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The Last of Us Parte 1 – Recensione del remake, le origini del mito

Meno di 10 anni per avere tra le mani il remake di un gioco che, tutt’ora, si difende molto bene nella sua versione PS4. Meno di 10 anni che però sono sembrati un secolo dopo l’esperienza vissuta in The Last of Us Parte 2, gioco che ha davvero smosso i videogiocatori come non succedeva da tempo. Non parliamo di meccaniche di gioco fuori dal comune, né di ibridazione di genere, ma di un insieme di cose capaci di rendere il titolo quasi etereo, perfetto – nonostante qualche errorino – e soprattutto toccante. Dieci anni sono pochi per creare un remake, ma possono essere tanti quando è necessario offrire le origini dell’esperienza a vecchi e nuovi utenti. Parliamo di The Last of Us Parte 1, remake del primo capitolo in arrivo il 2 settembre su PS5, e lo facciamo nella nostra recensione.

Le Origini

The Last of Us prende la dicitura “Parte 1” quasi come una sorta di “adattamento”: complice l’uscita della seconda parte, Naughty Dog ha deciso di rinominare questo remake così da rendere il tutto più connesso: d’altronde tutto ciò che succede in The Last of Us Parte 2 è diretta conseguenza del primo capitolo, e diventa quasi necessario pensare ai due giochi come ad un’unica cosa.

Il gioco sarà venduto al prezzo di 80,99€, cifra che potrebbe spaventare chi ha già la versione originale o la remastered, ma che si allinea a titoli come Demon’s Souls, che più o meno condividono con questo gioco tante similitudini. Parliamo infatti di un remake 1:1, un gioco preso e riadattato grazie al materiale originale: nel mondo del cinema succede sempre più spesso, complice l’utilizzo di camere decisamente di qualità maggiore rispetto ai mezzi di riproduzione. Per questo è possibile acquistare oggi una versione di The Matrix in 4K con una qualità superlativa e una definizione davvero alta, senza dover cadere nell’upscale.

Stessa cosa succede con The Last of Us Parte 1: il gioco è stato rifatto da zero per quanto riguarda poligoni, IA, gameplay e quant’altro, prendendo le esibizioni degli attori originali e rimodellandole con le nuove tecnologie. Il risultato sarà un misto di déjà vu e di stupore: se per esempio la scena d’apertura mostrerà lo stesso taglio cinematografico, ma con una qualità visiva decisamente migliore, altre parti hanno visto una sorta di riadattamento, contestualizzato alla trama o al gameplay stesso.

Prendendo una scena d’apertura, vedere il fienile bruciare durante i primi minuti di gioco adesso sarà completamente diverso da quanto avevamo visto nella versione originale, offrendo oltre che un dettaglio maggiore, anche un gioco di luci migliore, con conseguenze sull’ambiente e sull’illuminazione generale. Ancora più rudezza poi per quanto riguarda violenza e sangue, visto che dopo l’arrivo di The Last of Us Parte 2 è stato necessario riadattare delle scene del primo per inserire, dove mancava, quella violenza e quel realismo che ha fatto sobbalzare più volte nel secondo capitolo i videogiocatori.

Riadattare l’interpretazione

Ashley Johnson e Troy Baker, rispettivamente Ellie e Joel, non sono tornati a lavorare alle loro interpretazioni: Naughty Dog ha preso gli originali e li ha usati per creare le nuove scene. Il risultato è un utilizzo delle animazioni facciali nettamente migliore, capace di mostrare più pathos dentro le varie scene, cosa che lo stile leggermente più “cartoon” dell’originale un po’ mascherava.

Un’altra cosa che potrebbe passare inosservata ad un occhio inesperto riguarda le cutscene stesse: se nel gioco originale infatti queste erano pre-renderizzate, nel remake sono renderizzate in tempo reale. Se tutto ciò potrebbe essere pressoché inutile ai fini dell’esperienza finale, d’altra parte questo ha permesso stavolta di rendere più fluidi i passaggi da cutscene a gameplay, e senza interruzioni, cosa che permette di avere un’immersione maggiore.

