Dreams of Another Recensione, non c’è distruzione senza creazione

Analizziamo insieme con questa recensione Dreams of Another, peculiare videogioco che utilizza le armi non per distruggere, ma per creare.

Paolo Saccuzzo
Di
Paolo Saccuzzo
Staff Writer
Laureato in Lettere Moderne e in Comunicazione della e Cultura dello Spettacolo, da sempre appassionato di tutto ciò che concerne l'intrattenimento in tutte le sue forme,...
- Staff Writer
Recensioni
Lettura da 10 minuti
Dreams of Another recensione
7.5 Buono
Dreams of Another

Ci sono giochi che si limitano a intrattenere, altri che cercano di raccontare una storia, e poi ci sono opere come Dreams of Another, che tentano qualcosa di più ambizioso: tradurre il linguaggio dei sogni in forma interattiva. L’ultima creazione di Baiyon, artista e musicista giapponese, è un viaggio onirico e metafisico dove le armi non servono a uccidere ma a generare vita, e dove la logica si piega alle regole del subconscio. Un titolo che fonde arte, filosofia e gameplay sperimentale in un’esperienza affascinante, anche se non priva di imperfezioni.

Non c’è creazione senza distruzione

La storia di Dreams of Another si apre sul campo di battaglia, dove un soldato esitante – noto come “Soldato Errante” – fallisce nel suo compito più elementare: premere il grilletto. Schiacciato dal peso dei propri demoni interiori, cade vittima del nemico nei primi minuti di gioco. Tuttavia, la sua morte è solo l’inizio. La sua coscienza, ormai sciolta dai vincoli terreni, torna nel mondo dei sogni come guida spirituale di un altro protagonista: l’enigmatico Uomo in Pigiama. Quest’ultimo, immerso in un torpore profondo, viene catapultato in una serie di sogni frammentati, ognuno popolato da simboli, oggetti e figure che incarnano paure, rimorsi e desideri dimenticati.

Insieme, i due percorreranno un cammino di redenzione reciproca. Il soldato, che in vita si era sentito inutile e incapace di proteggere chi amava, trova un nuovo scopo aiutando l’Uomo in Pigiama a superare i propri traumi. Quest’ultimo, invece, scopre come la distruzione possa essere un atto di liberazione. Il titolo gioca continuamente con la dualità di vita e morte, sogno e realtà, distruzione e creazione, costruendo una narrazione simbolica e volutamente ambigua, più da interpretare che da comprendere.

Dreams of Another recensione 2

Il cuore concettuale di Dreams of Another è racchiuso nel motto “No Creation Without Destruction”, come da titolo. Ogni livello inizia come un ammasso di particelle fluttuanti, un mondo indistinto che prende forma solo quando il giocatore spara contro le sfere di luce sospese nell’aria. Ogni colpo di mitragliatrice, ogni esplosione di granata contribuisce a “costruire” la realtà circostante, rivelando paesaggi, oggetti e personaggi nascosti. L’idea è tanto brillante quanto poetica: trasformare un gesto tipicamente distruttivo – l’uso delle armi – in un atto di creazione. Tuttavia, la ripetitività di questo concept emerge presto. Dopo i primi momenti di meraviglia, la meccanica perde rapidamente freschezza, trasformandosi in un rituale meccanico che ricorda più un “gratta e vinci visivo”.

Durante l’esplorazione, l’Uomo in Pigiama avrà modo di interagire con vari oggetti dotati di coscienza: una panchina felice di offrire riposo, una porta malinconica perché nessuno la apre più, una talpa filosofa che sogna di suonare una campana. Ogni incontro è un frammento di sogno, un piccolo racconto che si intreccia agli altri per formare un mosaico surreale sul significato dell’esistenza. Il Soldato Errante, oltre a fungere da guida, scambia con il giocatore piccoli oggetti trovati nel mondo di gioco in cambio di potenziamenti come granate, scatti o nuove abilità. Questi momenti di baratto introducono una sottile componente gestionale, utile per variare il ritmo dell’avventura, anche se non sempre bilanciata.

Le fasi di shooting e le “boss fight” – se così si possono chiamare – rappresentano l’aspetto più tradizionale del gameplay, ma anche quello meno riuscito. I nemici sono più simbolici che pericolosi: enormi ruote panoramiche, tombini animati, oggetti fluttuanti. Gli scontri si risolvono con semplici pattern di movimento e raramente trasmettono tensione. È chiaro che Dreams of Another non voglia essere un action nel senso classico del termine, ma un’esperienza più contemplativa, dove anche il combattimento diventa una metafora.

Un’opera molto teorica, ma poco pratica

Dove il titolo di Baiyon raggiunge la piena ispirazione è nella direzione artistica. Il mondo di Dreams of Another sembra letteralmente dipinto ad acquerello: contorni sfumati, texture delicate, colori che si dissolvono nell’aria come pigmenti sospesi nell’acqua. Le ambientazioni passano da una cittadina mediterranea a un parco giochi distorto, fino a fondali marini e spazi astratti. Ogni livello rappresenta una porzione di sogno diversa, coerente con la sua natura imprevedibile. Questo stile visivo, volutamente imperfetto e indefinito, contribuisce a creare una sensazione costante di disorientamento, come se il giocatore si muovesse dentro un sogno lucido che rischia di svanire da un momento all’altro. È una scelta coraggiosa e coerente con l’atmosfera del titolo, capace di compensare le lacune tecniche con una forte personalità estetica.

