Un villaggio in via di espansione, animali privati del loro habitat, un popolo in grado di vivere in simbiosi con i lupi, una caccia spietata e un’amicizia improbabile. Questi sono alcuni degli elementi chiave su cui si erge Wolfwalkers – Il popolo dei lupi, di cui presentiamo la recensione, un film d’animazione presentato in anteprima al Toronto International Film Festival il 12 settembre 2020, e disponibile su Apple TV+. La pellicola, frutto della sapiente regia di Tomm Moore e Ross Stewart, ha ricevuto diverse nomination, tra cui le candidature come miglior film d’animazione al Premio Oscar 2021, ai Golden Globe 2021 e al BAFTA (British Academy of Film and Television Art) 2021. Il film fa parte di una trilogia ispirata alla mitologia irlandese, preceduto da The Secret of Kells (2009) e La canzone del mare (2014).
Al lupo, al lupo!
Irlanda, 1650. La cittadina di Kilkenny è in espansione, e il governatore Lord Protector ha dato ordine di abbattere gli alberi per aumentare la quantità di terreno destinata alle abitazioni. Ha, inoltre, assunto un cacciatore di origini inglesi, Bill Goodfellowe, per sterminare i lupi che vivono nei boschi, visti come una minaccia da debellare. La paura del branco è radicata nella mente della popolazione, così come il desiderio di cacciare gli animali fino all’ultimo esemplare. Non passa nella mente di nessuno l’idea che devastare un habitat naturale sia la causa principale della rabbia dei lupi, che si avvicinano sempre di più agli allevamenti di pecore e alle abitazioni dei cittadini. Tra le bestie vi sono anche due Wolfwalkers, signore dei lupi, in grado di comunicare con loro e guidarli come se fossero a capo del branco.
Il tema che guida la pellicola non appare nuovo agli occhi degli spettatori, ma viene trattato in modo squisito. La profondità dei personaggi e delle emozioni che guidano le loro azioni, unita a uno stile grafico impeccabile e una storia che si dipana in modo naturale scena dopo scena, sono una ventata di freschezza nel panorama dei film d’animazione dell’anno. Uno dei pilastri della storia è la salda amicizia che lega Robyn, figlia del cacciatore Bill Goodfellowe, e Mebh, giovane appartenente al popolo dei Wolfwalkers e capo del numeroso branco di lupi che Lord Protector vorrebbe vedere annientato. In quanto stranieri, infatti, Robyn e il padre devono distinguersi e rendersi utili a Kilkenny, per poter essere accettati dalla comunità. È importante che Bill svolga al meglio il suo ruolo di cacciatore, per garantire a sé stesso e alla figlia un posto sicuro sotto l’ala protettiva del governatore, che non transige il fallimento delle persone che lavorano per lui.
Tuttavia nonostante le barriere che separano il mondo di Robyn da quello di Mebh, le due ragazze si incontrano, e contro ogni pronostico vengono legate da un avvenimento che cambierà per sempre la loro vita. Il popolo dei Wolfwalkers può comunicare con i lupi e guidare le loro azioni, tentando di metterli al riparo dalle trappole disseminate nel bosco e dal disboscamento spregiudicato che, giorno dopo giorno, sottrae spazio agli animali. Robyn è inizialmente decisa ad aiutare il padre nella caccia, ma è davvero giusto quello che Lord Protector le ha ordinato di fare? Dove finisce il buonsenso e inizia la crudeltà?
Quando l’animazione diventa un’opera d’arte
La prima cosa che salta all’occhio in Wolfwalkers è il meraviglioso stile d’animazione. I disegni sono tratteggiati con cura e con uno stile unico, perfetto per il tipo di storia che viene presentata al pubblico. Gli scenari sono ricchi di significato, abbracciati da colori accesi e forme spigolose e decise. Guardando la pellicola, si ha l’impressione di entrare in un quadro, una vera opera d’arte che intrappola le persone in un altro mondo e in un’epoca lontana.
La trama si muove con sapienza tra la cittadina di Kilkenny, in Irlanda, e il bosco circostante, casa dei lupi e dei Wolfwalkers. Le strade affollate e rumorose e i sentieri immersi nel verde e nella quiete si alternano in modo armonioso, lasciando spazio alle differenze tra gli ambienti spogli e poco dettagliati visibili agli occhi umani, e il mondo ricco e particolareggiato che si snoda nelle pupille dei lupi. Si tratta di un contrasto molto forte, che si rispecchia nelle barriere costruite tra i due popoli dopo secoli di pregiudizi e paure senza fondamento. Robyn è la fiera portatrice di queste diversità, poiché le vive in prima persona, tra lo stupore e il timore, e si rende conto di quanto possano essere errate le credenze popolari basate su ignoranza e paura. Lord Protector è pronto a costruire nuove barriere e rendere ancora più profondo il terrore che regna sovrano a Kilkenny quando si parla dei lupi, visti come il nemico più temibile di tutti.
La colonna sonora che accompagna Robyn, Mebh e tutti i personaggi nella storia è eccezionale. I brani dal sapore medievale si sposano alla perfezione con le scene che accompagnano, diventando spesso i veri protagonisti del palcoscenico. A curare le musiche sono stati Bruno Coulais e il gruppo folk irlandese Kíla. Tra i bellissimi pezzi che delizieranno le orecchie degli spettatori sono presenti Running with the Wolves, riarrangiamento del brano della cantante norvegese Aurora, e Howls the Wolf (Moll’s Song – Wolf Run Free). Il doppiaggio risulta all’altezza delle altre componenti del film. Sia in lingua originale che in italiano, il lavoro è stato svolto in modo magistrale e gli interpreti riescono a dare un’intonazione quasi perfetta ai dialoghi e alle emozioni che la fanno da padrone mentre la trama prosegue. Wolfwalkers – Il popolo dei lupi appaga tutti i sensi che possono trarre beneficio dalla visione di un film, e lo fa nel migliore dei modi.