Red Dead Redemption 2 è il miglior gioco uscito fino ad ora. Se non ve ne siete resi conto, o odiate a tal punto l’ambientazione del Far West da schifarla, oppure siete stati fuori dal mondo gli ultimi 10 giorni, gli stessi giorni che ho vissuto personalmente nei panni di Arthur Morgan in un gioco che a stento direste essere un mondo artificiale. Epopee di questo calibro le riconosci a prima vista: te ne accorgi da un dettaglio, un dialogo o un semplice incastro di avvenimenti troppo casuali per essere generati al computer. Potremmo parlare per ore dell’eccellente comparto tecnico, delle svariate feature del gioco o di come tutto sia coeso da una trama magistralmente strutturata, ma risulterebbe stantio e poco utile da leggere. Ciò che penso sia invece più adatto per spiegarvi il perché Red Dead Redemption 2 è il non plus ultra dei videogiochi sono dei piccoli racconti, delle vicende quasi totalmente slegate dalle Missioni Principali o Secondarie, che però riescono a incanalare al meglio il concept dietro all’opera Rockstar Games, qualcosa che decisamente esula dal semplice gioco e che si trasforma in un’esperienza da vivere con tutti i sensi. Se tutto ciò potrebbe sembrarvi romanzato, in realtà è solamente ciò che nel gioco ho vissuto in determinati momenti: vere e proprie situazioni che celano feature, tasti da premere e texture con una patina di realtà.
Odio Razziale
La città di Saint Denis è cupa e grigia, ben diversa dai cieli limpidi di Valentine: se questa è la modernizzazione, allora odora di carbone e sudore umano. La gente corre a destra e a sinistra, i vecchi ranch lasciano spazio ad anonimi palazzi grigi e terribilmente uguali gli uni agli altri. Il divario sociale tra le persone è talmente elevato da separare l’alta borghesia dai poveri: i bambini di quest’ultimi corrono, rubano, commettono crimini soltanto per sopravvivere. Non è diverso da quello che Arthur e compagni hanno fatto per tutta la loro vita: salvati da Dutch, trovano conforto in una vita sempre più impossibile da supportare (a causa della civilizzazione) John Marston, Javier Escuella, Bill Williamson, tutti fuorilegge che abbiamo già conosciuto in passato (o per meglio dire, nel futuro prossimo).
Ho finalmente recuperato il bottino rubato da uno di questi perfidi bambini: i miei 600 dollari, i soldi rimasti del colpo in banca fatto a Valentine. Ho infatti aggiornato tutto il mio arsenale, comprando una Pistola Volcanic e un Revolver Schofield, prontamente personalizzati con canna rigata, metalli neri e cromature oro. Mentre mi appresto a cavalcare verso l’incarico di Hosea, un ragazzo di colore urla e grida, mentre un poliziotto lo fa entrare in un vicolo. Mi fiondo dentro per vedere cosa sta succedendo, ma è troppo tardi: un colpo alla testa uccide il povero schiavo, lasciando un sorriso compiaciuto in faccia al poliziotto. Prontamente colpisco il poliziotto, senza però accorgermi di averne intorno altri 3: la città è in allerta, testimoni dell’avvenuto corrono verso l’uomo di legge più vicino, tutti cercano Arthur. Tutti cercano me. Il vicolo aiuta, posso coprirmi dietro a dei grandi vasi senza ricevere colpi, nonostante abbia lasciato le mie armi a lunga gittata sul cavallo, essendo sceso di corsa. Prima cinque, poi altri tre: guardie armate continuano ad entrare nel vicolo, cercando di prendermi. Inutile arrendersi, la taglia ormai recita Vivo o Morto, c’è poco da fare. La fuga è l’unica soluzione: fortunatamente il cavallo è li vicino, un paio di scatti in destrezza e riesco a seminare tutti quanti. La città ormai è alle spalle, la giornata è stata pesante, è giunto il momento di tornare all’accampamento.
