Romance of the Three Kingdoms XIII – Recensione

Alessio Cialli
Di Alessio Cialli - Senior Editor Recensioni Lettura da 15 minuti

Arriva in Europa il tredicesimo capitolo di uno dei più longevi titoli strategici di Koei Tecmo. Era il lontano 1985 quando il primo Romance of the Three Kingdoms sbarcava nel mondo videoludico con ambientazioni storiche appartenenti tutte all’epoca della Cina dei Tre Regni. La serie è molto particolare ed ispirata a ben due opere letterarie: “Cronache dei Tre Regni” di Chen Shou prima ed in seguito al celebre “Romanzo dei Tre Regni” di Luo Guanzhong. Il classico della letteratura mandarina di Guanzhong è un capolavoro imponente di 120 capitoli, composto di circa 800.000 parole e quasi 1000 personaggi principalmente di ispirazione storica; per poter rendere giustizia a questa grandiosa opera ci ritroviamo dopo più di trent’anni dall’uscita del primo capitolo a recensire l’ultimo Romance of  the Three Kingdoms XIII. Questo capitolo, oltre a portare un tono di innovazione nella formula del suo cavallo di battaglia e nella stratificazione delle strategie, pur non modificando lo scopo ultimo di gioco (reclutare il migliore degli eserciti, gestire con diplomazia ma al contempo forza bruta le città vicine ed infine unificare la Cina sotto il vessillo scelto per la nostra partita), rappresenta, con il lancio della versione tradotta in lingua inglese, il grande ritorno sul mercato internazionale, un ricordo ormai vecchio di otto anni vissuto con Romance of  the Three Kingdoms XI. La tredicesima edizione del gioco, pubblicata prima per PC ed ora per Current Console e Old Gen, sarà all’altezza del nome? Godetevi la nostra recensione.romance of the three kingdoms

30 anni di ROTK: una conferma

Come accennato in precedenza, questo capitolo è stato pubblicato proprio per il trentesimo anniversario della saga. Anche se tradotto solo poche volte in lingua Inglese, in particolare nelle sue versioni PC (mezzo ideale per un gioco strategico), rimane ad oggi uno dei cavalli di battaglia sui quali si fonda il grande successo di Koei Tecmo che sulle ambientazioni storiche orientali la fa da padrona. Nonostante le innovazioni nel mondo videoludico e le richieste sempre in evoluzione da parte dei giocatori, gli sviluppatori continuano ad insistere con le caratteristiche di sempre che sperano di rafforzare con qualche novità per agevolare il gioco, che nei capitoli precedenti risultava davvero troppo statico e a tratti noioso. Se fino ad oggi non vi siete appassionati a questa serie non sarà di certo questo il capitolo che vi farà cambiare idea. Mentre per gli amanti di Romance of the Three Kingdoms l’ultimo capitolo sarà una conferma, poiché i punti di forza del gioco rimangono ben saldi ed inoltre si nota un primo tentativo di semplificare la giocabilità che già in generale negli strategici risulta essere complessa e difficile. Dopo questa premessa direi di andare ad analizzare il gioco da un punto di vista più tecnico e dettagliato.

