generale mi ha attaccato con tenacia e forza, spezzando spesso la mia difesa e uccidendomi più spesso di quanto avrei voluto. Mio malgrado ho scoperto che la prima volta che si muore è possibile tornare subito in vita, ma il nemico pare consapevole di questa abilità intrinseca e infatti attende accanto al cadavere il mio risveglio. Diversamente, se si decide di non resuscitare, si ricomincia il livello dall’ultimo santuario visitato.

Dopo diversi tentativi scopro il vero senso del gioco: Sekiro: Shadows Die Twice è un Tenchu (e qui lo sviluppatore mi rivela che non ha mai giocato un Tenchu); per chiunque non lo conoscesse, parliamo di una delle prime produzioni di FromSoftware legate al mondo della vecchia Sony PlayStation, i cui primi due capitoli ebbero un discreto successo. Scopro appunto che se tendo a giocare il titolo in modalità stealth, camminando piano, abbassandomi e sfruttando al cento percento il paesaggio, riesco a muovermi con molta più facilità, infliggendo colpi critici a tutti i miei avversari e andando nettamente più avanti. Sfortunatamente ho scoperto troppo tardi quale fosse l’approccio esatto al gioco, e il mio tempo con il Lupo è finito. Ma non tutti i mali vengono per nuocere: infatti ho potuto passare l’informazione al mio collega Patrizio Coccia che, grazie a questa dritta, è riuscito ad andare più avanti di me. Non pensiate dunque che aver platinato tutti i titoli FromSoftware prima di questo vi permetta di affrontare il gioco in scioltezza.

Ovviamente c’è anche qualcosa che non mi è piaciuto di Sekiro: Shadows Die Twice. Ho trovato il gioco eccessivamente punitivo: infatti bastano davvero due colpi da parte dei nemici per ritrovarsi faccia a terra e nel corso della mia prova la frustrazione ha iniziato a prendere il sopravvento dopo quaranta minuti di morte continua; Un’altra cosa che non ho apprezzato è l’approccio action: avrei infatti gradito poter potenziare il personaggio attraverso i santuari, ma al momento questi svolgono solo la funzione di check point fine a se stessa. Non mi è nemmeno piaciuta la scelta di limitare il rampino a specifiche situazioni e specifici appigli: se possiedo un rapino voglio poterlo lanciare dove preferisco e non solo su dei rami o dei tetti predeterminati! Sono invece molti i punti che mi hanno soddisfatto di quest’opera: Sekiro: Shadows Die Twice è veloce, fresco e bello da vedere, interessante la funzione del braccio “mancante” che consente a Sekiro di avere un’arma secondaria per ogni occasione, come un’ascia pesante, degli shuriken o una pergamena che rilascia del fuoco. Il gioco è buono e spero che i feedback raccolti in questa occasione permettano a FormSoftware di correggere il tiro e migliorare il bilanciamento.

Il punto di vista di Patrizio “Peter” Coccia

Sekiro: Shadows Die Twice

Parlare di FromSoftware sarebbe superficiale, spendere qualche parola per Miyazaki invece non lo è mai. Il Game Director padre della serie Souls e del genere denominato Souls Like ha cambiato strada, rimanendo però fedele ai suoi principi e proponendo un’esperienza che come al solito stabilirà un nuovo standard e che, come successo in passato con Bloodborne, otterrà sicuramente un successo enorme. Perché parlo in questo modo? Perché durante la nostra permanenza a Colonia, dove abbiamo presidiato la Gamescom 2018, abbiamo avuto modo di provare Sekiro: Shadows Die Twice, nuovo titolo targato FromSoftware in uscita a marzo 2019. Il nostro test è stato complesso sotto molti punti di vista, una vera e propria esperienza punitiva che ha come unico scopo quello di demolire le certezze dei vecchi giocatori, portandoli in un’avventura che non ha nulla a che vedere con le vecchie produzioni del team. Sekiro si prepara a essere un cambio di rotta molto importante per la software house, non solo per il nuovo genere di riferimento (stiamo parlando di un action/stealth e non più di un GDR puro), ma anche per dimostrare che l’azienda, finché sarà capitanata da Miyazaki, potrà stabilire nuovi trend in qualsiasi momento, proponendo sempre prodotti nuovi, freschi e inediti.

Avete presente tutto quello che avete imparato dai Souls? Bene, cancellatelo subito. Nonostante l’indubbio stampo FromSoftware, Sekiro: Shadows Die Twice è completamente un altro tipo di esperienza, punitiva quanto i Demon’s Souls, ma al contempo con un approccio ben più action. Detto questo, nonostante l’estrema difficoltà, siamo riusciti a completare la nostra versione di prova, esplorando a fondo quella che, almeno apparentemente, sarà la prima area di gioco. È stato interessante vedere come la software house anche in quest’opera abbia dato particolare risalto al level design delle mappe. Adesso infatti, con l’introduzione del rampino, la struttura verticale delle zone è ancora più messa in evidenza. Ovviamente però ci saranno delle limitazioni: il rampino sarà utilizzabile solo su determinati appigli, e ciò rende alcune zone comunque non percorribili. Nonostante questo però il suo utilizzo è variegato, permettendoci di scappare da situazioni scomode, arrampicarci in alto per uccidere furtivamente un nemico e tanto altro.

