Universal torna a proporci un nuovo capitolo delle avventure dei fratellini Templeton con Baby Boss 2 – Affari di Famiglia – di cui vi proponiamo questa recensione – un sequel incredibilmente divertente e funzionale in ogni suo reparto produttivo, un vero e proprio salto in avanti inaspettato, portando all’attenzione una narrativa brillante, mai casuale o forzato negli eventi, bensì ben contestualizzata e costruita attorno i due protagonisti e nell’inevitabile fase delle crescita, dove tutto cambia, le famiglie si evolvono e le priorità allontanano dai sentimenti. Una nuova missione richiamerà i due fratelli ad un’età infantile, ancora una volta a servizio della Baby Corp.
Due fratelli lontani
Questo sequel prende vita proprio dove avevamo lasciato i protagonisti, ormai adulti, con Theodore vero e proprio leader di aziende e multimiliardario, mentre Tim è sposato, felice casalingo e papà di due figlie. Le sue giornate a casa si saziano di una fervida immaginazione, cosa che rende il rapporto con le due bambine speciale, giacché il padre è un perfetto compagno di giochi e un grande incitamento nel lato creativo della vita: disegni, musica, film, immaginazione, tutto è necessario per tenere vivo il bambino che è in noi, non invecchiare mai e rendere l’infanzia un momento unico nella vita.
Tutto cambia quando la piccola Tina, seconda figlia di Tim, si palesa come agente della Baby Boss per ingaggiare il padre e lo zio – dunque farli tornare nuovamente bambini – per sventare il piano di un sinistro preside che ha istituito particolari plessi scolastici dove insegna l’emancipazione dei bambini dai genitori, primo passo di un sinistro piano a cui la Baby Corp dovrà intervenire.
Tornare bambini
Come già scritto in apertura della recensione, Baby Boss 2 – Affari di Famiglia si rivela essere un sequel incredibilmente avvincente. Il finale del primo film, in qualche modo, mostrava i due protagonisti ormai adulti, dunque era assai difficile collocare un sequel in questo contesto, senza farlo risultare forzato. Nonostante avevamo già intravisto Tina come agente della Baby Corp, proprio quel piccolo twist per strappare un ultimo sorriso diventa a tutti gli effetti canonico, così facendo il grandissimo stacco temporale dei due fratelli, ormai adulti, viene ben contestualizzato per cui riescono a tornare bambini grazie al latte di produzione della Baby Corp e il confronto di un Tim in incognito con sua figlia maggiore, apre nette ferite in un rapporto che sembrava solido.
Per quanto momento magico ed idilliaco per Tim ormai adulto, la giovinezza si forma e si costruisce anche nel rispetto e considerazione che i bambini hanno nei confronti dei propri genitori. Nonostante ci sia la missione principale da eseguire per salvare i genitori di tutto il globo, c’è spazio abbastanza per inserire questa deliziosa parabola narrativa all’interno del film, che fa del minutaggio e il ritmo il suo cavallo di battaglia: tutto è estremamente veloce, brioso e divertente. Non ci si ferma mai e tutto fila sempre liscio come l’olio, anche con una punta di estrema sorpresa, dato che salvo alcuni particolari franchise (Dragon Trainer) la Dreamworks ha sempre fallito nell’innalzare la qualità narrativa dei suoi prodotti, sempre curati al massimo, ma molto spesso fini a loro stessi. Molto meglio dunque Baby Boss 2 che risulta estremamente divertente e intelligente sia nella realizzazione che nella narrazione, precisa e chirurgica, capace di parlare al cuore, eliminando il miele e puntando su sentimenti veri, quasi primordiali, quel bisogno di avere un fratello da amare e proteggere dalle minacce del mondo e non dimenticarsi mai di questo sentimento nonostante l’età adulta.