Prima di intraprendere la nostra recensione de La Casa di Carta Corea è bene precisare alcune piccole cose riguardo a questa nuova serie tv, in arrivo su Netflix il 24 giugno. Il successo della sua omonima spagnola parla chiaro, guardando agli intenti centrali nella produzione di questa nuova serie. Il per nulla celato tentativo del colosso dello streaming di continuare a lucrare sui fan di tutto il mondo è palese, anche se in questo caso si tratta di un prodotto che piuttosto esclude i fan storici della serie a favore di probabili “nuove leve”. Ci spieghiamo meglio. La Casa di Carta Corea è una serie che non soltanto attinge pienamente, ma imita. Nel suo imitare sviluppa una trama familiarissima, senza troppi spunti inediti a chi già conosce la serie, ma comunque potenzialmente interessante per coloro che non hanno mai seguito il progetto originario. Si tratta di una situazione che si annoda su se stessa per certi versi, mettendo al sole le intenzioni commerciali di questo progetto, senza però tirar fuori un prodotto che andrebbe condannato a prescindere soltanto per il suo non impegnarsi troppo a cambiare le cose. Ai posteri l’ardua sentenza.
Tutto troppo uguale?
La Casa di Carta Corea sembra non impegnarsi troppo nel trasporre gli eventi al centro della sua trama, è bene specificarlo fin dall’inizio della recensione. Se siete alla ricerca di un prodotto nuovo sulla scia delle sue origini spagnole siete abbastanza fuori strada. Gli eventi alla base di questa storia fortunatamente sono differenti rispetto a quelli che tutti conosciamo, complice, ovviamente, un contesto sociale, economico e soprattutto politico diversissimo da quello della Spagna contemporanea. Tutto si apre, però, seguendo un’invenzione narrativa che mescola le carte in tavola, inficiando un minimo su coloro che adorano fantasticare sulla criminalità in generale. Gli eventi aprono le danze con una nuova gigantesca unione tra la Corea del Nord e quella del Sud. Questa unione, enorme evento storico non soltanto locale ma planetario, condurrà a pesanti e iniziali stravolgimenti su tutti i fronti. Uno dei simboli più palesi di questa nuova alleanza è proprio la zecca che unisce entrambe le facce di questa medaglia storico-politica. La fusione di due metà da anni distaccate parrebbe aprire la strada a un futuro nuovo e radioso per la Corea, anche se non è tutto oro quel che luccica.
In un momento storico delicatissimo e particolare un gruppo di criminali e latitanti si riunisce in gran segreto, lavorando alla cosiddetta “rapina del secolo”. Alla guida del gruppo troviamo Il Professore (You Ji-tae), un genio del crimine pronto a tutto pur di condurre a compimento il suo grande piano. A seguirlo ritroviamo i nomi delle città a tutti noi più note. La seconda grande differenza di questa serie tv risiede proprio nella specificità dei suoi protagonisti. In essi ritroviamo tutti i tratti caratteriali cui siamo stati abituati dalla serie tv spagnola, l’unica differenza risiede nei loro singoli background, questa volta frutto del contesto suddetto, figli di una contestualizzazione territoriale che si fa anche linguistica e sociale. Come in passato impareremo a conoscerli tutti, uno ad uno attraverso momenti familiari e inediti. Tutto ruota intorno a questo colpo quindi, ritrovando gli elementi centrali delle prime due parti della storia Spagnola: zecca, tempo che scorre inesorabile, ostaggi, trattative, sentimenti, amore, ansia, potere e paura.
Resta comunque importante sottolinearlo in questa recensione de La Casa di Carta Corea, che , pur essendo simile al passato, questa nuova serie tv trova qualche piccolo escamotage, anche stilistico, atto a mantenere salda la propria identità. In generale la situazione è abbastanza più seria e cupa, anche se i personaggi attuali scimmiottano le dinamiche spagnole distaccandosene però nei modi. La più grande incognita, come scritto anche sopra, resterà la risposta del pubblico al progetto.
Vestiti rossi ma maschere diverse
Dal punto di vista formale le differenze si notano molto di più, con una costruzione delle varie inquadrature più sporca rispetto al passato, concentrata non soltanto su quello che accade nel presente, ma soprattutto sul passato di ognuna di queste “maschere” umane, vittime di un sistema lungi dal precedente prodotto che conosciamo. La critica basilare somiglia a quella della storia spagnola, distaccandosene però, per certi versi. La Casa di Carta Corea offre quindi due spunti dei riflessione ai suoi spettatori, da una parte troviamo un prodotto che attinge pienamente dalle sue origini senza troppo distaccarsene, come scritto anche sopra nella recensione, dall’altra un goffo tentativo di imitare muovendo il proprio sguardo e i propri obiettivi altrove. Quest’ultima resta uno dei punti di domanda più grandi nei confronti di un progetto del genere. E’ bene imitare o sarebbe meglio un distacco tematico e narrativo più netto? Sicuramente la seconda accenderebbe di più l’interesse di tutti verso il futuro.