The Witness – Recensione

Gianluigi Crescenzi
Di Gianluigi Crescenzi - Deputy Editor Recensioni Lettura da 6 minuti
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The Witness

Raramente capitano sotto le mani dei videogiocatori delle gemme enigmatiche quanto The Witness, nuovo titolo nato dalla mente imprevedibile di Jonathan Blow. Tutte le scelte fatte per The Witness sono chiaramente volontarie e fuori dall’ordinario per molti versi, e va annunciato da subito che è uno di quei classici giochi capaci di spaccare a metà l’utenza. Perché dico questo? Cosa avrà di così particolare? Andiamo ad analizzarlo più approfonditamente.

jonathan blow the witness

Da soli tra i touch screen

L’esperienza di gioco di The Witness inizia come pochi altri titoli hanno fatto fin ora (non è certo una novità assoluta, ma i motivi della scelta saranno presto chiari): senza alcuna introduzione, senza un messaggio, senza un sottofondo musicale, ci troveremo catapultati nel gioco non appena lo avvieremo. Ci troveremo di fronte ad un lungo tunnel nel buio e a due porte che si apriranno grazie alla risoluzione di semplici enigmi (se vogliamo chiamarli tali). Una volta che saremo all’esterno, impiegheremo poco a capire che si tratta di un’isola disabitata, la quale sarà disseminata di enigmi vari di difficoltà crescente, e tutti posti su dei touch screen.

Gli enigmi varieranno in primis dalle location in cui saranno collocati, sia per difficoltà sia per tipologia. Non avremo niente a farci da guida, se non il nostro intuito: non esiste una legenda che ci spieghi cosa significhino determinati simboli sugli schermi e quale sia il criterio da attuare nella risoluzione, ne tanto meno esiste una “sequenza esatta” con la quale procedere sull’isola. In alcune occasioni comunque sarà necessario per forza di cose risolvere un enigma prima di altri, dato che molte porte e meccanismi saranno attivabili solamente tramite la risoluzione di altri screen, che andranno ad attivare una “energia”. Insomma saremo “lasciati a noi stessi”, ma allo stesso tempo saremo anche padroni di noi stessi.

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Illusione e risveglio

Arriviamo dunque al punto cardine di The Witness, quello che dividerà gli utenti in coloro che ameranno il gioco alla follia da quelli che lo lasceranno perdere dopo poche ore: il concept stesso, unito alla difficoltà. Come descritto nell’incipit, il titolo di Blow ci catapulta in game senza una spiegazione, ne tanto meno ha una trama da raccontare, la trama sarete voi (libera interpretazione ad essa, traete le vostre personali conclusioni esplorando i luoghi, e guardando gli oggetti che li abitano). Ai giocatori più “quadrati” inoltre, potrebbe non andar giù il roaming decisamente aperto, che permette di perdersi per la gigantesca isola senza troppi complimenti. Ad esempio sarà quasi impossibile vagare per questi suggestivi paesaggi, lasciandosi alle spalle solamente “zone completate”.

A tutto questo va ad unirsi il rilevante fattore difficoltà: se vi siete illusi di essere dei piccoli Einstein durante i primi step, risolvendoli con discreta facilità, siete destinati ad un brusco risveglio già dopo pochi minuti. La difficoltà degli enigmi è impegnativa a partire già dagli step immediatamente successivi alle zone iniziali, e richiedono un lavoro massiccio di interpretazione e pazienza. Se ne siete sprovvisti tutto ciò potrebbe frustrarvi non poco.

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Chi ha tempo perda tempo

Spendendo qualche parola sulla longevità del titolo, potremmo dire che dipende esclusivamente da voi: Trattandosi di un puzzle game, e nemmeno facile, la durata dell’esperienza di gioco è inversamente proporzionale alle vostre capacità. Non solo, essendo gli enigmi sparsi in un’area decisamente grande la longevità dipende molto anche dalla vostra capacità di orientamento, o semplicemente dalla vostra voglia di girovagare e curiosare in giro, circondati da paesaggi sempre diversi, o ancora per cercare negli angoli più nascosti dei piccoli telefoni cellulari contenenti dei messaggi audio. Rimanendo nello spirito del gioco dunque, la longevità di The Witness è perfetta, sempre che non decidiate di mollare a metà strada oppure di usare qualche “suggerimento” servendosi delle soluzioni.

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Total immersion

Andiamo dunque a concludere con un paragrafo dedicato alla sezione artistica del gioco: il comparto grafico ed il comparto sonoro. Come più volte abbiamo detto, The Witness gioca molto sul cambio di location e sui colori, come se molti mondi miniatura siano presenti contemporaneamente sulla superficie dell’isola. Per realizzarlo, la scelta è caduta su uno stile grafico che non badi molto alla perfezione dei dettagli e che non voti al realismo che va tanto di moda. Il risultato è un motore grafico 3D che fa il suo lavoro, e lo fa bene. Tutto ciò va ad unirsi ad un comparto sonoro che si “limita” agli effetti sonori: come accennato, in The Witness non troveremo una colonna sonora, ma verremo accompagnati nel nostro girovagare dai semplici suoni dei nostri passi e della natura che ci circonda. Artisticamente magnifico.

Unendo i due comparti in uno solo, che definirò “artistico”, ci rendiamo conto di quanto il gioiello di Blow lasci spazio senza pretese all’interpretazione e all’introspezione, “mettendo a nudo” la nostra mente, facendola lavorare sodo e affascinandola allo stesso tempo. Atmosfera e sfida, interpretazione ed abilità: difficile chiedere di più ad un puzzle game.the witness 05

 

The Witness
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Deputy Editor
Classe 90, invecchia bene tanto quanto il vino, anche se preferisce un buon Whisky. Ama l'introspezione, l'interpretazione e l'investigazione, e a volte tende a scavare molto più del necessario. Inguaribile romantico, amante della musica e cantante in erba, si destreggia tra hack n'slash, soulslike, punta e clicca e... praticamente qualsiasi altro tipo di gioco.