Non l’ho fatto apposta
Ogni giorno dalle 12 alle 16 la città è sempre popolata di persone: passeggiano, comprano, vivono. In quelle ore è assolutamente impossibile camminare col cavallo per le strade: ogni singolo pestone è un’allerta, alcune volte troppo marcata per il danno effettuato. La Legge di Murphy colpisce inesorabilmente, e un semplice pestone involontario diventa un modo per allertare ogni singolo uomo di legge, fino allo sceriffo. Per fortuna sono già sul cavallo, pronto ad allontanarmi, ma un gruppo di uomini continua a seguirmi e spararmi. Il cappello mi cade a terra: lo raccoglierò dopo. Riesco a fare fuori ogni singolo uomo di legge, allontanandomi, ma non c’è pace per i dannati. Un gruppo di uomini della gang di Lemoyne mi si para davanti, tipica imboscata su strada stretta. Il tempo rallenta, il giusto per mirare alla testa di ogni singolo elemento e sparagli un colpo mortale. Due di loro sono salvi, ma spaventati. Ripongo il secondo revolver, e con il primo sparo due colpi in aria, quanto basta per farli scappare via terrorizzati. La vendetta è un gioco per idioti.
Cielito Lindo
Finalmente è tornato, è di nuovo con noi: in tempi bui come questi ogni singola gioia è qualcosa che merita festeggiamenti. Via le pistole, in alto le birre. Fuori il whiskey, il migliore che abbiamo. Tutti intorno al fuoco, Javier intona per noi una canzone messicana di cui non capiamo nemmeno una parola, ma con un ritornello fin troppo familiare.
¡Ay! ¡ay! ¡ay! ¡ay!, ¡canta y no llores! Porque cantando se alegran, cielito lindo, los corazones.
Se non ci fossero alle calcagna i Pinkerton, i Lemoyne, gli O’Driscoll e anche quell’importatore di cui non ricordo il nome, di sicuro la vita sarebbe più facile. Purtroppo così non è: la notte si porta via quella felicità, ricordando che al sorgere del sole i problemi torneranno in superficie. Ma per ora, festeggiamo.
A ripensarci…
Non doveva farlo. Rubare è sbagliato, nonostante sia la mia prima fonte di reddito. Io almeno rubo ai ricchi per dare ai poveri, o meglio lo facevo. Il mondo sta cambiando, il west capace di dare possibilità di fortuna e di una vita libera è ormai un miraggio. Sono bloccato qui in queste paludi per un colpo andato a male a Blackwater, qualcosa che non mi aspettavo da Dutch. Eppure questo furto un po’ di adrenalina la fa scorrere. Inseguo il malvivente, non è povero, anzi veste bene. Probabilmente un ricettatore. Dopo averlo raggiunto e preso con il mio lazo, riprendo ciò che è mio e lo lascio scappare, in segno di magnanimità. Mai l’avessi fatto: il pazzo inizia a farneticare eventuali vendette verso di me e le persone a cui tengo. La sicurezza non è mai troppa: a ripensarci, forse il suo posto è proprio quella palude. Un colpo in testa, preciso. Il silenzio.
Torno in città, giusto il tempo di comprare nuove munizioni express, che mi permettono di ricaricare più velocemente le pistole. Esco dall’armeria e un ragazzo dallo scantinato urla: sembra sia stato rapito, ma non capisco come accedere li sotto. Il ragazzo afferma che è tutta colpa dell’armaiolo. Entro, punto la pistola alla testa del signore e, con poca gentilezza, chiedo dove sia l’ingresso allo scantinato. Lì sotto un ragazzo – avrà avuto sui 20 anni – vestito da marinaretto, farnetica parole su un rapimento. L’illusione dell’armaiolo svanisce: dopo aver perso il suo ragazzo da piccolo, la somiglianza con questo adolescente ha fatto scattare in lui qualcosa, quanto basta a fargli fare una pazzia. Il ragazzo scappa, l’uomo è distrutto. Io, per sicurezza, le munizioni le prendo senza pagare.
Questi sono solo quattro degli avvenimenti che a me sono capitati in gioco. Forse alcuni si manifesteranno identici a voi, o magari saranno completamente diversi sia per risvolto che per conseguenze. Quello che possiamo dire, senza mezzi termini, è che quando ogni singola mossa non diventa una meccanica standard da ripetere per avanzare o da allenare per superare sfide, allora ci troviamo davanti a un mondo vivo, che respira, attivo e che si evolve con noi. Molti titoli ci hanno provato, qualcuno ci si è avvicinato. Se però cercate l’eccellenza, se volete davvero capire cosa si prova a toccare con mano un gioco perfetto (non in termini di stringhe di codice e tecnicismi, ma in termini concettuali), Red Dead Redemption 2 è un viaggio che dovete intraprendere. E chi lo sa, magari sarà il motore che vi spingerà a scoprire poi l’epopea di John Marston nel precedente capitolo.