Non mancano infine quei miglioramenti di cui tanto si parlava, a partire dalla IA dei nemici – che come nel secondo capitolo urlerà e chiamerà la vostra posizione – per arrivare all’environment, ora più distruttibile. Anche i modelli dei vari personaggi e dei nemici sono stati migliorati, sempre togliendo quel piccolo alone più “cartoon” che c’era nell’originale, ma soprattutto adattando il tutto alla trama e ai dettagli del secondo capitolo. Persino Jackson è stata modificata per renderla più simile a quella di The Last of Us Parte 2: non mancherà infatti la chiesa fare capolino dal panorama che vedrete, iconico luogo che i giocatori che hanno già vissuto l’esperienza del sequel ricorderanno.

Parlando di implementazioni invece, Naughty Dog ha integrato alla perfezione il DualSense, con tanto di grilletti adattivi, oltre a qualche dettaglio aggiuntivo preso direttamente dal secondo capitolo: non aspettatevi lo stealth di The Last of Us Parte 2, ma interessanti aggiunte (che non alterano troppo il gameplay) ci sono e saranno godibili sia da chi ha finito il gioco al tempo, sia da chi non ha mai vissuto le avventure di Joel e Ellie.

Insomma, realismo e qualità almeno per quanto riguarda la tecnica del gioco: The Last of Us Parte 1 è a tutti gli effetti un miglioramento del primo titolo, con una serie di tocchi tecnici – siano essi puramente estetici o legati al gameplay – capaci di rendere il gioco più fruibile, migliore e sicuramente più vicino al secondo capitolo. Sfidiamo comunque tutti i giocatori ad osservare i dettagli inseriti in questo remake: se per esempio abbiamo avuto modo di scoprire l’attaccamento di Tommy al suo fucile, non sarà strano vedere lo stesso fucile comparire in questo remake (ma ovviamente con un mirino differente, perché come sappiamo nel secondo capitolo lo stesso Tommy afferma di aver preso un nuovo mirino).

Questione di remake

Considerando che la parola remake di suo ha tante connotazioni simili, andiamo per gradi e chiariamo l’aspetto principale di The Last of Us Parte 1: il gioco non punta a reimmaginare la storia del titolo, soprattutto considerato che avrebbe potuto far storcere il naso ai puristi del gioco. L’obiettivo di Naughty Dog, che si palesa senza dubbi una volta provata l’esperienza, è quello di riproporre l’avventura originale con una veste nuova, più moderna, quasi ad urlare il fatto che forse, avendo avuto i mezzi odierni, la stessa software house avrebbe improntato il gioco in questo modo.

Non è la prima operazione di rinnovo che PlayStation propone: abbiamo già vissuto qualcosa di simile con il remake di Demon’s Souls, dove la software house ha lasciato intatta trama e avventura, migliorando solo gameplay e lato tecnico. Certamente dove hanno potuto, i ragazzi di Naughty Dog hanno sistemato qualcosa, ma si tratta principalmente di piccoli dettagli che rendono l’esperienza più immersiva e i fan più felici di riconoscere questo o quel particolare.

Nessuna paura però per i detrattori di operazioni simili: sebbene sembrerà strano, esistono moltissime persone che al tempo non hanno giocato l’originale, e che ora potrebbero vivere l’esperienza per la prima volta con una grafica e un gameplay più consoni (quasi ad invidiare chi davvero nel 2013 non ha giocato il gioco). A prescindere, qualora rimaneste convinti della vostra idea, potrete dormire sonni tranquilli: la remastered PS4 è ancora disponibile, sia fisicamente che digitalmente, costa ancora poco o niente ed è giocabile anche su PlayStation 5.

The Last of Us Parte 1

9.2

Un remake estetico che inserisce coerenza e dettagli tecnici all'interno di un gioco iconico: la nascita di The Last of Us, vissuta però con dei mezzi tecnici migliori, propone un mondo rinnovato, una pletora di dettagli che nell'originale erano stati lasciati all'oblio e un'avventura generalmente migliorata sotto molteplici aspetti. Parliamo di un remake tecnico, la trama rimane invariata, ma giocare questo The Last of Us Parte 1 rinfrescherà i vostri ricordi, sostituendo la comunque ottima grafica PS3/PS4 con qualcosa di più audace, bello e realistico. Se non avete mai giocato il primo titolo, non perdete l'occasione.;s

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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