La serie animata Netflix Original più fantasy di sempre torna finalmente con una nuova stagione, che al netto di qualche piccolo scivolone riesce ad affermarsi, ancora una volta, più che gradevole. Stiamo parlando di Disincanto, della quale oggi in recensione analizzeremo la quarta parte. Come da sempre accade con i lavori del mai troppo lodato Matt Groening (creatore niente meno che dei Simpson e di Futurama), l’allegria e la spensieratezza che vediamo in superficie nascondono invece una realtà molto più profonda, un’alternanza di humor e serietà talmente fluida da farlo sembrare facile. Chiaramente tutto questo, in modo piuttosto marcato, è presente in questa quarta parte, che riparte dalla catastrofica situazione in cui Bean e compagni si sono ritrovati, e ognuno in un posto diverso.
A tutto vapore!
Senza entrare troppo nei dettagli, la prima parte della stagione si sposterà spesso su diversi palcoscenici, raccontandoci le vicende di ognuno dei personaggi, dato che sono stati divisi dalla serie di sfortunati eventi che li hanno colpiti: Bean sta per diventare la moglie di Satana, Luci è morto sacrificandosi, Elfo è stato catturato dagli orchi e Re Zog è stato internato in un manicomio fuori Dreamland. In tutto questo continuano i perfidi piani della madre di Bean, così come quelli dei perfidi zii.
Senza entrare troppo nel dettaglio degli eventi, sappiate che come sempre faranno ritorno alcuni personaggi che abbiamo avuto modo di conoscere nelle precedenti stagioni (il Cavallo che ride farà ridere anche voi ndr.), ma che soprattutto quelli che abbiamo visto più spesso saranno approfonditi molto di più.
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Preparatevi quindi a flashback, racconti del passato, prese di coscienza, rivelazioni e colpi di scena, in un tripudio di nozioni e azioni che di certo non vi faranno annoiare. Conosceremo più da vicino le creature che popolano il mondo fantasy di Disincanto, i suoi popoli ancora sconosciuti a noi, la storia di Dreamland stessa, che non sempre ha visto gli umani regnare sul castello, oppure sul burbero padre di Elfo, che ha fatto una vita più movimentata di quello che potessimo immaginare, e ancora rivelazioni su Zog, sulla stessa Bean e il piano di sua madre e Satana. E pensate che tale lista non è ancora completa.
Per ogni faccia della medaglia lucente, ce n’è però sempre una più opaca, e in questo caso si tratta del ritmo: al contrario di quello che potreste immaginare, il ritmo di questa quarta parte è forsennato, in cui gli eventi e le situazioni si evolveranno in poco tempo, senza perdersi in chiacchiere. Un’accelerazione improvvisa quindi, che anche se riesce ad attutire bene il colpo e a raccontare tutto in un modo che non sembra frettoloso, ci fa pensare che si voglia arrivare alla fine degli eventi il prima possibile. Sia chiaro, anche la seconda stagione di Disincanto (qui la nostra recensione) era risultata molto più fluida e scorrevole, ma in questo caso la mole di informazioni da assimilare è stata mastodontica.
Cliffhanger
Impossibile non terminare una stagione con un cliffhanger, che – come vedrete voi stessi – sembra preparare la tavola per un grande banchetto. L’idea infatti è che questa velocità nel raccontare gli eventi, descrivere e farci conoscere dei popoli, e creare determinate situazioni, sia stato un male necessario per apparecchiare il tutto. Senza entrare nel dettaglio, non ci stupiremmo se la parte 5 e la parte 6 (che almeno in teoria dovrebbero creare insieme una stagione di 20 puntate, e che non mancheremo di analizzare in recensione in futuro) dovessero essere le ultime, andando a chiudere interamente il cerchio di Disincanto.
La scacchiera è pronta, i pezzi sono stati disposti, e chissà quali “diavolerie” dovranno essere affrontate.
Vi ricordiamo che la parte 4 di Disincanto sarà disponibile in streaming su Netflix a partire da oggi 9 febbraio.