Red Bow: Strange Dream Recensione, affrontare i propri fantasmi

Stranga Games propone una nuova versione rinnovata della sua avventura dinamica Red Bow, a 5 anni dall'uscita dell'originale. Pronti a tornare nel mondo dei sogni? Ecco la recensione

Alessandro Giovannini
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Alessandro Giovannini
Staff Writer
Cinema e videogiochi: le mie due più grandi passioni. Da bambino mi alzavo presto per giocare con il Sega Mega Drive II prima di andare a...
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RecensioniRed Bow: Strange Dream
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Red Bow copertina
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Red Bow: Strange Dream

In un’annata come quella attuale, in cui le produzioni AA e indie strappano premi alle major, gli occhi sono automaticamente puntati sui piccoli progetti videoludici, in cerca della next big thing che possa squassare il mercato. Tuttavia, indie significa anche qualcos’altro: la micro-produzione artigianale che vuol confezionare una breve esperienza ludica legata a una tematica particolare, a una singola meccanica di gameplay, senza l’ambizione di voler puntare alle stelle. Se è vero che la maggioranza dei videogiocatori sarà in cerca dell’esperienza videoludica totalizzante, è anche vero che una parte del pubblico apprezza le esperienze di nicchia, che magari si esauriscono in poche ore, offrendo al contempo spunti originali o narrazioni suggestive.

Stranga Games è un piccolo sviluppatore che opera proprio in questa nicchia. Si tratta di one-man team che dal 2016 pubblica piccole esperienze videoludiche su Itch.io, e da qualche tempo anche su Steam. La sua specialità sono le avventure in pixel art isometrica, pregne di atmosfera retrò che farà felici tutti i giocatori che si sono fatti le ossa su GameBoy e portatili affini. Nel 2020 Stranga diede alle stampe Red Bow, avventura dinamica avente per protagonista una bambina intrappolata in un loop onirico-spiritico, che doveva trovare il modo di tornare a casa risolvendo al contempo i problemi dei demoni in cui si imbatteva. La premessa narrativa intrigante e l’atmosfera suggestiva cozzavano con un’esecuzione tecnica altalenante e un finale fin troppo fulmineo.

A 5 anni di distanza, lo sviluppatore presenta ora Red Bow: Strange Dream, che non è un sequel né un reboot dell’originale; lo si potrebbe definire un reimagining, per usare un termine in voga negli ultimi tempi: una riproposizione del medesimo intreccio narrativo, corredato da un nuovo finale e da ulteriori passaggi esplicativi, oltre che un gameplay rivisitato nella struttura che aumenta la componente puzzle-solving. Il risultato è un gioco più compiuto dell’originale, pur rimanendo nel recinto di una micro-esperienza che si esaurisce in pochissimo tempo e non aggiunge granché al genere di appartenenza.

Prigionieri di un sogno

Roh si sveglia di soprassalto nella sua cameretta: è notte, fuori piove e lei si accorge che sua mamma non è in casa. Dove può essere andata a quest’ora? Aggirandosi per la casa vuota, nulla sembra fuori posto eppure tutto appare strano: la TV emana un bagliore blu continuo, il PC non si accende. Roh si arrischia ad aprire la porta di casa: magari mamma è dovuta uscire un attimo in giardino? Poi accade qualcosa di ancor più strano: la bambina si trova catapultata in una strada asfaltata in mezzo al bosco. Non ci sono macchine, né persone. In fondo alla strada, un dirupo senza fine. Sul ciglio del burrone, una strana figura le dà le spalle, immersa nella contemplazione di quello spazio infinito. Quando si volta a guardarla, Roh si trova a fissare una creatura ultraterrena, una sorta di demone in forma di serpente. Spaventoso di aspetto, certo, ma apparentemente innocuo. Anziché aggredire la piccola, il mostro si presenta e le chiede cosa ci faccia lì. Sembra pervaso dalla malinconia.

Roh ci mette poco a capire la situazione: durante il sonno ha finito misteriosamente per viaggiare nel mondo degli spiriti, una sorta di limbo fra la vita e la morte. Perché è finita lì? Come potrà uscirne? In quali spiriti si imbatterà? E chi è la misteriosa “madre” di cui tutti parlano? Possibile che si tratti proprio della mamma di Roh? Anche senza risposte, bisogna comunque proseguire.

Red bow fantasma

Red Bow: Strange Dream inizia così, senza tante spiegazioni: non resta che esplorare questo strano mondo di mezzo e fare la conoscenza dei suoi abitanti. Alcuni sono più socievoli, altri meno; nei casi peggiori sono apertamente ostili nei nostri confronti, D’altronde Roh è un’intrusa in un mondo che non è il suo. Ma siamo sicuri che sia il mondo adatto alle creature che lo popolano? Diventa ben presto evidente, infatti, che anche gli spiriti siano legati a questo limbo contro la loro volontà, tutti appesantiti da fardelli di varia natura, tutti in cerca di un modo per espiare le proprie colpe, o fare i conti con un trauma che ha segnato la loro esistenza: erano tutti umani una volta, ma per un motivo o per l’altro sono stati trasfigurati in demoni e costretti per sempre in questa intercapedine onirica tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Sarà proprio Roh, grazie alla sua gentilezza e bontà d’animo, ad aiutarli a fare i conti con il proprio passato e trovare finalmente una redenzione.

