Soul Calibur VI è il nuovo capitolo di una saga storica che affonda le sue radici direttamente alla base del console gaming: Soul Blade fu la prima incarnazione del brand, titolo ormai leggendario con un Voldo davvero suggestivo. Ad oggi le cose sono cambiate: solo una lunga sessione in compagnia degli eroi di sempre potrà dirci se in meglio o in peggio. Abbiamo passato diverse ore nelle lande del titolo e questo è il risultato.
Storia di fine ‘500
Avviato Soul Calibur VI, assistiamo ad un filmato introduttivo che riassume la storia fino ad ora, partendo dal pirata Cervantes che ottenne la malvagia spada Soul Edge e siccome la lama del male può adattarsi al suo portatore, quest’ultima si separò in due, permettendo al pirata di seminare dolore e morte in tutto il globo. Una guerriera greca di nome Sophitia, protetta dal potere del dio Efesto, riuscì a sconfiggere Cervantes anche grazie all’aiuto della guerriera giapponese Taki. Una delle due spade venne distruttam mentre l’altra venne data per dispersa fino ad esser ritrovata da un cavaliere perso in se stesso, Sigfried, che venne consumato dall’arma maligna, dando vita al peggiore dei mali del mondo: Nightmare. La storia del sesto capitolo si svolge pochi anni dopo questi eventi, nel 1583 per l’esattezza. Senza svelarvi nulla circa la trama principale, possiamo dirvi che il protagonista di questa avventura sarà il cinese Kilik aiutato da due amici, Xianghua e Maxi. A livello pratico la storia è un pretesto, parte bene con un riassunto coinvolgente ma purtroppo si perde in una miriade di chiacchiere inutili che frenano in modo costante l’azione, che dovrebbe essere il perno fondamentale di un gioco picchiaduro. Dopo una ventina di capitoli la storia principale si potrà dire conclusa, mentre potrete riprendere le singole avventure dei personaggi incontrati nel corso del viaggio di Kilik, tra cui anche quella dello Strigo di The Witcher, che andremo ad analizzare tra poco.
Lo Strigo e i piani alternativi
Ebbene si, Geralt di Rivia si ritrova suo malgrado a percorrere le strade infestate dalla malvagità della Soul Edge che ha fatto impazzire non poche persone. Tra uno scontro e l’altro, il Witcher arriverà ad incontrare alcuni dei personaggi principali della saga, affrontandoli con lo stile che tutti gli avventurieri che hanno vissuto le avventure di Geralt riconosceranno bene. Combattere con lo Strigo si rivelerà semplice ed intuitivo, forte anche delle magie che potrà compiere come abilità.
Passando da Geralt al gameplay in generale, possiamo dire che il titolo si divide in due modalità principali: la storia – che abbiamo affrontato nel paragrafo precedente – e la Bilancia dell’Anima, che vi permetterà di creare un personaggio a vostro piacimento scegliendo razza, forma, colore e stile di combattimento; una volta completata l’operazione base inizierà un viaggio che vi porterà a scegliere se propendere verso una luce positiva o sprofondare nella malvagità, guadagnando di volta in volta oggetti e soldi da spendere per ampliare il vostro equipaggiamento. Sebbene la modalità si riveli interessante in un primo momento, pian piano che giocherete vi renderete conto di quanto il gameplay risulti lento e noioso: i combattimenti saranno poco frequenti mentre sarà molto presente una meccanica ruolistica in cui avrete dialoghi a scelta multipla con i personaggi che vi accompagneranno in questa avventura. Tra i tanti troverete Zasalamel, che vi farà da Cicerone nei vari spostamenti che farete sulla mappa.
Non esiste picchiaduro senza meccaniche di combattimento adrenaliniche, e in questa iterazione di Soul Calibur trovano spazio alcune davvero ben congegnate. Mentre combatteremo con il nemico potremo incrociare le nostre armi con l’avversario, producendo una scintilla che non assegnerà alcun danno a nessuno dei due ma che smorzerà una combo in caso l’avversario fosse nel pieno di una sequenza di colpi. E’ presente anche una sorta di quicktime event che si attiverà colpendo il nemico con un attacco caricato corrispondente al tasto R1 (su PlayStation 4, mentre sarà RB su Xbox One): fatto partire questo input, dovrete premere un tasto a scelta che farà muovere il vostro personaggio contro il nemico, portando ad attacchi molto potenti o a schivate (o counter) capaci di ribaltare il match oppure di portare lo scontro in stallo, producendo un colpo di incontro che non farà altro che accrescere il potere di entrambi i contendenti che ripeteranno la scena fino al risultato positivo di uno dei due. Non mancano le mosse finali che, sebbene risultino imparabili nella maggior parte dei casi, sono schivabili e potranno essere interrotte se riuscirete a colpire il vostro nemico prima della partenza della mini cutscene, portando anche alla perdita dell’energia spesa per la super mossa. L’energia della super può tuttavia essere usata anche per potenziare i propri attacchi normali per un periodo di tempo limitato.
Soul Conclusion
Il risultato finale di questo capitolo di Soul Calibur VI non è molto convincente: da un lato abbiamo un ottimo gameplay, che risulterà castrato nella modalità single-player dalle continue chiacchiere che altro non faranno che bloccare l’azione e rendere frustrante quel tipo di esperienza. Esteticamente il gioco è ben lontano dai dettagli e dalla cura che il quarto capitolo della saga, sebbene si trovi ormai su vecchia generazione, proponeva: scenari perennemente in ombra o sfocati, nessuna interazione con l’ambiente circostante, danni ad armature o ai personaggi non visibili. La sensazione generale è che si siano soffermati alla bellezza dei personaggi, tralasciando terreno e scenario, un vero peccato data la storica spettacolarità che la saga proponeva. Insomma, molte cose in Soul Calibur VI sembrano lasciate al caso, denotando una scarsa cura nei dettagli. Nota positiva è la longevità che comunque non manca grazie la multiplayer e alla possibilità di giocare con i differenti stili di combattimento dei vari personaggi, che sebbene non sono cambiati in meglio, quantomeno non sono peggiorati, il che rende il titolo valido sotto il punto di vista del picchiaduro competitivo ma assolutamente lontano da un’esperienza eterogenea soddisfacente come diversamente accadeva in passato.