Quando Electronic Arts decise di dar forma al suo EA Originals, programma pensato per supportare sviluppatori indipendenti alle prese con videogiochi capaci di diversificarsi dalla massa, lo fece per due motivi specifici: arricchire la sua offerta con produzioni a loro modo uniche, e ripulire la propria immagine agli occhi dei giocatori dopo alcune scelte infelici ripetutesi nel corso degli anni. Se per quest’ultimo punto vi è ancora molta strada da fare, il primo obiettivo è invece stato centrato in pieno, con opere quali Sea of Solitude, It Takes Two e Unravel rivelatesi capaci d’ottenere il favore di critica e pubblico. Lost in Random si pone esattamente in questo gustoso insieme di produzioni, un’opera che nella sua unicità e grazie al supporto di EA punta a stregarci tutti in un viaggio indimenticabile di cui siamo ora pronti a parlarvi in questa nostra recensione. Se anche voi siete curiosi di scoprire quanto la creatura targata Zoink Games meriti la vostra attenzione, non dovete far altro che proseguire nella lettura.
Legami spezzati
In un lontano passato, il grande regno di Alea viveva in pace e prosperità, lì dove i dadomastri mettevano alla prova le proprie abilità in sfide particolarmente pericolose. I vincitori avrebbero ottenuto onore e rispetto oltre ogni immaginazione, mentre ai perdenti sarebbe spettata solo una tragica morte. Quell’epoca tanto splendente è però oramai giunta alla sua conclusione e anni di violente guerre interne hanno portato alla dipartita di tutti i dadomastri – e dei loro fidati dadi -, tra regni divisi dalla diffidenza e popoli che si leccano ancora le ferite. Solo la spaventosa regina di Alea può usare il suo mistico dado nero, il quale viene costantemente usato per gestire ognuna delle sei Terre che costituiscono il decadente Impero di Alea. Come se tutto questo non fosse già abbastanza, ben presto viene emanato un decreto reale che stravolge la vita di ogni abitante del regno. Ogni bambino che compie dodici anni dovrà tirare il dado della regina e il risultato ottenuto segnerà per sempre il suo destino, un destino che potrebbe costringere ad abbandonare famiglia e amici, un destino grazie al quale si potrebbe arrivare ai vertici della società o che potrebbe far finire nei più pericolosi dei bassifondi, un destino segnato unicamente dal caso.
Eppure quella che Even e Odd si ritrovano a giocare è una partita truccata, e quando Odd compie i fatidici 12 anni e lancia il dado della regina, questo le segna – contro ogni legge fisica – Sestin’Incanto, lì dove solo i più ricchi e fortunati possono vivere. Separata dalla sua amata sorella, Even si ritrova così a vivere il successivo anno tra incubi e sofferenza, almeno fino a quando uno strano fantasma appare innanzi al suo uscio della sua dimora, spingendola a iniziare un viaggio che i più definirebbero folle; percorrere tutti i regni di Alea per ritrovare Odd e riportarla a casa. Fortunatamente, però, la giovane non sarà sola nella suan ardua impresa, visto che ben presto la nostra piccola protagonista incontrerà Dicey, dado senziente dalle proprietà similari a quello posseduto dalla regina che senza troppi preamboli deciderà di aiutare Even nel suo arduo compito. Partendo da questo interessante incipit, Lost in Random mette in scena una sceneggiatura dai tratti fiabeschi ma particolarmente macabri, il tutto in un connubio particolarmente riuscito che ricorda molto da vicino l’espressione visiva e artistica di Tim Burton.
Vi è stata un’attenta e precisa costruzione del mondo di gioco che potesse rendere credibile, pur nella sua follia, quel concetto di casualità che sta alla base di tutto ciò che avviene ad Alea. Ogni regno appare così a suo modo unico e ogni personaggio si dimostra ben caratterizzato e contraddistinto da un azzeccato character design che conquista fin dal primo sguardo. Siamo rimasti affascinati dalle (lugubri) meraviglie che di volta in volta ci si sono parate innanzi, tra fasi più movimentate e altre più rilassate costellate d’idee a tratti geniali e soprattutto funzionali a un mondo ludico interamente basato sul semplice tiro di un dado. L’avventura di Zoink Games procede così speditamente nel corso delle circa 13 ore resesi necessarie per giungere ai titoli di coda, tra situazioni al limite del surreale e qualche azzeccato colpo di scena a condire il tutto, con giusto qualche momento di stanca che comincia ad avvertirsi prevalentemente nelle battute finali dell’avventura.
