Parliamo di Spiderhead, nuovo film originale Netflix di cui scriviamo in questa recensione in anteprima, disponibile sulla piattaforma a partire dal 17 giugno. Per la regia di Joseph Kosinski, vede protagonisti Chris Hemsworth e Miles Teller, in una storia e ambientazione fantascienza-thriller ancora inedita per il colosso mondiale dello streaming, ma già vista in numerose altre opere più o meno recenti. Il film si basa su un racconto breve chiamato “Escape from Spiderhead”, pubblicato nel The New Yorker nel 2010.
In un futuro non troppo lontano, la Spiderhead, “testa di ragno” o “Aracnotesta” (come menzionato nel film) è una struttura detentiva privata alternativa, completamente circondata dal mare e guidata da Steve Abnesti a sua volta comandato da un Comitato protocollo. Una strada di redenzione per criminali più o meno pericolosi molto differente dal carcere tradizionale. Qui possono convivere tra loro e con i loro carcerieri senza sbarre, in un clima molto più disteso ed accogliente, privo di pericoli, almeno apparentemente. Naturalmente, per ogni pro guadagnato, c’è un contro. I detenuti, devono infatti partecipare ad esperimenti guidati dallo stesso Abnesti, insieme al suo collega Verlaine, esperimenti a volte pericolosi. Ognuno dei detenuti possiede un piccolo macchinario installato nella zona lombare che inietta delle sostanze chimiche create dallo stesso laboratorio, macchinario che viene controllato in remoto dagli stessi Abnesti e Verlaine tramite smartphone. Ogni sostanza, cinque in totale, ha una funzione diversa e provoca effetti ai soggetti degli esperimenti, che devono sempre acconsentire prima della somministrazione.
Flebo? Acconsento.
La storia si basa principalmente proprio sugli effetti dell’N40, una sostanza capace di far provare amore istantaneo, attrazione, eccitazione, a chi la riceve. Abnesti fa infatuare i detenuti tra loro, in più combinazioni disponibili, fino ad osservare se una volta cessato l’effetto della sostanza, rimangano nelle cavie dei rimasugli di buoni sentimenti. Il Verbalux viene invece iniettato per avere risposte aperte e sincere dagli stessi detenuti quando si vogliano scoprire in modo approfondito effetti e conseguenze degli esperimenti, per unire i puntini e creare uno studio. Abnesti riesce però ad iniettare anche la paura, l’ansia… insomma, sia la parte positiva, sia la parte negativa dello spettro emozionale umano. Creare una storia sociale tramite le sostanze e poi studiare i protagonisti.
Spiderhead, recensione di un film non abbastanza convincente
Fin qui tutto bene, ma se Steve Abnesti, interpretato da un non sempre convincente, ma comunque bravo, Chris Hemsworth nascondesse qualcosa? Se la natura di questi esperimenti nascondessero un disegno? Un obiettivo diverso rispetto a quello mostrato ai detenuti? È praticamente scontato che debba essere in qualche modo così, ed è proprio questo uno dei problemi di questo film: la prevedibilità. La trama è semplice e gran parte del minutaggio si regge sui dialoghi, su scene che coinvolgono pochi personaggi e dove non c’è azione. La parte drammatica è ben raccontata tramite la storia del detenuto protagonista Jeff e del motivo per cui si trovi in questa struttura, ma non basta da sola; deve per forza esserci una parte thriller. Il problema è che questo secondo lato del film, indispensabile per farlo funzionare, non è convincente abbastanza.
La sensazione è che la sceneggiatura voglia essere più adulta di quello che riesca, voglia costruire una storia di spessore, ma lo snodo del film, quello che trasforma l’intreccio e lo porta al finale, è troppo debole. Si potrebbe arrivare all’ultima scena senza sentirsi soddisfatti, chiedendosi un: “e quindi”? Insomma non si può non dire in questa recensione che Spiderhead sia stata un’occasione un po’ sprecata. Un film tutto sommato ben pensato e girato, ma che non è riuscito ad osare fino in fondo rimanendo poco convincente, specialmente nella seconda metà.