Detto questo possiamo affermare con certezza che lo stealth è l’introduzione più affascinante all’interno delle opere From Software. L’eccessivo livello di difficoltà potrebbe rendere l’esperienza poco accessibile alla maggior parte dei giocatori e questa funzione vi permetterà di evitare i nemici più pericolosi e concentrarvi sul percorrere la zona in modo veloce. Non mancheranno le aree nascoste con mostri spaventosi, in questo caso si trattava di una grotta con un avversario che era in grado di rallentare tutti i nostri movimenti, tanto da impedirci di correre e scappare. Proseguendo nella prova abbiamo visto una ricca differenziazione dei nemici, ognuno con diverse capacità e abilità che richiedevano un approccio diverso. Se avete visto il trailer di Sekiro della passata E3, avrete notato il serpente a fine filmato. Neanche a dirlo abbiamo fatto la sua conoscenza ravvicinata in una fase da affrontare unicamente in modalità stealth il cui scopo era entrare in una grotta senza farci mangiare.

Terminato questo obbiettivo abbiamo avuto modo di combattere contro il vero e proprio boss. Nonostante sia un mostro molto conoscitivo, ovvero quello che come scopo ha l’abituare il giocatore a diversi cambi di ritmo e situazioni, vi assicuriamo che non era stato collocato lì per fare lo sparring partner, anzi, ha messo le cose in chiaro fin da subito. La battaglia sostanzialmente si divideva in fasi dove, una volta tolta una porzione abbondante di vita, il nemico ci gettava contro tutta la sua furia con un attacco tanto spettacolare quanto criptico nel cercare di evitarlo. In questa battaglia abbiamo potuto sfruttare il rampino per salire su alcuni rami, così da evitare in alcuni caso lo scontro o eseguire offensive, in una lotta veloce, adrenalinica e senza esclusione di colpi. Dopo qualche run il move set dell’avversario era abbastanza leggibile, tanto che alla fine è stato sconfitto con successo.

Sekiro: Shadows Die Twice porta con sé numerose introduzioni, giusto per ribaltare le carte in tavola per tutti i giocatori abituali. Per prima cosa è giusto parlarvi del salto, non quello visto nei Souls, un vero salto che vi darà diverse possibilità: potrete saltare addosso a un nemico (se questo ve lo permetterà) per disorientarlo e colpirlo, oppure potrete eseguire il classico doppio salto addosso a una parete, così da potervi aggrappare su una sporgenza più alta del normale. Alcuni muri saranno inoltre scalabili, aprendo anche percorsi alternativi. Il tasto per accovacciarsi sostituisce quello della corsa, aprendo però una nuova possibilità: poter evitare gli scontri faccia a faccia ed eliminare tutti i nemici in modo silenzioso e sicuro. Potrete nascondervi dietro i muri, assassinare dal basso tenendovi da una sporgenza o camminare sul tetto senza far rumore per uccidere un nemico dall’alto. Il gioco va approcciato prevalentemente in modalità stealth, ma in alternativa si possono tranquillamente completare le varie aree alla vecchia maniera, sconfiggendo tutti i mostri uno a uno.

Gli scontri sono sia molto tattici che rapidi, una serie ritmica di combo concatenate in cui il rumore dello scontrarsi delle spade rende tutto più poetico. La mancanza della barra della stamina vi consentirà di attaccare, schivare e saltare senza mai stancarsi. Questo consente ai combattimenti di essere parecchio caotici e ricchi di pathos, dovendo restare concentrati ogni istante. In caso di sconfitta però non preoccupatevi, in Sekiro: Shadows Die Twice la morte più che una punizione è vista come un’opportunità. Infatti, esclusi gli scontri con i boss, se aspetterete qualche secondo il mostro che vi ha sconfitto si dimenticherà di voi credendovi ormai finiti, li potrete resuscitare per colpirlo alle spalle e finirlo con un parry. Per attivare quest’ultimo vi basterà solo presentarvi vicino a un nemico in maniera furtiva: in quell’istante il vostro mirino verrà circondato da un’aura rossa e vi basterà premere il tasto dell’attacco per attivare automaticamente la finish. Un altro modo per fare il parry al vostro avversario sarà quello di destabilizzarlo durante gli scontri, colpendolo ripetutamente anche in caso di parata. Una volta che la sua barra dell’equilibrio sarà piena il nemico sarà nelle vostre mani.

Le ambientazioni giapponesi, lo stile perfetto dei Souls e qualche vecchio elemento riciclato, come ad esempio il falò sostituito dalle statue, fanno si che Sekiro: Shadows Die Twice sia il classico prodotto FromSoftware, una software house in grado di cambiare le sue opere trasformandole in qualcosa di completamente differente, ma rimanendo ben ancorati alla loro anima di appartenenza. In conclusione il gioco ci ha convinto in tutto e per tutto, dimostrando di essere la degna apertura di qualcosa di diverso, completamente slegato dalle precedenti produzioni del team. Il solito nome di Miyazaki come capo del progetto non fa nient’altro che aumentare sicurezze e aspettative, non ci resta che attendere la versione completa del titolo e stilare le conclusioni ufficiali nella futura recensione.

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