Il potere del caso
Da un punto di vista prettamente ludico, ci teniamo a precisare in sede di recensione che Lost in Random si divide tra fasi esplorative e di combattimento in maniera piuttosto marcata. Di base, ogni qualvolta che giungeremo in un nuovo regno, ci verrà data la possibilità di esplorare zone più o meno ampie in cui scoprire nuovi dettagli sul mondo di gioco, trovare collezionabili o in cui completare missioni secondarie di vario genere per ottenere qualche succosa ricompensa. Nulla di nuovo sotto il Sole, insomma, ma non preoccupatevi poiché è quando si va a vedere il combat-system che la situazione va a farsi particolarmente interessante. In-game sarà infatti nostro compito dar forma a un mazzo di carte da utilizzare in battaglia, lì dove ogni carta avrà i suoi effetti peculiari, tra pozioni curative, spade, archi, bombe e molto altro ancora. Raccogliendo dei particolari cristalli dai nemici potremo caricare l’energia di Dicey, così da poterlo utilizzare come un dado vero e proprio e dar vita allo scontro effettivo.
A seconda delle carte che avremo nella nostra mano e del risultato ottenuto con il lancio del dado, dovremo costruire la miglior strategia possibile per non soccombere al nemico. Come facilmente intuibile, una simile struttura ludica pone particolare attenzione alla fortuna, con situazioni dove potremmo ottenere la mano perfetta o, al contrario, ritrovarci con carte pessime o inutilizzabili poiché il lancio di Dicey ci ha fatto ottenere un numero basso. Detto questo, durante l’avventura potremo dar forma al nostro mazzo – composto da un massimo di quindici carte – scegliendo quali utilizzare tra quelle già in nostro possesso e quelle acquistabili con la valuta ottenibile in-game, il tutto al fine ultimo di dar forma a una nostra strategia che possa permetterci d’uscire d’impiccio da situazioni particolarmente complicate.
Quello che viene così concretizzandosi è un prodotto particolarmente divertente da affrontare, con una struttura solida e divertente dove, però, con il passare delle ore viene a farsi sentire una certa ripetitività di fondo. L’avventura infatti non è particolarmente difficile e la poca varietà di nemici che andrete affrontando lascia un po’ d’amaro in bocca, con il giocatore che conseguentemente sarà poco invogliato a modificare costantemente il suo deck, preferendo piuttosto puntare su una singola selezione di carte specifiche particolarmente potenti e utili. Ciò fa perdere un po’ di spessore al gameplay nel suo insieme, che soprattutto dalla seconda metà dell’avventura tenderà a riproporre spesso combattimenti molto simili tra loro e poco stimolanti. Più divertenti si sono invece rivelate le boss-fight che, seppur afflitte dalla stessa ripetitività di fondo dei combattimenti più classici, si caratterizzano per alcune simpatiche idee ludiche utili per rendere più unici tali scontri.
Una recensione videoludica non sarebbe però tale se non trattassimo nel dettaglio anche del comparto tecnico del prodotto esaminato, e in questo caso specifico non parlarvi della qualità visiva di Lost in Random sarebbe un vero delitto. La produzione mostra chiaramente tutti i limiti legati a un budget limitato, ma ciò che il titolo non ha potuto ottenere in termini di mera potenza viene compensato da un’incredibile direzione artistica rivelatasi capace di stupire a ogni scorcio. Ancora una volta, l’impronta citazionistica alle opere di Tim Burton è evidente fin dal primo sguardo, con uno stile che mescola sapientemente fantasy e grottesco in un mondo decadente, sproporzionato e volutamente caricaturale. L’azzeccata art direction ha contribuito alla messa in scena di un mondo magico ma al contempo oscuro, quasi opprimente, che non perde mai occasione di stupire con qualche scelta di stile a dir poco azzeccata. La magia di questo vasto universo narrativo resta intatta anche quando si guarda al contesto audio, caratterizzato da una colonna sonora incalzante e malinconica che va affiancandosi a un ottimo doppiaggio inglese con localizzazione dei testi in italiano.