Le frasi che seguono riassumono l’incipit di Hollow Knight, la nuova fatica del Team Cherry per PC e Nintendo Switch.
Sotto la città in declino di Dirthmount riposa un antico regno in rovina. Molti sono attirati sotto la superficie, in cerca di ricchezza, gloria o risposte ad antichi segreti.
Lo scheletro di questo indie, è quello di in un action 2D che si rifà estremamente al filone metroidvania. Le avventure del nostro protagonista si snodano attraverso una mappa vasta e complessa, ricca di interconnessioni tra le sue diverse componenti.
Punto centrale della nostra avventura, nonché vero e proprio hub del gioco, è la città di Dirthmouth. Della prosperosa città rimane poco e niente, visto che i suoi abitanti progressivamente non hanno resistito all’attrattiva del mistero e delle opportunità che si trovavano sotto i loro piedi. Il nostro protagonista pur essendo un forestiero non sarà immune al richiamo del regno sotterraneo in rovina.
Nostro sarà l’onere di far tornare in funzione alcuni degli edifici cittadini grazie alle nostre peregrinazioni ed ottenendo nel mentre nuove funzioni dal Hub. Ciò che inizialmente era solo il primo checkpoint del gioco, si trasforma presto in una risorsa per l’acquisto di oggetti e comodità per il nostro piccolo eroe.
Questa piccola oasi di vita quasi normale vi sarà molto utile nella lunga avventura che vi si prospetta davanti: gli sviluppatori hanno infatti dichiarato che per completare questo titolo al 100% saranno necessarie circa 40 ore di gioco. Ma non temete se siete tipi irruenti, Hollow Knight si presta anche ad i vostri gusti. Per gli amanti delle speedrun il gioco può essere completato in 3 ore (uno degli achievement di gioco richiede proprio questo per essere sbloccato). Hollow Knight nella sua componente principale, ovvero quella dell’esplorazione sotterranea, miscela un comportamento action e uno platform, entrambi supportati dalle meccaniche basate sull’utilizzo della risorsa “Soul” rappresentata in game da un globo contenente un fulgido fluido bianco. Il Soul può essere utilizzato per recuperare parte della propria vitalità, ma anche per eseguire azioni speciali.
Nella sua veste action, il gioco è estremamente semplice nelle meccaniche: un tasto per attaccare e un altro per le azioni dipendenti dal “Soul”. I nemici tendono ad essere ben “leggibili” dopo che li si affronta un paio di volte, un po’ come si imparano i vari pattern nei titoli di stampo action. Se ingaggiati con il giusto timing, essi possono essere sconfitti facilmente senza subire neanche un danno. Detto questo però, vista la capacità del nostro protagonista di poter recuperare la propria vitalità, il timing per affrontare un nemico tende ad essere fondamentale, pena il subire un colpo e perdere uno dei pochi punti vita a nostra disposizione. Fortunatamente infliggere danni ai nemici fa guadagnare Soul e quindi a meno di eventi catastrofici multipli, la vita non è quasi mai un problema, eccezion fatta per alcune situazioni davvero ostiche dettate dal level design.
Il lato platform è in realtà una componente non centrale nel gioco. Questi momenti possono essere frustranti perché a volte il feel che si ottiene in fase di salto è impreciso. Questo difetto viene mitigato nel corso della storia grazie all’aggiunta di una meccanica presente oltre un certo punto del gioco (che eviteremo di spoilerare), ma rimane comunque un problema fastidioso nelle fasi iniziali. In caso di morte del nostro eroe si innesca una sequenza veramente ispirata ai Souls di From Software, con la perdita di tutta la valuta di gioco e saremo costretti a tornare dalla nostra ombra per recuperarli.
Da scudiero a Cavaliere di prima classe
La crescita del cavaliere non si esprime tramite un classico sistema a livelli, bensì è dettata dall’acquisizione di charm (ninnoli che permettono di ottenere un’abilità passiva se equipaggiati) o acquistando con la valuta di gioco oggetti che direttamente influenzano permanentemente i parametri del Cavaliere. Questo si accompagna anche ad un miglioramento delle tecniche che lui ha a disposizione tramite l’interazione con alcuni NPC.
Prendendo le distanze dalle meccaniche di gioco, è difficile non notare l’elemento che più di tutti colpisce di Hollow Knight: questo è ovviamente l’atmosfera che pervade il mondo di gioco. Non è raro nel mondo indie che i videogiochi sfruttino una cura particolare dal punto di vista “artistico” per compensare un budget ovviamente non comparabile con le grandi produzioni (Hollow Knight è stato finanziato da una campagna Kickstarter che gli ha permesso di raccogliere quasi 60 mila dollari). In questo gli sviluppatori hanno realizzato egregiamente Dirthmouth e dell’ambiente sotterraneo che fa da teatro alla nostra epopea.
La colonna sonora del gioco è costantemente ad ottimi livelli, e tocca nel profondo il giocatore anche mentre esso non vi presta attenzione con un mix di allegria e nostalgia per le aree ora desolate che si ritrova ad attraversare. Grazie ad essa in pochi minuti l’immersione nel titolo è quasi sempre completa.
Ovviamente la cura nello sviluppo non si ferma unicamente alla grande soundtrack impiegata, l’appeal visivo è similmente curato. Il tema portante ruota intorno alla grandezza passata, ma l’ingegno dei character designer e level designer riesce a proporlo con un estetica carina e pulita, che permette di associare facilmente il carattere dei vari NPC (sia alleati che nemici) al loro aspetto, nonostante (o forse proprio grazie) all’assenza di troppi dettagli che avrebbero sporcato la semplicità di un gioco che è fatto per essere godibile in sequenze veloci. Tant’è che il nostro protagonista in poco tempo ha già conquistato tantissimi fan per il suo aspetto “puccioso”, eppure solenne.