Nella giornata di oggi (13 Dicembre 2018) esce nelle sale nostrane Un Piccolo Favore, film drammatico diretto da Paul Faig, prodotto da Feigco Entertainment e basato sull’originale “Simple Favor“, romanzo di Darcey Bell uscito nel corso del 2017. Il titolo si presenta come un misto di drammaticità e giallo, a tratti noire, che vengono scanditi da momenti di comicità (per lo più “black humor”). Nel film viene evidenziata una differenza estrema tra i due personaggi principali del lungometraggio: la prima impacciata, timida e modesta, mentre la seconda spietata, diretta e per certi versi estrema.
Quel chiacchierato “piccolo favore”
La trama della pellicola prende piede inizialmente dalla presentazione di un’atipica amicizia tra due donne completamente opposte. Emily (interpretata da Blake Lively) statuaria, di successo, in carriera e “predatrice” della città, e Stephanie (interpretata da Anna Kendrick) impacciata, modesta, anonima e auto-ironica. Le due iniziano a frequentarsi, e diventano velocemente amiche, perché i rispettivi figlioli vogliono giocare assieme. Il motore che innesca tutta la storia fatta di intrighi, misteri e segreti, è un “Piccolo Favore” chiesto da Emily a Stephanie poco prima di sparire nel nulla, ovvero quello di andare a prendere il figlio a scuola. Da questo momento in poi Stephanie si dedicherà alla ricerca dell’amica scomparsa, postando sviluppi sul suo blog inizialmente adibito ai consigli per le mamme. Il film prenderà una piega sempre più noire, ma senza scordare di essere una pellicola drammatica e non privandoci di qualche momento comico azzeccato per stemperare la tensione.
Ciò che c’è sotto
Andando a parlare dell’aspetto puramente tecnico del film, possiamo dire che quest’ultimo presenta (oltre al già citato mix di generi) anche una certa maturità dal punto di vista degli argomenti trattati. Infatti anche se inizialmente potrebbe sembrare “soltanto” un film orientato verso la critica del mondo dell’imprenditoria americana (sul quale comunque il film in certi momenti si spinge, descrivendo anche sprazzi di vita quotidiana e sociale americana nel contesto imprenditoriale), questo si scopre dopo poco essere tutt’altro.
Mantenendo sempre i connotati premessi all’inizio, infatti, la pellicola tende a sviluppare determinate vicissitudini in maniera differente da quello che ci si aspetterebbe a primo impatto, articolando il tutto in una serie di colpi di scena e capovolgimenti che ben si prestano a una narrazione come è quella di questo film, frenetica ma allo stesso tempo dettagliata. La struttura della pellicola risulta essere ben articolata, con scambi di flashback e flashforward piazzati magistralmente, a simulare la struttura tipica di un buon poliziesco, e che vanno a ben spiegare elementi (tramite importanti dettagli) che altrimenti troverebbero una difficile interpretazione.
Un appunto però va fatto in materia di colpi di scena, i quali se da un lato rendono la pellicola davvero interessante e portano lo spettatore a non perdere un solo minuto dei 119 previsti dalla durata del film in sala, dall’altra risultano mal gestiti e inseriti all’interno della pellicola in modo non omogeneo e discontinuo. Infatti ci sono alcuni momenti del film in cui ci si perde (purtroppo) inutilmente in dettagli non necessari e altri momenti in cui invece la trama prende un ritmo incalzante e talmente colmo di colpi di scena che lo spettatore fa fatica ad elaborare tutte le informazioni subito, percependo alcune sequenze come un’accozzaglia di informazioni di difficile lettura.
Tuttavia a controbilanciare questa, comunque importante, mancanza di sceneggiatura, accorrono l’interpretazione dei personaggi – realizzata in maniera eccelsa e davvero convincente in ogni sua parte – e la direzione sia artistica sia registica (quindi dal punto di vista addentrato del montaggio, dei dettagli di raccordo e delle inquadrature). Ponendo particolare attenzione alla prima, si può osservare come il film presenti una colonna sonora incalzante e che ben regge le varie situazioni del lungometraggio, risultando angosciante al punto giusto quando serve e allegra nei momenti, invece, spensierati.
E ora passiamo ai saluti
Dulcis in fundo, possiamo dire che il film si presenta come un ottimo mix di generi, non certo di difficile accostamento, ma che viene condotto in maniera differente da come si è abituati a vedere, confezionando un prodotto filmico valido e avvalorato da un’interpretazione e una direzione davvero ben condotta. Tuttavia è necessario porre l’attenzione anche sui punti deboli della pellicola, che vengono evidenziati prima dalla mal distribuzione dei colpi di scena che (così orchestrati) rendono alcune sequenze della stessa pesanti e di difficile comprensione, mentre poi dalla focalizzazione (in alcuni momenti) su degli elementi di sfondo che non rappresentano un vero e proprio sviluppo di trama e che quindi sono facilmente percepibili come inutili. Dunque, in definitiva, il film rappresenta una buona alternativa a quello che è il palinsesto cinematografico attuale, e porta sul grande schermo una pellicola che, se non altro, è tra i film da considerare quando si vuole vedere qualcosa di differente dal solito, qualcosa di “impegnato, ma non troppo”.