Come nasce un culto? Con la credibilità attraverso il tempo e lo spazio: 007 No Time To Die è l’ultimo capitolo, il venticinquesimo per l’esattezza, di una saga che attraversa il mondo del cinema da “sempre”, del resto il primo adattamento cinematografico dell’agente segreto inglese scritto da Ian Fleming risale al lontano 1962 con uno straordinario (ad oggi scomparso) Sean Connery. Daniel Craig interpreta per la quinta volta l’agente James Bond in questa pellicola diretta da Cary Fukunaga, venticinquesimo film del franchise che si prospetta come la chiusura del cerchio iniziato nel 2006 con Casino Royale. Com’è andata questa missione? Lo scopriremo presto. Ecco la nostra recensione di 007 No Time To Die.
Bersaglio mobile
James Bond ha sconfitto la testa del serpente: l’organizzazione criminale mondiale di nome Spectre è stata privata del suo leader, Franz Oberhauser (Christoph Waltz), che ora è in un carcere di iper-sicurezza. Attualmente Bond si gode la sua “pensione” vivendo alla giornata con la bellissima Medeleine, figlia di Mr. White (uno dei luogo tenenti della Spectre stessa) salvata nella precedente missione. I due neo amanti si godono una piacevole gita nei borghi medioevali della bassa Italia, dove James però deve fare i conti con il passato: nella cittadina dove risiedono c’è un acropoli nella quale è sepolta Vesper, primo grande amore dell’uomo di ghiaccio. Dopo aver preso la decisione (spinto da Medeleine) di fare pace col passato, il nostro eroe si troverà coinvolto in un intrigo pazzesco dove non si è mai al sicuro, tenendo lo spettatore letteralmente incollato alla sedia per due ore e quarantacinque minuti. La pellicola scorre velocemente in un caleidoscopio di saliscendi dove il nostro eroe avrà di che perdere e di che guadagnare, senza spoiler, le sorprese saranno diverse.
Vivi e lascia morire
Daniel Craig non sembra invecchiato di un giorno: le sue movenze e la sua forma fisica sembrano ferme al 2006 quando vestì per la primissima volta i panni dell’agente segreto, ed in questo 007 No Time To Die la resa è davvero fantastica, così come lo stesso attore ci ha ricordato durante una brevissima clip introduttiva del film “è stato un lungo e bellissimo viaggio” perché come già sappiamo, questa sarà l’ultima volta che vedremo l’attore interpretare questo ruolo. Nei panni di M, direttore responsabile dei servizi segreti britannici (ovvero l’MI6), c’è Ralph Fiennes che in questo ruolo lo abbiamo visto più duro del solito, capace di trasparire diverse emozioni nello stesso dialogo e di fatto si dimostra come sempre straordinario, anche se il dialogo che sta recitando potrebbe risultare banale. Ana de Armas fa la sua breve (ed intensa) comparsa come spia della CIA a Cuba: bella senza ombra di dubbio, risulta tuttavia ben poco credibile come spia in abito da sera, sfortunatamente risulta essere uno dei nei negativi del film, per quanto limitato ad una parte di questo lungometraggio.
Nei panni di Nomi invece, Lashana Lynch risulta più che convincente, vera donna “che porta i pantaloni” e che riesce a dare del filo da torcere sullo schermo al nostro eroe. Rami Malek, indubbiamente bravissimo ma non serve che lo dica chi vi scrive, poteva fare di meglio, e in questa pellicola non ha brillato di certo come ci si aspetterebbe da un attore come lui. Probabilmente l’azione e il ruolo di villain non sono il suo forte. Nel complesso il film è pulito, coerente e lineare con diversi colpi di scena, che non fanno gridare al miracolo ma che non sono nemmeno così scontati come ci si aspetterebbe. La Bond-girl per eccellenza in questa pellicola è senza dubbio Madeleine Swann, interpretata da Léa Seydoux, l’attrice francese ha forse la lacrima troppo facile in questa avventura, ma è indubbiamente una donna completa, bella affascinante ed intrigante quando serve ma anche una leonessa implacabile nel momento del bisogno.
L’uomo con la pistola d’oro
Come avrete capito leggendo la recensione, 007 No Time To Die è un buon action movie, forse uno dei più puliti degli ultimi anni, ogni scena è ben pensata con una fotografia ottimale che ci consente di vedere e comprendere ogni singolo movimento del nostro eroe, dei villain che attentano alla sua vita e degli elementi del paesaggio che lo circondano e che spesso diventano improbabili armi o anfratti in cui ripararsi. D’accordo la sospensione dell’incredulità in un film con James Bond, però va detto che in alcuni momenti delle scene hanno un retrogusto amaro in quanto i cattivi sparano a raffica contro Bond che non viene quasi mai di fatto colpito (le uniche ferite che si procura sono quelle dovute a cadute e tagli da coltello), subisce spesso esplosioni di granate e non sortiscono alcun effetto su di lui mentre per contro il nostro eroe sembra “giocare ad un videogioco con i trucchi“ ovvero basta che spari quasi casualmente in direzione del nemico per colpirlo ed annientarlo con una sola pallottola, nonostante giubbotti anti-proiettile o auto blindate guidate dai nemici di turno. Il quarto atto della pellicola è senza dubbio il più banale e scontato, quasi come se fossimo giunti alla fine di una lauta cena ed il dessert fosse insipido, non all’altezza del ristorante di lusso dove ci troviamo. Poteva andare decisamente meglio anche nei confronti dell’avversario di Bond: per quanto Rami Malek sia un attore straordinario, il personaggio che interpreta è scritto davvero male, dimenticabile il giorno dopo aver visto il film e decisamente lontanissimo dal carisma e dalla presenza di un nemico straordinario che fu Raoul Silva (interpretato da Javier Bardem) in Skyfall. Il culto rimane, ma questa volta potrebbe non brillare tanto quanto ci si sarebbe aspettato entrando in sala.