Gli appassionati del (relativo) mondo del retrogaming avranno di che rallegrarsi: Activision sta lavorando ad una nuova tecnologia mirata a rivoluzionare il mondo delle remaster. Con questo nuovo brevetto, il publisher sta adocchiando un modo per trasformare i giochi 2D in titoli 3D.
Il procedimento prende un titolo 2D assonometrico (come può esserlo il primo Diablo) per poi passarvi una mano di vernice 3D, senza però snaturarne il gameplay. Lo scopo è anche quello di rendere dinamicamente tridimensionale la mappa di gioco, creando così uno stile quanto mai “ibrido”.
Parlando proprio di Diablo, i primi due capitoli della saga illustrano perfettamente il concetto dietro la nuova tecnologia di Activision per le remaster. Mentre la prospettiva della telecamera li fa apparire entrambi come titoli 3D, i giochi in questione non rientrano nella categoria.
In realtà, Diablo 2 si avvicina molto più al 2,5D, visto che tende solo a strizzare l’occhio a una prospettiva 3D. Ciò a cui sta lavorando il publisher statunitense mira a rendere più rapido il processo di transizione tra l’originale Diablo 2 e la sua ambiziosa controparte moderna, Diablo 2: Resurrected.
Viene determinata la prospettiva originale della telecamera, la telecamera 3D viene configurata per replicare la prospettiva 2D, i dati 3D corrispondenti a quelli 2D vengono creati utilizzando degli strumenti appositi, viene stabilita una rappresentazione di base della versione 3D.
Ci sono due tipi di remaster. Il primo punta ad un semplice aggiornamento grafico, come quanto si vede di frequente nelle mod per giochi come Oblivion. Il secondo consiste invece in quanto sta avvenendo con Diablo 2: Resurrected, ovvero un remake completo da 2D a 3D.
Quindi, mentre Diablo 2 e la sua remaster si assomigliano, il primo è un titolo bidimensionale mascherato da gioco 3D grazie alle proprie inquadrature fisse, mentre il remake è l’esatto opposto. Una telecamera libera consentirebbe al giocatore di inquadrare gli oggetti per quello che sono.
Il concetto a cui lavora il publisher potrebbe non essere per forza rivoluzionario, ma l’efficienza dietro il procedimento (illustrato in una recente intervista) potrebbe davvero essere di lezione. Poter trasformare un gioco 2D in un titolo 3D, in base all’approccio del giocatore, cambierebbe il modo in cui siamo abituati ad intendere una remaster.