Ghost of Yotei Recensione, un viaggio di vendetta tra poesia e paesaggi di Hokkaido

A cinque anni da Ghost of Tsushima, arriva una nuova avventura spiritualmente collegata: Atsu e il Monte Yotei ci accompagnano tra sangue e poesia. Ecco la recensione di Ghost of Yotei.

Simone Lelli
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Simone Lelli
Editor in Chief
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri...
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Recensioni
Lettura da 8 minuti
8.5 Ottimo
Ghost of Yotei

Cinque anni dopo l’uscita di Ghost of Tsushima, titolo che aveva saputo conquistare critica e pubblico con un mix di gameplay solido e una direzione artistica straordinaria, arriva Ghost of Yotei. Pur appartenendo allo stesso filone, il gioco non è un seguito diretto: è un’opera che prende ispirazione dalle basi poste dal predecessore, ma sceglie una nuova strada narrativa, un nuovo territorio da esplorare e una protagonista inedita.

Se in Tsushima la vicenda di Jin Sakai era legata a un conflitto tra fazioni, tra invasori e difensori della propria terra, qui ci troviamo di fronte a una storia più personale, intima e al tempo stesso brutale. L’ambientazione si sposta a Ezo, la moderna Hokkaido, e il leggendario Monte Yotei diventa il simbolo del percorso della protagonista. L’epicità delle battaglie si intreccia a un cammino di vendetta, con meno legami alle dinamiche politiche e più attenzione ai demoni interiori.

Atsu, una protagonista diversa

La nuova protagonista, Atsu, è doppiata e interpretata in inglese da Erika Ishii, già apprezzata in numerosi ruoli nel panorama videoludico e televisivo. La sua interpretazione riesce a dare vita a un personaggio complesso, che non si limita a seguire la via del guerriero, ma porta con sé il peso di un trauma passato.

Senza entrare nello spoiler, l’obiettivo di Atsu è chiaro fin dall’inizio: vendicarsi delle persone collegate al più grande dolore della sua vita. Un percorso che la porterà a inseguire i suoi obiettivi in tutta Ezo, affrontando nemici che non sono semplici ostacoli ma figure caratterizzate, con motivazioni e personalità riconoscibili.

Il parallelismo con Jin è inevitabile: entrambi percorrono la strada della vendetta, ma Atsu lo fa in modo diverso, meno legato a una terra o a un clan, e più concentrata su un cammino personale che la definisce come individuo. Il risultato è un personaggio con cui è facile empatizzare, capace di rendere l’avventura un’esperienza intima e coinvolgente.

Narrazione e regia di alto livello

La storia di Ghost of Yotei è meno legata alle fazioni e alle regioni, ma non per questo meno intensa. L’elemento della vendetta personale viene arricchito da un continuo gioco tra realtà e mitologia, mantenendo quel confine sfumato che già aveva caratterizzato Ghost of Tsushima. Atsu, come Jin, diventa un “fantasma”, una figura a metà tra leggenda e carne, sospesa tra il mondo tangibile e quello delle credenze popolari.

Abbiamo scelto di giocare con doppiaggio giapponese e sottotitoli italiani, per mantenere la sensazione di autenticità, e possiamo confermare che la qualità del doppiaggio è eccezionale. Lo stesso vale per il doppiaggio italiano, sorprendentemente curato e in grado di reggere il confronto con quello originale.

La scelta registica è di qualità, e si vede non solo nella fotografia ma anche nella costruzione delle scene più importanti. Ogni combattimento, ogni incontro chiave, ogni flashback è pensato per rafforzare la caratterizzazione della protagonista e dei nemici. Questi ultimi non sono mai semplici “boss di fine livello”: ciascuno ha un volto, una voce, una storia che emerge attraverso scene ben scritte, con flashback che contestualizzano il loro rapporto con Atsu e il trauma che l’ha segnata.

Gameplay tra tradizione e caos

Dal punto di vista del gameplay, Ghost of Yotei mantiene gran parte della struttura che aveva reso popolare Ghost of Tsushima. Il sistema di combattimento permette di attaccare, parare e sbilanciare i nemici, sfruttando armi principali ma anche oggetti raccolti sul campo da usare come strumenti o armi improvvisate.

La novità principale sta nella maggiore tecnica richiesta in ogni singolo duello. Gli scontri sono meno automatici e più ragionati: il giocatore deve saper leggere i movimenti degli avversari, adattare lo stile di combattimento e sfruttare le aperture al momento giusto. Questo rende ogni battaglia gratificante, ma anche più impegnativa.

Il rovescio della medaglia è che, con più nemici a schermo, gli scontri diventano a volte caotici, al punto che distinguere le azioni dei vari avversari non è sempre semplice. La telecamera, già uno dei punti critici di Tsushima, è stata migliorata ma non del tutto risolta: in certe situazioni risulta ancora un ostacolo, soprattutto quando ci si trova circondati.

Open world e contenuti secondari

La struttura dell’open world segue quella già nota: una campagna principale ben scritta, circondata da missioni secondarie e attività collaterali. Come spesso accade, queste ultime non brillano per varietà: si tratta perlopiù di compiti funzionali a riempire la mappa, più che a espandere la narrazione.

È un problema ricorrente nel genere open world e Ghost of Yotei non riesce a sfuggirne completamente. Alcune missioni secondarie arricchiscono la conoscenza dei personaggi o del mondo, ma altre sembrano esistere solo per allungare la longevità. Fortunatamente, la storia principale è abbastanza solida da tenere alta la motivazione del giocatore, e l’ambientazione così curata riesce a mitigare il senso di ripetitività.

Un quadro in movimento

Uno dei punti di forza più indiscussi è la direzione artistica. Giocare a Ghost of Yotei significa immergersi in un quadro vivente, in cui ogni colore, ogni fiore, ogni petalo in aria contribuisce a un’atmosfera poetica. Le pianure fiorite, i sentieri di montagna e le distese innevate di Hokkaido regalano momenti di pura contemplazione, rendendo l’esplorazione un piacere a sé stante.

Il comparto tecnico supporta questa visione con paesaggi dettagliati e un uso del colore che non è mai casuale. Certo, alcune animazioni restano un po’ legnose, e ci sono momenti in cui il realismo lascia spazio a una messa in scena più teatrale. Ma in un’opera che punta tanto sull’impatto visivo, queste piccole imperfezioni finiscono per passare in secondo piano.

La colonna sonora accompagna ogni momento con coerenza. Strumenti tradizionali giapponesi si mescolano a composizioni più moderne, creando un tappeto musicale che esalta tanto i momenti di calma quanto quelli di tensione. È una musica che non invade, ma amplifica, e che contribuisce a rendere memorabile ogni sequenza.

Un “more of the same” di qualità

Molti definiranno Ghost of Yotei come un “more of the same”, e in parte è vero. Il gioco non rivoluziona la formula, ma la ripropone con un nuovo contesto, una nuova protagonista e qualche raffinamento tecnico. Per alcuni questo potrà sembrare un limite, per altri sarà la conferma di una formula che funziona.

La narrativa di Atsu, pur basandosi su uno schema già visto (il viaggio di vendetta) riesce comunque a mantenere vivo l’interesse. Non tutto è originale, ma tutto è raccontato con cura e qualità. È un titolo che non mira a sorprendere con innovazioni, ma a consolidare un universo narrativo che ha ancora molto da raccontare.

Ghost of Yotei
Ottimo 8.5
Voto 8.5
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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.