Resident Evil Village ha fatto sicuramente parlare di sé. Dal classico “non ci sono gli zombie“, al più specifico “dura troppo poco“, l’ultima fatica di Capcom ha diviso stampa e giocatori, che al netto di un’esperienza decisamente ispirata e riuscita hanno provato sentimenti contrastanti giocando l’avventura di Ethan Winters alla ricerca della piccola Rose. Tuttavia, tra polemiche sterili e difetti visti dove in realtà non ci sono, una discussione su tutte ci è sembrata toccare una tematica veramente importante, che potrebbe segnare il futuro della saga: l’equilibrio tra terrore e azione. Casa Beneviento, la sezione decisamente più Horror di tutto il gioco, è quella che ha colpito maggiormente l’utenza, staccandosi nettamente dal mood dell’avventura, e divenendo la cartina al tornasole in qualunque discussione. “Come può Village non farti paura, l’hai giocata Casa Beneviento?” Riprendendo la tensione provata attraversando la villa dei Baker, il laboratorio della bambola Angie disarma e spiazza il giocatore, come fece a suo tempo l’esperienza a cui deve la sua grande fortuna: P.T. A questo punto le domande sorgono spontanee: Konami deve mangiarsi le mani per aver allontanato il genio di Kojima, e di conseguenza un gioco che avrebbe fatto le sue rinnovate fortune? Quanto l’esperienza di P.T. sta segnando l’horror videoludico attuale? Casa Beneviento dovrebbe avere un peso maggiore nel futuro della saga? Proviamo a rispondere.
Da Hideo Kojima alla bambola assassina
Completamente soli, in una casa ostile e sconosciuta. Disarmati, avanziamo attraverso angusti corridoi, seguendo la flebile luce di una torcia, mentre l’oscurità attorno a noi ci nasconde alla vista le minacce che attendono dietro ogni angolo. Un silenzio assordante rende l’atmosfera gelida, rotta soltanto da inquietanti lamenti, sintomo di una oscura presenza che segue i nostri passi pronta a ghermirci. Questo potrebbe essere l’incipit dell’esperienza di Casa Beneviento. Così come quello di P.T. Il Playable Teaser di Hideo Kojima, in collaborazione con Guillermo del Toro, è uscito nell’ormai lontano agosto 2014, non concretizzandosi mai in quel Silent Hills richiesto a gran voce dai videogiocatori.
La poca lungimiranza di Konami ha scartato, per dissidi interni con il creator che non conosceremo mai probabilmente per quel che sono realmente stati, una delle idee horror più rivoluzionarie dell’ultima generazione. La commistione di elementi procedurali, di fotorealismo nella costruzione dello scenario, di elementi di sceneggiatura e regia ripresi direttamente dal cinema, ha dato i natali ad un concept che negli ultimi anni è stato ripreso da moltissimi sviluppatori, con prodotti più o meno eccelsi, basi pensare allo sfortunato Evil Inside.
Capcom e Village sono saliti sullo stesso carrozzone, fortunatamente con un risultato finale decisamente diverso. Mentre si dirige verso Casa Beneviento, Ethan (ma sicuramente di più il giocatore) si rende conto che sta andando in contro a qualcosa di completamente diverso da quanto affrontato fino ad ora. Messi per un attimo da parte i Lycan e le sparatorie al cardiopalma, una fitta nebbia avvolge una foresta ormai morta, mentre uno stuolo di bambole pendono dai rami rinsecchiti. Le visioni di Mia, e la prova che deve affrontare per raggiungere la magione, “rinuncia ai tuoi ricordi“, sono il preludio ad un netto cambio di rotta. La privazione delle armi, e l’inizio dei primi veri e propri (e purtroppo anche ultimi) enigmi del gioco, sono la consapevolezza che il vero orrore è arrivato.
Resident Evil Village e il suo debito
Resident Evil Village prende a piene mani dal folklore cinematografico. Se Lady Dimitrescu è Dracula, Salvatore Moreau è il Mostro della laguna nera e Karl Heisenberg è Frankenstein, Donna Beneviento, e soprattutto la sua Angie, sono un chiaro riferimento a La Bambola Assassina di Tom Holland. Ma se il debito stilistico si esaurisce qui, quello videoludico corre e rincorre il P.T. di Hideo Kojima. La saga aveva già iniziato con il precedente capitolo a rifarsi alle meccaniche del playable teaser del papà di Metal Gear Solid. Anche nella casa dei Baker, infatti, avevamo intravisto, soprattutto nella prima parte, la commistione di elementi cinematografici (Saw – L’enigmista), fotorealismo in prima persona, ed elementi scenici e di gameplay ripresi da P.T. Con Village, l’intelaiatura si è fatta ancora più forte.
Lunghi e claustrofobici corridoi, l’oscurità più totale, una mostruosità che, neanche a farlo apposta, non sfigurerebbe all’interno della saga Silent Hill, da affrontare completamente disarmati, e tutta una serie di enigmi che hanno costretto il giocatore di Village ad accendere il cervello per essere risolti, e anche velocemente se non si vuole fare una brutta fine. Uno stacco netto, un prima e un dopo all’interno dello stesso gioco. C’è un Village pre e uno post Casa Beneviento. Ed il fatto che la sezione più peculiare del gioco sia quella che se ne distacca di più deve far riflettere. Casa Beneviento è l’unico trait d’union che convince l’intera community.
Casa Beneviento è il futuro della saga?
Il successo di Casa Beneviento apre a molteplici riflessioni. La prima, la più scontata. Se P.T. e tutto quelle che ne è derivato hanno riscosso l’enorme favore della critica, Konami dovrebbe riflettere sulle proprie scelte. Quando hai tra le mani uno dei più importanti designer del mondo, bisogna pensarci bene prima di lasciarselo sfuggire. Non solo, non aver compreso il potenziale di un’idea che poteva rivelarsi una gallina dalle uova d’oro si sta rivelando un grosso errore. Silent Hill, come reboot o come nuovo capitolo, tornerà sicuramente, e non sapremo mai se in veste migliore o peggiore di come avrebbe fatto Kojima.
Se i Romani si sono ispirati alla cultura etrusca per il carro e la ruota, non c’è motivo per cui Capcom non possa concedersi una libera ispirazione da quella che è rimasta a tutti gli effetti un’idea e non un gioco completo. Villa Baker e Casa Beneviento devono moltissimo a P.T. Ma se i fan hanno acclamato a gran voce la prima parte del settimo capitolo e l’abitazione di Donna ed Angie, e meno la sezione della nave e quella della fabbrica di Village (le più shooting oriented), anche Capcom dovrebbe riflettere sulle sue scelte. Non tanto su quelle già compiute, ma su quelle dedicate al futuro. Forse l’equilibrio tanto acclamato tra horror e action non è stato ancora raggiunto. Forse il nono capitolo saprà dosare ancora meglio le sezioni alla Beneviento e quelle alla Heisenberg. E, perché no, P.T. potrà ancora una volta essere un valido maestro.