Non sorprende poi che uno degli aspetti più riusciti dell’opera sia la colonna sonora, curata personalmente da Baiyon. La musica è parte integrante dell’esperienza: non accompagna semplicemente, ma definisce il tono emotivo di ogni sequenza. Le tracce alternano melodie ambient a momenti di dissonanza elettronica, passando da ritmi tribali a brevi frammenti circensi, quasi disturbanti. Il risultato è un tappeto sonoro che rispecchia la natura instabile e imprevedibile del sogno. Alcune sezioni sono talmente evocative da spingere il giocatore a fermarsi, solo per ascoltare. È raro che una colonna sonora riesca a comunicare così efficacemente uno stato mentale, ma qui la musica è davvero la voce del subconscio.

Dreams of Another include anche una modalità per PlayStation VR2, pensata per immergere ulteriormente il giocatore nel suo universo onirico. L’esperimento, pur apprezzabile, non raggiunge però il suo pieno potenziale, questo anche a causa del sistema di tracciamento dei movimenti il quale non sempre risponde in modo naturale. Nonostante ciò, esplorare i sogni con il visore restituisce un fascino unico: camminare in questi paesaggi irreali in prima persona accentua il senso di straniamento e rende palpabile la fragilità del sogno stesso. Dal punto di vista tecnico, il gioco non punta sulla potenza grafica ma sull’atmosfera. I modelli sono semplici, i movimenti lenti e le animazioni talvolta rigide. Tuttavia, la scelta estetica maschera bene le limitazioni, e il risultato è comunque fluido anche su hardware meno recenti.

Sotto la superficie di un action surreale, Dreams of Another nasconde una riflessione profonda sull’esistenza e sull’arte stessa del creare. Il motto “No Creation Without Destruction” diventa un principio spirituale: per costruire qualcosa di nuovo bisogna prima accettare la perdita, demolire le certezze, abbandonare ciò che si conosce. Il gioco invita a una lettura personale: per alcuni sarà una meditazione sulla morte e sulla memoria, per altri una critica alla società moderna, dove la violenza è spesso confusa con il potere di costruire ordine. In ogni caso, Baiyon riesce a proporre una visione coerente, intima e universale allo stesso tempo. Le conversazioni con gli oggetti, per quanto bizzarre, toccano temi reali: la solitudine, l’oblio, il tempo che corrode ogni cosa. A seconda dello stato d’animo del giocatore, alcune frasi possono colpire nel profondo o passare inosservate. È una delle grandi forze di Dreams of Another: non impone significati, ma li suggerisce, lasciando che ognuno trovi il proprio.

Nonostante la sua forza poetica, Dreams of Another soffre di diversi problemi strutturali. Il ritmo è diseguale: i frequenti ritorni al menu principale interrompono l’immersione, per quanto coerenti con il concetto di “risveglio dal sogno”, e la lentezza generale delle animazioni penalizza in parte l’esperienza. Le interazioni con gli NPC, seppur interessanti a livello concettuale, diventano ripetitive, e la mancanza di veri obiettivi concreti può lasciare disorientati i giocatori più tradizionali. Allo stesso modo, le sezioni di shooting, pur simboliche, mancano di profondità ludica. Dopo alcune ore, la meccanica del “spara per creare” rischia di trasformarsi in un compito monotono. Si tratta di un titolo che brilla quando invita a riflettere, non quando chiede di agire.

Dreams of Another, in definitiva, non è un gioco per tutti. È un esperimento artistico travestito da sparatutto, un viaggio contemplativo più che un’avventura da vivere con adrenalina. Ma è proprio in questa sua diversità che risiede il fascino più grande. Tra visioni acquerellate, dialoghi surreali e musica che sembra provenire da un sogno condiviso, Baiyon costruisce un’opera che unisce l’arte e il videogioco, ricordandoci che anche un proiettile può generare bellezza, e che distruggere, a volte, è solo un altro modo di ricominciare. Nonostante i suoi difetti tecnici e la ripetitività del gameplay, Dreams of Another rimane una delle esperienze più singolari e poetiche degli ultimi anni. Un titolo capace di lasciare addosso una sottile malinconia, come quando ci si sveglia da un sogno che non si vorrebbe dimenticare.

Dreams of Another recensione
Dreams of Another
Buono 7.5
Voto 7.5
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Staff Writer
Laureato in Lettere Moderne e in Comunicazione della e Cultura dello Spettacolo, da sempre appassionato di tutto ciò che concerne l'intrattenimento in tutte le sue forme, dal cinema alle serie TV, dai fumetti alla musica, fino ad arrivare ai videogiochi. Amante del mondo Sony, è però cresciuto con i classici Nintendo, nello specifico Super Mario 64 e The Legend of Zelda: Ocarina of Time.