Il videogioco negli anni ha offerto diverse tipologie di esperienza, strettamente legate all’intrattenimento, all’arte o alla narrazione. Un media che dimostra un’incredibile versatilità di espressione, grazie ai molteplici autori che hanno deciso d’impegnare la propria vita nella creazione delle proprie opere. In questa recensione andiamo così ad analizzare The Tale of Bistun, primo titolo dello studio olandese conosciuto come Black Cube Studio.
Un uomo smarrito
Ispirato dal racconto persiano del 1180 Khosrwo e Shirin, il team di sviluppo immagina un ipotetico seguito che riprende personaggi, ambientazione e determinai eventi dell’opera originale di Nizami Ganjami. Nelle rocciose pareti del monte Behistun, uno sculture si risveglia senza alcuna memoria della sua figura e di come ha raggiunto quel determinato luogo. Non ci vuole molto prima di scoprire che una piaga distrugge la natura, corrompendo e trasformando l’ambiente in qualcosa di ostile. Sperduto sia fisicamente che mentalmente, il protagonista conosce un misterioso albero parlante dall’area dolorante e onnisciente. I due stringono presto un’alleanza, permettendo all’eroe di turno di viaggiare non solo per scoprire il suo passato, ma anche per trovare la fonte del male che vuole contaminare la fragile natura.
The Tale of Bitsun è un prodotto fortemente incentrato sulla sua narrazione, dove in specifici momenti il gameplay viene perfino messo da parte per focalizzarsi sul proseguire degli eventi. Per questo motivo preferiamo non addentrarci ulteriormente nella trama e non rovinare l’effetto sorpresa. La sceneggiatura è comunque molto efficace, trasportando personaggi dalla caratterizzazione molto semplice con ottime interazioni e colpi di scena. Focalizzare l’attenzione a meno di cinque figure permette di svilupparle quasi tutte nel modo migliore possibile, ovviamente sempre osservando dal punto di vista del protagonista senza nome.
Il doppiaggio in lingua inglese funziona molto bene, con delle ottime intonazioni vocali e tempi di narrazione. In questo bisogna fare un grande applauso al doppiatore del narratore, che riesce da solo ad accompagnare il giocatore nelle circa tre o quattro ore che servono per raggiungere i titoli di coda. Il gioco non presenta di base una forte cinematografia, vista la mancanza delle animazioni facciali o movimenti complessi. Il gioco offre delle buone visibilità di telecamera per rendere maggiormente spettacolare l’ambiente e i filmati, ma mai qualcosa di realmente spettacolare.
Uno degli aspetti maggiormente interessanti è proprio il continuo rimando al racconto dell’undicesimo secolo, un tentativo di rendere omaggio a un elemento ormai parte della cultura persiana. Allo stesso tempo il titolo riesce a introdurre agli spettatori le diverse vicende del racconto senza alienarli, grazie anche all’incipit della perdita di memoria del protagonista, un espediente molto utilizzato nel mondo dei videogiochi.
Ai confini della montagna
In questa recensione abbiamo notato come il gameplay di The Tale of Bistun si divida in tre specifiche sezioni. Quella principale è quella dove la mobilità del personaggio e il moveset sono liberamente accessibili al giocatore. In queste parti dell’esperienza l’utente si ritrova in livelli lineari con lo scopo di sconfiggere tutti i nemici presenti nell’area. Comprendere il momento di pericolo è estremamente semplice, visto che succede esclusivamente all’interno di piccole arene, dove i nemici attaccheranno. Purtroppo quest’ultimi non sono molti vari e, nel corso del gioco, l’approccio con ognuno di essi diventa ben presto ridondante e prevedibile. Un difetto legato a una scarsa creatività nel design degli avversari, che grava meno del previsto data la breve durata dell’avventura.
Purtroppo anche il level design non è niente di speciale, tra una generale piattezza e la mancanza di reali guizzi creativi. Il giocatore si ritrova ad affrontare dei terreni piatti, in cui l’unica reale possibilità è quella di camminare o correre con gli appositi pulsanti. In parte questo è legato al moveset del protagonista, che si limita a una semplice meccanica di schivata ed attacco. Nel titolo di Black Cube Studio sono comunque presenti tre armi, dove purtroppo tutte si controllano nella stessa identica maniera. Ovviamente non sono “esattamente” identiche, ma le leggere differenze di prestazione non sono in grado di diversificare e rendere maggiormente interessante l’esperienza ludica. L’unica grossa differenza la fanno invece le mosse speciali, che presentano un range di attacco e animazioni diverse l’una dall’altra.
La doppia natura dell’accessibilità
The Tale of Bistun vuole comunque spingere il giocatore a una certa esplorazione. All’interno dei livelli principali sono presenti delle sculture da costruire, utili per scavare ulteriormente nella lore del gioco. Purtroppo anche questi luoghi “nascosti” sono molto semplici da trovare, tanto da non richiedere chissà quale spirito di osservazione.
La seconda fase del gioco è quella ambientata all’interno di un luogo speciale, del quale preferiamo non anticipare nulla. Al suo interno il giocatore non è in grado di muovere liberamente il protagonista, limitandone ulteriormente le capacità ludiche. Il motivo è che qui non è presente alcun genere di nemico, rendendo il tutto una semplice scusa per prendere in mano il controller mentre il narratore continua egregiamente il suo lavoro. Lo stesso vale per la terza fase di gameplay, ambientata in uno specifico punto della montagna. Qui il giocatore deve assistere a filmati ed eventi importanti della storia anche se ogni tanto è in grado di prendere il comando per la costruire una scultura o affrontare qualche genere di sezione scriptata. Insomma, un gameplay veramente tirato.
In questa recensione abbiamo notato come The Tale of Bistun abbia del potenziale, ma anche come decida volutamente di essere banale mal considerando i possibili acquirenti. In un mercato così variegato come quello attuale, è difficile che un prodotto del genere riesca realmente a risaltare. Le idee hanno bisogno di essere approfondite e affrontate, cosa che qui sembra accadere.
A dir la verità è presente anche la sezione “boss fight“, ma è solamente una e si limita a degli attacchi facilmente scansabili e la classica ondata di nemici. In parte sembra che questo prodotto sia la prima parte di qualcosa, un tutorial venduto come gioco a parte per preparare a un’uscita più importante. Magari questo è legato anche al finale fin troppo aperto, ma preferiamo non dilungarci troppo sulla questione.
Color viola
Il gioco presenta una componente artistica di buon livello: l’utilizzo del cel-shading riesce a imprimere bene i modelli dei personaggi e le loro caratteristiche, così come il suggestivo luogo speciale precedentemente citato. Purtroppo non possiamo dire lo stesso della montagna, che ben presto si trasforma in un’ambientazione poco suggestiva e veramente poco ispirata. La colonna sonora si adatta, invece, alle diverse situazioni e contesti, ma nessuna musica riesce a rimanere in testa.
Per questa recensione abbiamo provato The Tale of Bistun nella sua versione PC. In questo senso l’esperienza di gioco è stata ottima, senza bug o glitch di alcun genere e rallentamenti in grado di rovinare il tutto. Il nostro consiglio è quello di giocare il prodotto con un controller, ma è comunque godibile anche attraverso la tastiera. Infine, informiamo che è presente una traduzione italiana scritta di buon livello, ma che comunque la sceneggiatura presente in linguaggio inglese è molto accessibile.