Hero Mode e Main Mode

In quest’ultimo capitolo ci viene data la possibilità di giocare due modalità: la Hero Mode e la Main Mode. Per quello che riguarda la Hero Mode possiamo dire che forse è una novità del gioco: in questa modalità Tutorial, dettagliata e ricca di contenuti di gamplay e di narrazione storica, diamo il via alla nostra avventura nel 184 D.C., agli albori di quella che l’Oriente chiama “rivolta dei Turbanti Gialli”, una rivoluzione di braccianti insorti per le continue carestie e le ingenti tasse dell’impero. Il questo momento vestiamo i panni di Liu Bei (artigiano povero ma ambizioso) per affrontare missioni volte ad illustrare le dinamiche del gioco e le meccaniche di interazione tra i personaggi; il resto di questa modalità è incentrato sulla conoscenza e l’intreccio con altri due personaggi (Zhang Fei e Guan Yu), con i quali stringiamo un legame talmente forte da accompagnarci fino all’unione della patria. Finito l’intenso e noioso tutorial possiamo finalmente cimentarci nell’altra modalità, la Campagna: allo start abbiamo la possibilità di scegliere un personaggio predefinito creato dagli sviluppatori tra i tantissimi esistenti nei due romanzi, oppure possiamo forgiare un nuovo eroe: se scegliamo un personaggio predefinito ripercorreremo la carriera dello stesso, mentre se scegliamo di crearci il nostro avatar ci troveremo nuovamente di fronte ad una doppia possibilità: servire sotto uno dei signori già esistenti oppure essere noi stessi il signore locale. Per quanto riguarda il primo ruolo il nostro compito sarà quello di rispondere agli ordini del superiore e conquistare province, abbiamo la possibilità di crescere socialmente aumentando le nostre abilità e ricalcare più possibile l’immagine descritta dalla storia cinese dei generali esistiti nel corso della storia dei “tre Regni” o addirittura dare una svolta inaspettata alle vicende. Se invece scegliamo di essere il governatore di una delle città il nostro compito sarà quello di ingrandire le truppe, di arricchire la nostra cittadina, di stringere rapporti solidi e duraturi con funzionari importanti di altre città, combattere per il nostro predominio, rispondere a duelli verbali e sfide a cavallo con briganti. Tutte le azioni sono scelte e controllate attraverso un Menù dettagliatissimo ma allo stesso tempo confusionario e ostico, almeno per le prime ore di gioco. La difficoltà nell’interagire con l’ampia pagina di comandi non la si nota solamente per la vastità di personaggi, abilità, rapporti ed informazioni contenute, il tutto è rinforzato come se non bastasse dalla confusione di una struttura che ci disorienta e che a tratti sembra completamente inadatta a contenere la scrittura occidentale. Solo dopo tanta fatica passata a capire come muoverci nel vasto menu di gioco potremo iniziare a pensare di goderci il titolo. Purtroppo anche in questo caso va aperta una parentesi: godersi il gioco è difficile a meno che non siate dei patiti della storia dei Tre Regni cinesi e preferiate la strategia politico-diplomatica a discapito delle tattiche di guerra. Dunque non dovremo azzardare a guardare ROTK come un gioco di pura strategia militare ma piuttosto un titolo più incentrato sulla diplomazia e la lenta burocrazia che caratterizzarono la Cina di quel tempo. Vi lasciamo un suggerimento del generale Zhou Yu che riassume con pochissime parole il fulcro del gioco:

“Chi vince le persone, prospera; chi le perde, fallisce. Il tuo piano attuale dovrebbe essere quello di cercare uomini con grandi obiettivi e punti di vista lungimiranti e potrai affermare te stesso con fermezza”romance of the three kingdoms

Rigidità e pura diplomazia

La supremazia della dinastia di cui abbiamo scelto di far parte è l’obbiettivo finale del gioco. Sia se partiamo dal basso scegliendo di intraprendere la carriera militare con l’ambizione di diventare ben presto un generale militare, sia se scegliamo di essere il Signore e vivere come tale, le tappe per raggiungere lo scopo finale sono ben chiare e rigide. Migliore è la vivibilità nel nostro villaggio maggiori saranno le possibilità di reclutare truppe necessarie alla vittoria di battaglie per la conquista di nuove terre; maggiori sono le nostre capacità di stringere rapporti longevi con funzionari di altri villaggi, con abilità specifiche, maggiori saranno i risultati sul campo di battaglia. Economia, politica ed agricoltura sono alla base dello sviluppo della nostra città stato: la città, in questo gioco, non necessita di tecnologie o di un’estensione di tipo territoriale, piuttosto ha bisogno di richiamare un numero sempre maggiore di abitanti ed alleati che diano sostanza numerica alle truppe che andranno in battaglia. Il Signore della città con riti, regali, favori e raccomandazioni, anche al di fuori della legalità, intratterrà rapporti di alleanza con altri villaggi ed asseconderà richieste di vario genere pur di tenere sotto il proprio controllo queste alleanze, che a livello statistico ci assicureranno la vittoria. Questo sistema di diplomazie è il cardine del gioco tanto da sopprimere quelle che sono le strategie di guerra: nelle battaglie, anche se disponiamo di armi da assedio e ben 3 differenti tipi di truppe da potenziare, tutto si riduce a scontri frontali legati solo alle abilità del Generale dell’esercito ed al numero di soldati reclutati. La speranza che in questo capitolo potessero essere colmate le lacune, in questo senso, è dunque fallita: ci aspettavamo sull’esempio del riuscitissimo Total War: Warhammer almeno di dover far i conti durante gli scontri con condizioni atmosferiche sfavorevoli, terreni di battaglia difficili da gestire, schieramenti utili al fine della vittoria. Invece siamo molto lontani dallo stile degli RTS in voga in occidente, con strategie complesse e longeve che in questo caso lasciano lo spazio a rigidità e forti limitazioni di tipo strutturale. In questo ultimo capitolo della saga ritroviamo così tutte le dinamiche dei suoi precedenti capitoli con ben poche novità, sarà di certo una grande attrattiva orientale quella di dover instaurare rapporti diplomatici di prim’ordine con tanto di comportamenti e usanze dell’epoca, ma secondo il nostro parere ciò non colma le lacune in senso pratico, ritrovandoci presto a capire che le battaglie si risolveranno facilmente se preparate in termini numerici e statistici senza dover pensare a casi o situazioni di pericolo casuali che avrebbero potuto esaltare la minima componente strategica del gioco.

