In un’Australia devastata da un’invasione di zombie, Andy e Kay, marito e moglie, cercano in ogni modo di proteggere sé stessi e la figlia, trovando rifugio su una barca. Superata una serie di incidenti, Andy si ritrova da solo con la figlia, e cerca di scappare dalle creature infette per trovare un riparo sicuro. Dopo un tragico avvenimento, il protagonista scopre di essere condannato a trasformarsi in un non morto, costretto a trovare qualcuno a cui affidare la figlia prima che l’infezione completi il suo processo. Durante il suo cammino, Andy incrocerà quello di una donna aborigena che cambierà per sempre il corso della storia.
Le produzioni cinematografiche e televisive dedicate agli zombie stanno vivendo una sensibile impennata, questo dopo anni di stasi di un genere che sembrava non avesse molto da dire. Gli zombi erano, più che un feticcio, il simbolo di una critica alla società moderna, quando il messaggio era coadiuvato dal genio di George Romero. Col tempo hanno perso quella dimensione, e parte di questo ripiegamento concettuale è anche dovuto a innumerevoli titoli che non hanno saputo catturare la forza della critica sociale nei film del maestro. Forse nessuno ha più tentato una lettura simile, preferendo la parodia dai toni brillanti, come quella di Edgar Wright per il suo Shaun of the Dead. Resta il fatto che la maggior parte dei prodotti a tema zombie vivono da molto tempo un ristagno intellettivo.
Cargo sembra non essere da meno, rispondendo a tutte le regole del genere d’appartenenza, persino agli stessi errori, ma partendo da una base leggermente più originale. Ci troviamo nel magnifico outback australiano, quando ormai una malattia tremendamente contagiosa ha invaso il mondo. Le persone iniziano a fuggire dai centri abitati, in cerca di salvezza in luoghi meno popolosi. Tra questi anche la famiglia protagonista. Ci vengono presentati come dei sopravvissuti che conoscono perfettamente le modalità di sviluppo e successivo contenimento della malattia, divulgate da quelli che erano un tempo gli organi competenti, con tanto di foglietto illustrativo. Andy e la sua famiglia tentano di sopravvivere con le poche scorte a loro disposizione, ma l’ingenuità di Kay e un fraintendimento col marito la portano a essere morsa da un uomo infetto. Comincerà così un viaggio che lo porterà ad attraversare l’outback a piedi, incontrando sopravvissuti come lui, esseri privi di umanità o compassione, e ad affrontare molti pericoli, tutto per il bene della figlia.
La storyline parallela dell’aborigena Thoomie tenta di approfondire le tematica della famiglia, dell’accettazione e del sacrificio, attraverso modalità narrative mai sofisticate, come vorrebbero invece apparire. Il racconto viene ribaltato proprio con Thoomie, una figlia che non è riuscita ad accettare il sacrificio del padre, che tiene vicino a sé anche se ormai trasformato. Non vuole lasciarlo andare, esattamente come Andy non riusciva a lasciare andare Kay. Quando poi tutto raggiunge il suo culmine, si arriva a un epilogo che stringe il cuore, perché abbiamo assistito ciò che all’opera importava raccontare: il viaggio di uomo che davanti a morte certa, in un mondo ormai in rovina, ha deciso di difendere a denti stretti la sua unica ragione di vita.