The Wife – Vivere nell’ombra: recensione del film con Glenn Close e Jonathan Pryce

Pierfranco Allegri
Di Pierfranco Allegri Recensioni Lettura da 4 minuti
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The Wife

Joan Castleman (Glenn Close) è una donna estremamente intelligente, bella e devota alla sua famiglia, soprattutto al marito, il carismatico Joe Castleman (Jonathan Pryce), scrittore lodato da pubblico e critica. Una mattina, Joe viene informato che è stato insignito del prestigioso Premio Nobel per la Letteratura e invitato a Stoccolma con la moglie e il figlio David (Max Irons) – aspirante scrittore che vive nell’ombra ingombrante del padre – per la cerimonia di premiazione. Il viaggio nella capitale svedese per ricevere l’ambito premio, punto più alto della carriera del marito, metterà Joan di fronte al riepilogo della sua vita, fatta di dolorosi compromessi, umiliazioni e sacrifici.

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Dietro ogni grande uomo c’è una grande donna. 

Tratto dall’omonimo romanzo di Meg Wolitzer e adattato per il grande schermo da Jane Anderson, The Wife è un viaggio tragico e toccante attraverso la vita di una donna costretta a sacrificare i propri sogni e aspirazioni a favore di un ruolo che la società le ha conferito a priori. La dialettica tra i due personaggi protagonisti mette a fuoco un sistema di valori tossico e soffocante, che è andato dissolvendosi nel tempo ma le cui ripercussioni rimangono evidenti tutt’oggi. Nella cornice della Stoccolma innevata, tra continui rimandi alla grande letteratura (da Joyce a Steinbeck, da Miller a Tolstoj), si dipana una lenta e dolorosa celebrazione della donna, dell’autodeterminazione e del riscatto personale.

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Il regista Bjorn Runge va lodato per la sua capacità di aggiungere a un film pressoché centrato sulla gravitas dei due attori protagonisti un ulteriore valore dal punto di vista registico, grazie alla sapiente costruzione di un ambiente freddo basato sulla distanza, sul silenzio e sull’assenza di colore, anche grazie alla curata fotografia di Ulf Brantas, che acuisce il senso di acuta disperazione, in un rimando evidente (e citato durante il film) a “The Dead” di James Joyce, e del film omonimo del 1987 diretto da John Huston. Detto ciò, Runge è il primo a sostenere la evidente centralità di Glenn Close e Jonathan Pryce all’interno del film, che incarnano con la dedizione e la profondità, propria solo dei grandi, due personaggi diametralmente opposti, che tuttavia hanno imparato (a spese della dignità di Joan e dell’ego di Joe) a supportarsi l’un l’altro e a vivere con una bugia velenosa. Glenn Close in particolare fa sfoggio di tutta la sua grandezza d’attrice attraverso la sottile ma potente rappresentazione di una donna apparentemente rassegnata dopo tanti anni al suo ruolo di madre e moglie, uno spirito ribelle domato dalle rigide regole della “maschiocrazia”. Una performance che potrebbe valerle (finalmente!) il tanto atteso Oscar dopo ben sei nomination senza alcuna vittoria (da aggiungersi a tre Emmy Award e tre Tony per il suo contributo in televisione e a teatro).

The Wife è un’ elegante parabola su quanto possano essere velenosi i rapporti di coppia, quanto possano essere evidenti e dolorosi gli effetti della disparità di genere, esprimendo meglio di molti (ed efferati) casi di cronaca l’epoca del #metoo.

The Wife
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Voto 9
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Pierfranco nasce a Chiavari il 1 Aprile 1994. Si diploma presso il liceo Classico Federico Delpino e studia Cinema e Sceneggiatura presso la Scuola Holden di Torino. Al momento scrive recensioni online (attività cominciata nel 2015) presso varie riviste tra cui GameLegnds e Cinefusi.it