L’estate è da sempre un periodo molto particolare, diciamo di transizione, per il mondo videoludico; vuoi perchè le uscite sono da sempre concentrate nel periodo primaverile e soprattutto autunnale, vuoi perché col caldo e le vacanze si tende a giocare di meno, l’estate risulta un periodo avaro di uscite e novità di rilievo. E’ proprio in questo periodo che però si tendono a valorizzare uscite mediaticamente minori dei colossi tripla A, che ancora oggi ci trascinano in sessioni di gioco che ristagnano dal leggendario marzo scorso; è proprio qui che si posiziona il titolo che andremo a recensire oggi, in quel limbo tra la fama e il dimenticatoio che altri non è che la calda e bollente stagione estiva: stiamo parlando di Valkyria Revolution, spin off della saga principale Chronicles tanto cara agli amanti dei J-rpg di stampo bellico-strategico. Andiamo a scoprire se i ragazzi di Media Vision hanno fatto nuovamente strike!
War Never Changes
Nonostante sia uno spin off della serie principale, Valkyria Revolution è ambientato in un universo parallelo, risultando completamente slegato alla trilogia se non per qualche ricorrenza come la Ragnite e le Valchirie; grazie a questo espediente è stato possibile, per i ragazzi di Media Vision, creare una storia che non andasse in conflitto con la complessa lore della trilogia madre. Nonostante ciò, la trama risulta sicuramente il picco più alto della produzione, sia per plot narrativo che per dialoghi e svolgimento delle vicende. Valkyria Revolution inizia infatti con un lungo filmato introduttivo, mostrante un giovane pupillo alle prese con i racconti del suo maestro basati sui cinque traditori che hanno istigato la lunga e sanguinosa guerra tra l’impero di Ruzhien e la regione dello Jutland. Ben presto le vicende assumono le sembianze di un lungo flashback, calandoci nei panni del leader dei traditori Amleth Grønkjær e raccontandoci minuziosamente ogni singolo dettaglio di quella sanguinosa parentesi. Sarà proprio Amleth il protagonista di questa intrigante storia di tradimenti, dove le sue azioni e decisioni saranno fondamentali per la riuscita del conflitto, cercando allo stesso tempo di non destare sospetti nei confronti della giovane e inesperta principessa di Jutland: Ophelia. Il cast di personaggi risulta molto ampio, variegato e ben caratterizzato: stiamo parlando di più di 30 personaggi che faranno parte attivamente delle vicende, con il picco massimo raggiunto dalla presenza dei “Cinque Peccatori”; essi riescono infatti ad elevare le vicende ad un livello successivo, dotati di un carisma e di una personalità veramente importante e ben riuscita.
Revolution?
Parlando del lato pienamente ludico, senza alcun giro di parole, Valkyria Revolution risulta un prodotto riuscito a metà, a causa di una struttura di base molto solida accompagnata da difetti quasi paradossali. Partendo dai pregi, non si possono non citare le ricche possibilità di personalizzazione delle nostre truppe, condite da un battle system dinamico e divertente; lo spin off lascia infatti il gameplay tattico per adottarne uno action basato su movimenti real time, con risultati anche buoni se analizzati superficialmente. Grossa novità la fanno le magie, permettendo al personaggio in questione di potenziare o curare gli alleati, oltre ovviamente a poter recare grossi danni ad area ai numerosi nemici presenti. Riprendendo le precedentemente citate possibilità di personalizzazione, Valkyria Revolution offre un approccio simile a Chronicles, basato su una profonda gestione dei personaggi a disposizione e su una forte personalizzazione di essi. I nostri eroi saliranno di livello grazie al guadagno dell’esperienza, ma l’evoluzione in Revolution non si ferma certo qui: grazie ad un NPC sarà possibile utilizzare la Ragnite per potenziare ulteriormente le caratteristiche dei combattenti, feature che risulterà una manna dal cielo per i completisti innamorati dei meri numeri e statistiche; inoltre, ogni personaggio disporrà di quattro valori potenziali nascosti che, saggiamente sbloccati in battaglia tramite particolari disposizioni, stravolgeranno completamente il combattente donandogli abilità devastanti. Va detto che un’errata disposizione potrebbe sbloccare il potenziale errato di quel protagonista, il che potrebbe portare a dei malus insperati che potrebbero stravolgere le sorti di una battaglia; capite bene come, nonostante l’approccio action basato su combattimenti frenetici alla Tales Of, Valkyria Revolution abbia mantenuto parte dell’animo strategico della serie principale. Ad un buon numero di pregi susseguono purtroppo un probabilmente pari numero di difetti, purtroppo risultati piuttosto importanti in sede di valutazione finale. Se da un lato il gameplay potenziale risulta ottimo, dall’altra faccia della medaglia la difficoltà bassissima unita ad una IA piuttosto scarna non sprona mai il giocare a spingersi oltre le proprie possibilità; per sconfiggere i nemici presenti basterà il 90% delle volte premere assiduamente il tasto X, rendendo il gameplay del titolo alla stregua di un musou qualsiasi. Fortunatamente le boss fight risultano divertenti e ben più impegnative, sebbene questa sinusoide di difficoltà non sia esattamente un pregio per un titolo del genere. Infine, segnaliamo una certa ripetitività delle missioni assegnateci: seppur divise in conquista e difesa, esse richiederanno praticamente sempre o quasi lo stesso pattern da svolgere, rendendo il titolo alla lunga monotono e piuttosto pesante da giocare.
Il fascino di un quadro
Adottando un linguaggio di tutti i giorni, per descrivere Valkyria Revolution potremmo usare il comune detto “bene, ma non benissimo”. Grande pregio della serie è sempre stato quello di sembrare un quadro in movimento, e almeno su questo fronte Revolution non tradisce le aspettative: grazie al nuovo engine GOUACHE, unito al lavoro di due geni quali Hiro Kiyohara e Takayama Toshiaki, questo spin off risulta splendido artisticamente parlando, sfruttando a dovere i colori vividi che il nuovo motore di gioco permette. Purtroppo anche qui non è tutto oro quello che luccica, visto che la conta poligonale risulta piuttosto scarna se paragonata ad una media produzione PS4; si sente tutto lo sviluppo cross platform con PS Vita, che immaginiamo abbia sottoposto a non poche limitazioni, tuttavia non giustificate, i ragazzi di Media Vision. A risollevare la baracca c’è però un comparto sonoro magistrale: stiamo parlando di Yasunori Mitsuda, il genio dietro colonne sonore quali Chrono Cross e Xenogears; uno dei compositori più talentuosi del mondo videoludico è riuscito nuovamente nell’intento di creare un qualcosa di unico e magistrale, con 39 tracce tutte bellissime e sempre azzeccate rispetto alle vicende. Il doppiaggio originale risulta infine più che buono, mentre quello anglofono non all’altezza causa voci non azzeccate. Concludendo, la longevità risulta piuttosto buona seppur minata da una certa ripetitività di fondo, mentre segnaliamo che il gioco risulta tradotto unicamente in lingua inglese: sicuramente un buon modo di allenare l’idioma anglosassone, seppur una traduzione italiana sarebbe stata sicuramente apprezzata.