Dispatch: le prime impressioni tra supereroi, faide e humour

Abbiamo provato i primi due episodi di Dispatch, e quello che abbiamo trovato è una serie animata giocabile, tra violenza, ironia e un sistema gestionale sorprendentemente profondo.

Simone Lelli
Di
Simone Lelli
Editor in Chief
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri...
- Editor in Chief
Impressioni
Lettura da 6 minuti

Ci sono giochi che sembrano voler imitare il cinema, e altri che guardano al mondo dell’animazione per trovare la propria voce. Dispatch appartiene con orgoglio alla seconda categoria: dopo aver provato i primi due episodi, la sensazione è quella di trovarsi davanti a una serie animata interattiva fatta e finita, con tutto ciò che comporta: ritmo, caratterizzazione e un’ironia che non ha paura di prendersi gioco del genere supereroistico.

Il tono è leggero, quasi spensierato, ma non per questo superficiale. Le scene d’azione sono ricche di energia, la scrittura è brillante e i dialoghi, sempre ben doppiati in inglese, sanno alternare momenti comici e tensione narrativa senza mai perdere equilibrio. È un po’ come guardare un nuovo episodio di Invincible, ma con la possibilità di prendere decisioni, gestire missioni e intervenire direttamente nella storia.

Due anime, una storia, e scelte che contano

La struttura di Dispatch è divisa in due metà distinte ma complementari. Da un lato troviamo la parte narrativa, realizzata con sequenze animate di ottima qualità: gli episodi scorrono come veri e propri cartoni, diretti, curati e sempre movimentati. In alcuni momenti entrano in scena dei QTE opzionali, che aggiungono un pizzico di interattività alle sequenze più dinamiche, ma senza mai forzare il giocatore: si possono tranquillamente guardare come fossero episodi di una serie.

Dall’altro lato c’è la parte gestionale, che rappresenta l’aspetto più originale e inatteso del gioco. Qui dobbiamo coordinare una squadra di supereroi, decidendo chi inviare in missione in base alle statistiche e alle abilità di ciascuno. Ogni intervento è una piccola scommessa strategica: scegliere male può significare fallimento, feriti o conseguenze più gravi.

Le missioni non sono semplici schermate da riempire: durante ogni incarico possono comparire eventi imprevisti, come civili da salvare, combattimenti in corso o situazioni ambigue. In questi momenti, il giocatore deve decidere come reagire, influenzando così il corso della storia e il rapporto tra i personaggi.

A queste decisioni si aggiungono mini-giochi di hacking e momenti interattivi che spezzano il ritmo della gestione pura. Nulla di troppo complesso, ma quanto basta per dare varietà e mantenere alta l’attenzione. L’impressione è quella di un gioco che vuole farvi sentire parte del mondo che racconta, senza però costringervi in meccaniche rigide o ripetitive.

Un protagonista imperfetto, ma irresistibile!

La trama ruota attorno a Robert Robertson, terzo Mecha Man, un supereroe costretto a reinventarsi dopo la distruzione della sua armatura. È un personaggio immediatamente carismatico, con un tono ironico e disilluso che ricorda i protagonisti più riusciti delle serie animate americane: sbruffone ma brillante, pigro ma in fondo coraggioso, il classico eroe che non si prende mai troppo sul serio.

La scrittura, sempre vivace, riesce a dare spessore ai personaggi senza appesantire i dialoghi. Il gioco non rinuncia a parolacce, battute spinte e qualche momento di violenza esplicita, ma lo fa con un tono da commedia d’azione, senza mai cadere nel cupo o nel drammatico. Tutto serve alla storia, e tutto è gestito con una leggerezza che rende Dispatch immediatamente piacevole da seguire.

Un mondo di supereroi e assurdità

Dal punto di vista estetico, Dispatch è un piccolo gioiello. Lo stile grafico sembra uscito da una serie animata moderna, con linee marcate, colori saturi e animazioni scattanti. Le scene sono dirette con dinamismo, e ogni personaggio ha un design riconoscibile, pieno di personalità. L’ambientazione è una città contemporanea che mescola quotidianità e superpoteri con naturalezza: non ci sono toni apocalittici, ma piuttosto un’ironia di fondo nel mostrare come l’essere supereroe sia diventato un mestiere come un altro. È proprio questo equilibrio tra azione e umorismo a rendere il mondo di Dispatch così coinvolgente.

Un plauso va al doppiaggio inglese, davvero eccellente. Le voci riescono a rendere vivi i personaggi, con interpretazioni che oscillano tra il sarcasmo e la tensione, proprio come ci si aspetterebbe da una produzione animata di alto livello. È grazie a questo lavoro che le scene narrative riescono a mantenere ritmo e intensità anche nei momenti più statici.

Il ritmo complessivo dei primi due episodi è ben calibrato: ci sono fasi di pura narrazione alternate a sezioni più gestionali, e il passaggio tra l’una e l’altra risulta sempre naturale. L’impressione è quella di un progetto costruito con attenzione, dove la struttura episodica non serve solo a dividere il gioco, ma a dare forma a un racconto a puntate ben congegnato.

Un inizio promettente

Dopo i primi due episodi, Dispatch lascia la voglia di andare avanti. È fresco, divertente e pieno di potenziale. La combinazione di gestionale e narrativa animata funziona, le scelte sembrano avere un impatto reale e i personaggi riescono a conquistare fin da subito.

Non è un gioco che punta a rivoluzionare il genere, ma uno che vuole divertire con stile, raccontando una storia di supereroi che si prende sul serio solo quando serve. Se i prossimi episodi sapranno mantenere questo equilibrio, potremmo trovarci davanti a uno dei progetti più interessanti e riusciti nel panorama episodico degli ultimi anni. Appuntamento quindi alla recensione, in cui saremo in grado di darvi un giudizio definitivo.

Condividi l'articolo
Editor in Chief
Segui:
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.