Grafica Old Gen, disegni e musica promossi

Come se non bastassero gli aspetti negativi riscontrati nelle meccaniche di gioco, a condire il tutto si aggiunge anche una pessima grafica accompagnata da evidentissimi cali di frame. Anche se il titolo è stato sviluppato sia per console di ultima generazione che sulla ormai datata console Sony di vecchia generazione, non riusciamo proprio a capire per quale motivo si è scelto di utilizzare una grafica di gioco vecchia e retrograda. L’immagine che vi postiamo parla chiaro. Il confronto con i prodotti moderni dello stesso genere RTS purtroppo è d’obbligo, soprattutto perché in questo momento stiamo vivendo un ritorno in auge di questo genere; ci piacerebbe quasi pensare che gli sviluppatori abbiano preferito una grafica meno curata e dettagliata per permettere al gioco di girare con facilità su qualsiasi tipo di PC ed anche su PlayStation 3, purtroppo quello che appare ai nostri occhi è un’immagine 3D pessima che risalta anche le pesanti limitazioni strutturali del titolo delle quali vi parlavamo sopra (menu infiniti complessi e poco intuitivi). Ciò che però rende accattivante Romance of the Three Kingdoms XIII, almeno agli occhi degli amanti dello stile cinese, sono le linee e le fattezze dei disegni che accompagnano i dialoghi, le sfide a cavallo ed i dibattiti verbali presenti. Così come i disegni, uno dei pochi punti di forza del titolo sono le colonne sonore anch’esse dallo spiccato richiamo orientale, che fanno da cornice perfetta alla fondamentale impronta storica accompagnando, anche se con scarsa varietà, il giocatore lungo l’interminabile tragitto di interazione che il titolo gli permetterà o costringerà di avere. Nonostante le immagini in questione e le musiche diano una nota piacevole al gioco, non basta però a compensare gli incolmabili problemi della grafica e la tediosità delle meccaniche di gioco.romance of the three kingdoms

Conclusione

Avendo già esaminato qualche suo predecessore ci aspettavamo che per festeggiare il trentesimo anno di vita Koei Tecmo calcasse un po di più la mano in questo tredicesimo capitolo della saga di Romance of The Three Kingdoms, ma purtroppo non è stato così. Dopo una lunga pausa quindi speravamo anche in un lungo periodo di riflessione, avremmo desiderato un miglioramento generale del titolo: questo non vuol dire ricreare un gameplay tutto nuovo o stravolgere completamente le dinamiche del gioco, ma quantomeno avere per le mani un RTS giocabile in tutto il mondo e per una porzione di videogiocatori più ampia. Questo tredicesimo ROTK si posiziona nuovamente come tutti i suoi predecessori nella nicchia di giochi amati principalmente dai patiti del genere orientale, lasciando così interdetti tutti i giocatori anche più casual che si ritroveranno a giocarci, ai quali magari non sarebbe dispiaciuto potersi cimentare agevolmente in un titolo strategico avvincente e dall’innato carisma proveniente dalle famose storie raccontate nel libro al quale il gioco si ispira. Forse è proprio per questa ragione che ci sembra molto difficile esprimerci nei confronti del gioco, se da un lato storia, ambientazioni, musica e disegni rendono accettabile e consigliabile il titolo, dalla parte più tecnica come quella del gameplay, struttura e meccaniche ci costringono a consigliare il titolo ai soli giocatori che vogliono infliggersi questa infinita punizione. Purtroppo come già ampiamente elencato menù infiniti, strategia e tattica ridotte ad i minimi termini, una grande rigidità anche nelle tantissime cose da fare possono risultare pesanti e alla lunga frustranti alla stragrande maggioranza di giocatori. Quindi consigliamo l’avvicinamento al titolo solamente se consci di queste problematiche e fortemente ispirati.

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Senior Editor
Eclettico personaggio, ha iniziato la sua carriera videoludica con un Commodore 64. Si consacra nei titoli Platform, Stealth e GDR. Titolo preferito: Alex Kidd in Miracle World "Sega Master System", gioco più vecchio di lui!