Presentato nel giugno del 2023, in occasione di una Summer Game Fest particolarmente ricca di novità, Baby Steps in n certo senso è un progetto passato abbastanza in sordina. Si tratta di un inedito progetto di Devolver Digital, con un gameplay e un contesto del tutto inusuali rispetto a quelli che vediamo spesso nel videoludico moderno. Questo progetto ha tuttavia incuriosito molti giocatori fin da subito, per la sua ironia e per la sua struttura decisamente particolari. Ora che Baby Steps è finalmente approdato sulle principali piattaforme, con attuale esclusiva console PS5, siamo pronti a incamminarci (letteralmente) in un viaggio diverso dal solito. Scopriamolo insieme nella nostra recensione!
Come imparare a camminare
Baby Steps può essere riassunto (come è stato fatto in occasione dei messaggi promozionali del titolo stesso) come un “letterale walking simulator”. Impersoniamo Nate, un uomo pigro e svogliato che passa le sue giornate sul divano, a casa dei suoi genitori: per motivazioni non ben precisate, il protagonista si ritroverà in un mondo fantasy a lui del tutto ignoto, scoprendo inoltre di essere diventato talmente pigro… da aver addirittura dimenticato come si cammina!
Avventurandoci in questo mondo pieno di stranezze un passo alla volta, ogni movimento di Nate risulterà essenziale: controlleremo infatti le due gambe di Nate in maniera separata, rendendo l’operazione della camminata qualcosa di molto meno scontato, e molto più incisivo, di quanto visto nei titoli in terza persona che siamo abituati a giocare. In un certo senso, abbiamo trovato qualche similitudine con il ben più datato Manual Samuel.
In un’epoca di titoli che sembrano tornare alle origini del videogioco, ove la longevità la faceva anche e soprattutto la difficoltà (basti pensare al caso di Hollow Knight Silksong) Baby Steps pone i giocatori di fronte ad una frustrazione ricercata, nascosta dietro ogni singolo elemento dello scenario che, da contorno e oggetto di poco conto, rischia in questo titolo di diventare un ostacolo difficile da superare. Inseribile senza alcun dubbio nella sfera dei Rage Game, Baby Steps è un titolo che fa della sua volontà di generare frustrazione gratuita ed esagerata un processo continuamente voluto e ricercato: finire con le natiche a terra è ciò per cui, in parole povere, il titolo sembra essere stato costruito, ma intorno c’è anche altro.

La sensazione che traspare in maniera, tutto sommato, in maniera non troppo evidente è quella di trovarsi di fronte ad un titolo dal doppio fondo: il rage game frustrante e punitivo si trasla nel contesto del nostro vivere quotidiano, assumendo la forma di realtà che esistono senza grande sforzo di immaginazione.
Fare “un passo” nel mondo degli adulti come Nate non è certo una passeggiata: mettere un piede dietro l’altro e costruire la propria identità senza interfacciarsi ad una figura di riferimento (facciamo caso al fatto che Nate sembra essere costruito per scelte e personalità sui consigli dei genitori) può risultare un ostacolo insormontabile, anche se la società ci accompagna in questa fase della vita come un’imprescindibile parte di un percorso già scritto.
Tra gli elementi assurdi che sembrano trarre a piene mani da un immaginario cringe e fanciullesco, insomma, Baby Steps nasconde uno spaccato sul mondo che può ferire: ci vergogniamo a metterci nei panni di Nate, ma delle volte risulta difficile negare la nostra incapacità di mettere un passo dietro l’altro nel mondo dei grandi.
Un Bosco dei 100 Acri sotto acidi
Il mondo di gioco di Baby Steps, nonostante le prime avvisaglie, non è una landa desolata che aspetta solo la nostra caduta, ma un universo narrativo che fa del non-sense non solo la sua ragione di essere, ma la sua vera e propria linfa vitale. Faremo la conoscenza, durante il nostro lento percorso, di una serie di creature che sembrano provenire da una pagina di meme brainrot: asini antropomorfi dalle parti intime spropositate (e in bella mostra), anziani che si dilettano con giochi di parole sul più umano degli scarti organici e simili. Nella confusione di queste apparizioni tutt’altro che lineari troviamo rotture della quarta parete e riferimenti al mondo dei videogiochi in generale che aiutano l’utente a provare un po’ conforto tra una caduta e l’altra.

Ci resta difficile esprimerci ulteriormente in merito a ciò che Baby Steps può offrire: dal punto di vista dell’effettiva longevità dell’avventura, siamo sulle 10 ore abbondanti. In generale, non parliamo di un titolo che gode di ampia rigiocabilità in quanto piuttosto lineare nella struttura e sostanzialmente privo di elementi che possano dilungare l’esperienza, come missioni secondarie.
Un coerente esperimento tecnico
Soffermandoci sull’aspetto tecnico, il titolo presenta uno stile grafico in tre dimensioni piuttosto semplice, a tratti rozzo, che sembra identificare perfettamente il mood pensato dagli sviluppatori, presentando aspetti caricaturali in una maniera che costeggia il realismo, regalando al giocatore un doppio momento di stupore volta per volta. Per quanto riguarda direzione del sonoro: il titolo eccelle sotto il punto di vista del doppiaggio, ma presenta una colonna sonora non propriamente brillante.
Per quanto riguarda i trofei PlayStation, invece, ne contiamo solamente 13: bazzicare nel mondo di gioco e cogliere le stranezze al suo interno ci consentirà di mettere in bacheca uno dei Platini più bizzarri della libreria PS5.