Che Matt Groening (The Simpson, Futurama) sia uno dei migliori autori in circolazione non v’è dubbio, e l’uscita nell’agosto 2018 della prima parte di Disincanto, lo ha pienamente confermato. Ad un anno di distanza ecco finalmente la seconda parte di questa prima stagione in cui ritroviamo i nostri tre antieroi per eccellenza: il demone Luci, la principessa Tiabeanie ed Elfo. Nonostante il finale della prima parte abbia tutte le caratteristiche di un classico finale di stagione, cliffhanger e colpo di scena inclusi, in realtà è solo la conclusione di un primo atto, e così non ci dobbiamo stupire se questa seconda parte comincia in medias res e già con ritmi piuttosto sostenuti, anzi quasi serrati. Bean, insieme alla madre riportata indietro dall’aldilà, si sta lasciando alle spalle una Dreamland completamente pietrificata e i suoi due amici Luci ed Elfo (ormai morto), verso il regno natale della regina Dagmar: ad aspettarla ci saranno nuove assurde avventure che la porteranno ad esplorare luoghi sconosciuti fino a ritrovare la via di casa.
L’Incanto di Disincanto
Lo stile è il solito di Groening, le sue serie, ambientate in mondi così lontani e diversi dal nostro, sono in realtà sprezzanti caricature che si fanno beffe di noi con ironia e pungente sarcasmo. Ma non solo, infatti l’umanità di personaggi inumani come Bender (il robot di Futurama), o nel nostro caso del demone Luci, ci porta ad empatizzare con loro, finendo addirittura per insegnarci qualcosa. Ed è qui che si vede il genio e il talento di un autore che crea sapendo ciò che fa. Rispetto alla prima parte, la storia e la trama di questo secondo atto sono molto più lineari e scorrevoli: le varie avventure di Tiabeanie e dei suoi compagni seguono tutte un filo logico, i nuovi personaggi vengono presentati in maniera più esaustiva e quelli secondari (che nei primi dieci episodi rimanevano piuttosto piatti o comunque sullo sfondo delle varie vicende, quasi fossero necessari solo a far emergere i protagonisti) acquistano una tridimensionalità incredibile, tale da catapultare davvero lo spettatore nella storia che mantiene quel velo di mistero e quell’approccio scanzonato a cui siamo abituati.
Come detto in precedenza questa seconda parte è riuscita a non deludere, mostrando senza dubbio una maggiore maturità e coerenza rispetto alla prima: se di solito con il progredire, le serie perdono l’appeal e il mordente iniziale, questa invece si può ben dire stia riuscendo a stupire con la sua parabola ascendente. Non ci resta che aspettare e sperare per la seconda stagione, di cui non si sa ancora nulla, ma che si preannuncia già molto interessante.