Cosa succede se andiamo ad unire molti dei maggiori cliché dei videogiochi classici tutti in una volta, e andiamo ad aggiungerci una spiccata ironia con un pizzico di sadismo stile Dark Souls da parte dello sviluppatore? La risposta è Timothy and the Mysterious Forest, creato da Kibou Entertainment ed edito da Gamera Interactive. In questo piccolo gioco dal sapore minimal e non estremamente longevo si vive chiaramente un’atmosfera retrò, che mai come di questi tempi è tornata attuale. Il titolo è già disponibile su Steam, e al prezzo di 9,99€ non risulta neanche una spesa onerosa a onor dell’esperienza offerta. Siete pronti ad imprecare insieme a noi?
A caccia di funghi
La trama di Timothy and the Mysterious Forest ricalca molti degli stereotipi comuni (il primo che mi sovviene è Brothers) dove una persona è afflitta da un male che la porterà alla morte, e l’unico modo per salvarla è ottenere una medicina o una pianta miracolosa situata in qualche impervia location. In questo caso, il piccolissimo Timothy dovrà salvare il suo anziano nonno, ormai a letto da giorni e vicino alla morte per una misteriosa malattia. Mentre egli sta combattendo per la sua vita, Timothy decide di recarsi all’interno della Foresta Misteriosa dove, secondo la leggenda, si trova un fungo magico in grado di guarire qualunque malattia.
Questo suo viaggio è a dir poco qualcosa di eroico, non solo per il suo nobile fine, ma perché il piccolino è a dir poco deboluccio, e non dispone di alcun tipo di arma! Riuscirà il coraggioso Timothy a salvare la vita del nonno? Questo dipenderà da voi, completando il titolo in un lasso di tempo variabile (sopratutto in base ai vostri “sfortunati” game over) e con ben tre finali diversi a disposizione.
Anche se l’incipit sembra abbastanza “serio”, il titolo nella sua interezza vede disseminati al suo interno una moltitudine di situazioni, personaggi e dialoghi che ci strapperanno un sorriso. L’ironia è infatti una componente molto forte in Timothy and the Mysterious Forest, inserita in modo sapiente e non invadente, che riesce in qualche modo ad alleggerire il tutto. Questa ed altre caratteristiche rendono il gioco una sorta di prodotto “cross generazionale”, con l’aspetto tecnico di un old time game, ma dal cuore frizzante e moderno.
Vecchia Scuola
“Vecchia scuola” è esattamente ciò che ci viene in mente già al primo sguardo, con una grafica e un sonoro in pieno stile Game Boy, dove soprattutto la prima non può che richiamare la serie di Zelda (in particolar modo l’originale The Legend of Zelda: Link’s Awakening, come dichiarato proprio dallo studio). La mappa del gioco non è enorme come quelle a cui siamo abituati al giorno d’oggi, tuttavia ci riserverà una moltitudine di pericoli non indifferenti. Ogni zona è caratterizzata da qualcosa di diverso, che sia un villaggio tribale abitato da strani esseri, o un cimitero, a un’apparente tranquilla cascata. Tutti questi posti nasconderanno sempre e comunque delle minacce per il nostro Timothy, anche perché, come vi abbiamo anticipato, è molto debole, e basterà un solo colpo per farlo finire sottoterra e con una lapide al seguito (letteralmente). Per spiegare meglio tale passaggio però, è necessario affrontare il tema del gameplay.
Il posto di per sé è impervio e selvaggio, pericoloso oltre ogni limite, ed è per questo che nessuno osa entrare nella foresta, e quelli che l’hanno fatto non sono mai tornati indietro per raccontarlo. Le mappe sono così disseminate di trappole (soprattutto un paio di location) dove basterà passare per finire molto male. Alcune di esse saranno addirittura invisibili, dunque state in guardia! Ogni volta che moriremo ripartiremo dall’ultimo punto di salvataggio, attivabile solo manualmente vicino agli appositi altari. Non c’è ceckpoint o salvataggio rapido, dunque sarà necessario usufruirne spesso!
Altra cosa da non sottovalutare, è che tutti i nemici disseminati per la mappa torneranno in vita (come dicevamo, proprio in stile soulslike) non appena cambieremo riquadro, e di conseguenza le difficoltà saranno raddoppiate. Ad aggiungersi a questa vera e propria sadica macchina della morte c’è un level design studiato molto bene, che rende quello che sarebbe stato semplice backtracking in un puzzle del tutto nuovo da risolvere (e si, altri problemi ancora). Se però tali problemi si traducessero solamente nelle mappe, sarebbe presto fatto. Invece i modi in cui potremo morire saranno svariati, dal semplice rispondere male ad un dialogo, oppure insistere troppo su qualcosa, venire maciullato dai mostri o addirittura aver lanciato maldestramente una pietra.
Quali sono quindi i modi che ha Timothy per difendersi? Fondamentalmente sono solo 2: nascondersi e lanciare oggetti (principalmente vasi o pietre). Anche i nemici moriranno con un solo colpo, ma come vi anticipavamo torneranno a farvi compagnia dopo ogni cambio di riquadro. Nascondersi invece sarà l’alternativa spesso migliore, cercando di eludere lo sguardo dei nemici e correre non appena la via è libera, basandosi su dei percorsi prestabiliti. L’avanzare del gioco dipenderà poi dalla ricerca di oggetti, che man mano ci apriranno nuove vie e nuove possibilità, in pieno stile Zelda.
Il titolo non è minato da bug o difetti che inficiano sull’esperienza, e i pochi presenti sono ben trascurabili. Ciò che invece non ci sentiamo di lasciare da parte (e per un buon motivo) è il comparto sonoro: che si tratti della colonna sonora o degli effetti, ci troviamo di fronte ad uno schema tanto semplice quanto funzionale e piacevole, con inserimenti che riescono ad enfatizzare ancor di più alcuni dei momenti chiave del gioco (parola mia, tornerete nel cimitero solamente per “quel motivetto” ndr).