Metroid è una saga che non ha certo bisogno di presentazioni, nonostante negli anni la sua stella si sia spenta in maniera lenta e inesorabile. I tempi della trilogia di Metroid Prime sono infatti lontani, con le promesse di un quarto capitolo fin troppo diluite nel corso dei mesi, tanto che i fan hanno iniziato repentinamente a perdere le speranze (e senza neanche avere troppo torto, a ben vedere). Le possibilità di rivedere Samus Aran in azione non erano quindi affatto scontate, tanto che l’annuncio di Metroid Dread è risultato essere un proverbiale fulmine a ciel sereno, un gioco tanto improbabile quanto ben accetto dalla community, specie per il fatto che si tratta di fatto di un sequel della serie classica, vale a dire quella in 2D che ha dato il là ai metroidvania intesi come tali, piuttosto che a un avventura in soggettiva come i più recenti capitoli a 128-bit. Addentriamoci quindi nella recensione di Metroid Dread.
Un pianeta da esplorare
Dopo aver dimostrato già di avere talento da vendere con Metroid: Samus Returns, titolo che in ogni caso veniva “gambizzato” dai limiti tecnici e del 3DS, il team spagnolo di MercurySteam ha ora accettato la proposta di Nintendo di fare uno step ulteriore, realizzando di fatto non più un remake bensì un capitolo principale della serie a tutto tondo nonché inedito, nonostante il progetto sia stato di fatto immaginato per la prima volta oltre 15 anni fa, per poi essere riposto in un cassetto in attesa di tempi (e tecnologie) migliori. Metroid Dread è infatti il vero Metroid 5, ultimo capitolo della saga incentrata sulla coraggiosa cacciatrice di taglie. La storia parte con un (ovvio) riassunto degli avvenimenti più significativi di Metroid Fusion, con Samus infestata dal misterioso parassita X e costretta ad alterare per sempre il suo DNA (e diventando così in parte una Metroid).
Metroid Dread riparte quindi proprio da Samus e dalla sua nuova missione, scovare le tracce di un X sul pianeta ZDR, tanto che per fare luce sulla questione la Federazione Galattica invia 7 unità E.M.M.I. – Extraplanetary Multiform Mobile Identifier – ossia dei robot particolarmente all’avanguardia. La questione si complicherà ulteriormente quando la protagonista troverà sulla sua strada un combattente Chozo, in grado di annullare tutte le abilità apprese sino ad ora e costringendo la protagonista a ricominciare daccapo la sua avventura, in una spirale di pericoli e avversità che la metteranno seriamente alla prova.
Samus incontra l’orrore
Dopotutto già il titolo – Dread, appunto – allude alla presenza di paura e terrore, sensazioni che il giocatore proverà più volte nel corso del gioco, specie per la presenza di avversari ostili e implacabili come gli E.M.M.I.. Questi, infatti, faranno di tutto per localizzare e identificare Samus dandole perennemente la caccia, sfruttando sia l’ambiente circostante che il loro arsenale di armi e abilità. La cacciatrice di taglie dovrà quindi non solo fare molta attenzione ai pericoli del pianeta ZDR, ma anche e soprattutto schivare con cognizione di causa questi avversari in grado di generare nel giocatore un senso di ansia e paura fin troppo alto per un titolo del genere. No, non siamo dalle parti di un survival horror in chiave Metroid, ma è altrettanto vero che una profonda sensazione di inquietudine tormenterà il giocatore per tutta la durata dell’avventura principale messa in piedi da MercurySteam.
Dove il gioco ama farsi prendere sul serio, è anche e soprattutto Joy-Con alla mano: Dread offre infatti un’esperienza Metroid quasi impeccabile, grazie a un gameplay fluido e mai frustrante siate voi in modalità handheld o docked. Il backtracking – da sempre croce e delizia di questo genere di titoli – riesce ad avere un senso grazie alla mole realmente sorprendente di oggetti e potenziamenti presenti sul campo. La presenza dei due analogici di Switch dà inoltre modo di mirare facilmente in ogni direzione consentita, cosa questa del tutto inedita per quanto riguarda un capitolo della serie “classica” inquadrato lateralmente. Il feed è quindi quello di un gioco che strizza pesantemente l’occhio al passato e alla nostalgia canaglia della gloriosa epoca dei 16-bit (inclusa quella dei capitoli per Game Boy Advance di cui Dread è sequel diretto), riuscendo però ad abbracciare una modernità fresca e assuefacente che solo alcuni titoli di nuova generazione sono in grado di restituire. Se avete familiarità con la serie classica, Metroid Dread sarà un vero e proprio ritorno a casa, grazie a una riproposizione accurata di ritmi e situazioni di gioco antiche, riportate in epoca moderna con maggiore spettacolarità.
Metroid, oggi come ieri
Per quanto riguarda il comparto grafico, come accennato poche righe più in alto Metroid Dread abbandona la visuale in soggettiva della serie Prime, andando ad abbracciare la bidimensionalità tanto cara ai fan storici ma con un gran numero di elementi 3D a farla da padrone, dando quindi alla luce un 2.5D assolutamente strepitoso. Nonostante un’atmosfera cupa e seriosa, il titolo MercurySteam è sicuramente il primo gioco a mostrare come la nuova Switch OLED non sia solo un mero upgrade delle precedenti versioni della console della Grande N, grazie anche e soprattutto a una resa cromatica e di contrasto superiore alla norma. In caso siate possessori dei vecchi modelli di Switch, inclusa la “piccola” Lite, la situazione non è in ogni caso drammatica, visto che anche in quel caso il comparto tecnico dimostrerà come la console Nintendo sia tutto sommato un gioiellino hardware da non sottovalutare affatto.
Tutto perfetto, quindi? In verità no: Metroid Dread è infatti molto, ma molto breve, visto che bastano 10 ore di gioco intenso per arrivare ai titoli di coda. Vero anche che, come la stragrande maggioranza dei metroidvania, l’avventura darà il meglio di sé se sviscerata nella sua interezza, cosa che suggeriamo di fare visto e considerato che di avventure di questo calibro – perlopiù dedicate a Samus Aran – non se ne ricevono di certo tutti i giorni. Metroid Dread è quindi un gioco assuefacente, sia per i veterani della serie rimasti a bocca asciutta da anni che anche per tutti coloro che si avvicinano allo storico franchise Nintendo per la prima volta. Bentornata, quindi, Samus. Con la speranza che non passino altri 20 anni prima di poterti rivedere in azione.