Il mondo di gioco è strutturato in tre scenari principali, più la casa di Roh che funge da hub centrale e punto di accesso tra di essi. Parlando con uno spirito guida, Roh può tornare a casa in qualsiasi momento, e da lì entrare in una qualsiasi delle location proposte: oltre alla strada nel bosco, vi è anche un negozio di cianfrusaglie dall’architettura asiatica con annesso sistema fognario sottostante, e un molo diroccato con una nave in condizioni assai precarie. Ciascuno di questi tre ambienti ha il suo demone principale, più alcuni comprimari. Lo scopo ultimo dell’avventura è esaudire le richieste dei tre demoni per ottenere l’accesso al Faro, il misterioso edificio dove pare risieda la Madre.

red bow strange dream casa di Roh

Il limite principale di questo level design è la sua eccessiva frammentazione: gli scenari sono piccolissimi, limitati a poche schermate; nonostante questo, passare da una all’altra richiede delle micro-transizioni, che ci troveremo a fare di continuo. Il gioco infatti è costruito con l’idea di impegnare il giocatore in un continuo back-and-forth tra gli scenari, racimolando oggetti utili negli uni per avanzare nell’esplorazione degli altri. Il sistema è ulteriormente rallentato dalla necessità forzosa di dover ripassare continuamente dall’hub, senza potersi trasportare direttamente allo scenario di nostro interesse, aggiungendo movimenti e transizioni totalmente inutili allo scopo. Sebbene l’andirivieni concorra in effetti a farci sentire prigionieri del sogno in cui Roh è intrappolata, si tratta indubbiamente di una limitazione non entusiasmante per il giocatore. In questo senso, la brevità dell’esperienza è un punto a favore: Red Bow: Strange Dream richiede meno di due ore per essere completato, perciò finisce appena prima di frustrarvi con la sua navigabilità macchinosa.

Punta-e-parla

Essenzialmente Red Bow: Strange Dream è un punta-e-clicca, anche se le meccaniche tipiche di questo genere sono scarne. Vero, dobbiamo esplorare gli ambienti alla ricerca di oggetti che andranno a rimpolpare il nostro inventario, per poi utilizzarli al momento opportuno. Tuttavia, non abbiamo comandi di interazione ambientale: scordatevi i classici “esamina”, “raccogli” eccetera. Dovremo invece premere alla cieca, sperando di trovare un elemento interagibile dello scenario. Se alcune istanze sono ovvie in base alle informazioni raccolte, in altri casi non sarà evidente cosa ci possa servire e cosa no, col risultato di poterci trovare a premere un po’ a casaccio nella speranza di trovare l’oggetto che ci serve. Anche in questo caso si tratta di un problema-non-problema, in virtù dell’esiguità degli ambienti che ci porteranno alla soluzione sempre abbastanza velocemente. Tuttavia non lo si può certo definire un design brillante.

La dinamica esplorativa si sostanzia quindi di queste limitate interazioni ambientali, più azioni occasionali come spingere una cassa o salire su una scaletta. Il nostro inventario sarà sempre consultabile, ma non potremo mai combinare gli oggetti in nostro possesso, né provare ad usarli liberamente: Roh utilizzerà automaticamente l’oggetto giusto al momento giusto, ovviamente a patto di averlo trovato.

Red bow dialogo

La maggior parte degli indizi su cosa fare per procedere nell’avventura proviene dai dialoghi: è parlando con i fantasmi che Roh entra in comunione con le loro storie e necessità, e saranno proprio gli spiriti a indirizzarci verso la prossima azione da compiere, il prossimo oggetto da trovare, la prossima sfida da vincere. Il gioco non presenta un grado di sfida elevato poiché ha l’andamento di un’avventura narrativa. Ho trovato una sola possibile istanza di game over, cioè un caso in cui Roh viene effettivamente uccisa da un demone e tocca ricaricare la partita. Per il resto invece non dovremo mai preoccuparci di rischiare il fallimento o di rimanere bloccati: gli enigmi si risolvono tutti in modo univoco, e sebbene si possa affrontare l’avventura in qualsiasi ordine, la maggior parte degli eventi seguirà un andamento consequenziale, specialmente per quanto riguarda la prima e l’ultima mezz’ora di gioco.

Dal punto di vista tecnico il gioco si segnala per una gradevole grafica in pixel art, che grazie a illuminazioni pulsanti e colori vivaci conferisce agli ambienti la giusta personalità, con un’atmosfera sospesa genuinamente onirica. Pregevole anche la colonna sonora, che pur nella sua essenzialità riesce a confezionare 3 brevi temi, diversi per ogni scenario, che fungono da piacevole controparte sonora. L’assenza di qualsivoglia opzione grafica, d’altro canto, è un limite non indifferente (non esiste nemmeno l’opzione per l’esecuzione a schermo intero) e, ultimo ma non ultimo, va segnalata la presenza di alcuni occasionali problemi, da rari sfarfallamenti grafici fino a un errore game-breaking che mi ha reso impossibile proseguire nell’avventura – fortunatamente avevo più file di salvataggio. Da un’esperienza videoludica così compatta, ci si aspetterebbe una pulizia maggiore, da questo punto di vista confido in aggiornamenti correttivi nelle prossime settimane.

Red Bow copertina
Red Bow: Strange Dream
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Cinema e videogiochi: le mie due più grandi passioni. Da bambino mi alzavo presto per giocare con il Sega Mega Drive II prima di andare a scuola; al pomeriggio guardavo Terminator 2 fino a consumare il nastro della VHS; di sera mi cimentavo nelle avventure grafiche di Lucas Arts sul glorioso PC con Windows 95. Poi sono venuti gli studi e la laurea in cinema oltre al lavoro come videomaker freelance. In tutto ciò non ho mai abbandonato il gaming, che ho combinato con la mia passione per la scrittura e il mio approccio analitico.