Ogni genere videoludico possiede una sua destinazione, che se fino ad un paio di generazioni fa sembrava perlopiù definita, negli ultimi anni è diventata estremamente cangiante, con le varie tipologie di videogioco che si sono mescolate tra loro creando ogni volta qualcosa di nuovo. Nonostante ciò, ci sono alcuni sviluppatori che hanno voluto mantenere salde le proprie radici, e addirittura hanno riproposto nuovi titoli ma dal gusto piacevolmente vintage. Nel genere delle avventure punta e clicca in particolar modo, questo fenomeno è diventato una vera e propria moda, passando dal semplice tributo ad essere quasi la normalità. Nel 2017 ad esentarsi da questo filone è arrivata Desert Fox, che non solo ci propone un gioco tutt’altro che in pixel art, ma prende in mano le chiavi e ci fa fare un breve tour in un malsano mondo horror a dir poco disturbante. Parliamo di Bad Dream: Coma, che dopo aver toccato ottimi numeri su PC e su Switch, è anche approdato sulla nuova famiglia di console Xbox, versione che oggi andiamo ad analizzare in sede di recensione (testata su Xbox Series X).
Buona notte!
Non sempre siamo pronti a ciò che ci aspetta quando avremo chiuso gli occhi, apparentemente al sicuro sotto alle coperte in una morbida culla che si crea sul materasso sotto al nostro peso. Non sempre siamo pronti, e questa volta meno che mai. Bad Dream: Coma, come la nostra recensione, si apre come è giusto che sia: con il nostro protagonista ritrovatosi proprio in questa condizione, che si auto augurerà la buona notte e si abbandonerà ad un sonno profondo. Diciamo che la sua preghiera è stata tutt’altro che esaudita. Da qui in poi partirà infatti un vero e proprio incubo, che in una manciata d’ore ci farà giudici e carnefici del nostro stesso destino.
Il gioco è rimasto praticamente come lo ricordavamo: un malsano punta e clicca dove gli enigmi e le situazioni possono risolversi in differenti modi, scrivendo un percorso in base alle nostre azioni e alla nostra moralità. Il protagonista si ritroverà in una città tutt’altro che accogliente, dove sembra essersi appena abbattuto un cataclisma di imponenti dimensioni. Pare che in questo posto non sia solo, e che soprattutto anche le altre persone siano intrappolate all’interno dello stesso incubo. Abbiamo detto intrappolate? Significa che non c’è una via d’uscita? Fate le vostre scelte, giocate la vostra partita. Il finale sarà tutto vostro.
Bianco, nero e rosso sangue
La struttura ludica di Bad Dream: Coma rimane abbastanza standard, con fondali da esplorare, oggetti da raccogliere e altri con cui interagire (piccola peculiarità, anche se con alcuni non potrete effettivamente far nulla, sentirete comunque il loro “rumore” quando li toccherete col cursore cliccandoci sopra). Ciò che rimane davvero sopra le righe è il tipo di horror proposto: come potete anche vedere dalle immagini proposte nella recensione, Bad Dream: Coma non si risparmia scene con la presenza di sangue, persone sinistre e situazioni a dir poco disturbanti. Unendo questi fattori ad una difficoltà degli enigmi non eccessivamente proibitiva (ma molto ingegnosa), vedremo formarsi sotto i nostri occhi un affascinante e malsano quadro disegnato a mano, capace senza dubbio di trasmettere l’ansia e il desiderio di uscirne il prima possibile. Una grossa mano è data anche dalla lingua, con il titolo localizzato in italiano e reso quindi fruibile al meglio anche dal nostro pubblico.
Dato che il titolo lo conosciamo da un po’, la domanda più grande che ci poniamo nella recensione è: come si comporta Bad Dream: Coma sulla nuova console Microsoft? Partiamo col dire che già a prima vista è chiaro che Bad Dream: Coma non richieda una potenza di calcolo altissima, quindi al di là dei caricamenti ancora leggermente lenti per essere definiti next gen a tutti gli effetti, il gioco su Series X gira che è una bellezza. L’ottimizzazione appare ottima, sia perché sarà possibile regolare la sensibilità e la velocità del cursore, sia poiché anche il feeling del gioco è rimasto invariato. Certo, sfruttare un mouse per questo tipo di prodotti è sempre la scelta numero uno, ma in questo caso non c’è molto da rimpiangere.