C’era un tempo in cui il solo nominare Final Fantasy VII evocava ricordi di pixel sgranati, fondali pre-renderizzati e un comparto narrativo capace di spezzare il cuore. Era un’epoca in cui l’immaginazione suppliva ai limiti tecnici, e bastava la silhouette stilizzata di Cloud a evocare interi mondi. Poi è arrivato Final Fantasy VII Remake, una reinterpretazione moderna che ha acceso discussioni accese, spaccando il pubblico tra i puristi, affezionati alla fedeltà dell’originale, e coloro che hanno accolto a braccia aperte le novità. Ora, con Final Fantasy VII Rebirth finalmente sbarcato su PC dopo l’esclusiva su console, Square Enix prosegue nella sua ambiziosa opera di reimmaginazione, offrendo un’esperienza ancora più raffinata, profonda e tecnicamente impressionante. Ma il passaggio alla piattaforma PC ha portato solo benefici, o nasconde qualche insidia dietro l’angolo?
Un mondo straordinario, ancora più vivido
Final Fantasy VII Rebirth non si limita a riproporre ciò che già avevamo visto nel primo capitolo del progetto, ma espande l’universo narrativo e ludico in modo esponenziale. Se Remake era quasi interamente confinato nelle strade grigie e soffocanti di Midgar, qui ci troviamo davanti a un mondo aperto, ricco, esplorabile, e vivo come non mai. Ogni area trasmette un senso di identità unico: dai campi erbosi che si perdono all’orizzonte alle caverne più oscure e anguste, il mondo di gioco è una sinfonia visiva che trova il suo massimo splendore proprio grazie alla potenza offerta dai moderni hardware PC.
Le texture ad alta risoluzione, i dettagli ambientali minuziosi e una palette cromatica che gioca sapientemente con luci e ombre fanno sì che ogni scorcio sembri un dipinto in movimento. L’illuminazione dinamica, già ottima su PS5, qui si arricchisce ulteriormente grazie a opzioni grafiche avanzate: ray tracing, ombre più definite, riflessi più realistici. Il risultato è un mondo che non solo si guarda, ma si respira.
Dal punto di vista tecnico, il gioco dimostra una muscolatura notevole. Su configurazioni di fascia alta, Rebirth è in grado di girare in 4K con frame rate sbloccato, offrendo un’esperienza fluida e spettacolare, perfetta per chi vuole il massimo in termini di performance e qualità visiva. Tuttavia, non tutto è impeccabile: in alcune aree si notano sporadici micro-stuttering e qualche rallentamento in fase di caricamento, specialmente durante il passaggio da una regione all’altra. Nulla che rovini seriamente l’esperienza, ma in un titolo di questa portata e budget, la perfezione era lecito aspettarsela.

Il sistema di combattimento: un’evoluzione perfetta
Uno degli elementi più apprezzati di Final Fantasy VII Remake era il suo sistema di combattimento, che riusciva a fondere in maniera sorprendente l’azione in tempo reale con la gestione strategica delle abilità e delle materie. Rebirth prende quella formula vincente e la porta a un nuovo livello di raffinatezza.
Ogni membro del party ha un’identità ludica ben definita: Tifa è veloce e letale nei combattimenti ravvicinati, Barret domina le distanze, Aerith incanala magia e supporto, mentre Cloud continua a essere l’equilibrio perfetto tra potenza e versatilità. La possibilità di passare da un personaggio all’altro in tempo reale consente di creare combo devastanti, mentre le nuove tecniche di sinergia, chiamate “Abilità Combinate”, introducono mosse spettacolari eseguibili da due personaggi insieme, aggiungendo un ulteriore strato strategico.
Le nuove Materia e la possibilità di personalizzare l’equipaggiamento in modo ancora più profondo arricchiscono la componente RPG del gioco, permettendo ai giocatori di plasmare il proprio stile in base alle preferenze. I boss, dal canto loro, rappresentano il culmine di tutto questo lavoro: ogni scontro è un crescendo di tensione, ritmo e spettacolo. Non si tratta solo di sconfiggere nemici forti, ma di vivere veri e propri eventi scenici coreografati alla perfezione, con musiche orchestrali e colpi di scena continui.
Una storia che continua a sorprendere
Sul piano narrativo, Rebirth continua il discorso già avviato in Remake: non siamo più di fronte a una semplice riproposizione della trama del 1997, ma a una reinterpretazione moderna, più complessa, più ambiziosa. La sceneggiatura si prende molte libertà, introducendo nuovi personaggi, approfondendo eventi che nell’originale erano appena accennati, e, soprattutto, rimescolando le carte del destino.

Il lavoro di scrittura è impressionante: ogni personaggio ha un arco narrativo ben delineato, i dialoghi sono intensi e credibili, e il modo in cui le relazioni evolvono nel tempo contribuisce a creare un forte senso di immersione. La chimica tra Cloud, Tifa, Aerith, Barret e Red XIII è palpabile, e il gioco non ha paura di rallentare il ritmo per concedere momenti di introspezione e crescita.
Ma è proprio questo aspetto a rischiare di dividere nuovamente i fan. Chi si aspetta una ricostruzione pedissequa della storia originale potrebbe restare spiazzato dalle deviazioni e dai nuovi misteri introdotti. Square Enix ha chiaramente scelto di non accontentarsi di omaggiare il passato, ma di proporre una visione nuova, più matura e coraggiosa. Una scelta che potrà entusiasmare chi cerca sorprese e nuovi stimoli, ma che potrebbe deludere i nostalgici più puri.
Ottimo lavoro su PC, con qualche ombra
Nel complesso, Final Fantasy VII Rebirth su PC è un’esperienza imperdibile per ogni amante dei giochi di ruolo e, ovviamente, per i fan della saga. Il porting su questa piattaforma non è solo un’operazione commerciale, ma un’occasione per spingere ulteriormente i confini tecnici e artistici del progetto. Il gioco si presenta con una qualità visiva che può raggiungere vette sbalorditive, e con opzioni di personalizzazione grafica che permettono agli utenti di cucire su misura la propria esperienza.
I piccoli difetti tecnici, seppur presenti, non inficiano in modo significativo la qualità complessiva del titolo. L’unico vero “rischio” è quello narrativo: abbracciare questa nuova visione richiede apertura mentale e voglia di mettersi in gioco, di accettare che ciò che conoscevamo potrebbe cambiare. Ma chi sarà disposto a compiere questo salto di fede, troverà davanti a sé un’opera che, pur rispettando il passato, guarda con decisione al futuro.
