È disponibile sulla piattaforma streaming Netflix, il nuovo film fantascientifico The Adam project, che analizziamo oggi con questa recensione dopo averlo visto in anteprima stampa al cinema. Il film è diretto da Shawn Levy (Una notte al museo, alcuni episodi di Stranger Things) e vede protagonisti Ryan Reynolds, Mark Ruffalo e Jennifer Garner. Una produzione annunciata nel lontano 2021 che doveva vedere Tom Cruise protagonista e doveva intitolarsi “Our name is Adam” che è stata rimandata per anni, fino all’acquisto dei diritti da parte di Netflix nel 2020. 106 minuti di durata per quello che è un film di intrattenimento per le famiglie, leggero, senza troppe pretese ma comunque dal cast tecnico di tutto rilievo.
È il 2050 ed Adam Reed è un pilota di un jet molto particolare, in fuga. Viene colpito da alcuni inseguitori e grazie ad un wormhole creato dal suo stesso jet, viaggia nel tempo per compiere la sua missione, cercando di tornare nel 2018 per salvare la moglie Laura, che a quanto pare sarebbe morta proprio durante un viaggio nel tempo in quell’epoca. Avendo immesso in fretta e furia le coordinate del suo viaggio nel tempo, sbaglia e si ritrova nel 2022. Ferito, cerca rifugio in quella che era casa sua, in quell’anno, trovando il suo sé stesso dodicenne ed il suo cane di allora. L’Adam dodicenne, interpretato da Walter Scobell, vive con la madre ed ha perso il padre da circa un anno. Affoga il suo lutto tra conflitti a scuola, richiami dagli insegnanti e brutte risposte alla madre. Nasconde però una grande intelligenza e “nerdaggine” (che il film tiene molto a farci conoscere) e ben presto riconosce il suo sé stesso adulto, accogliendolo in casa ed aiutandolo a rimettere in sesto il suo jet per far sì che la missione dell’Adam adulto possa continuare. I due Adam vengono perseguitati da Maya Sorian e Christos, che vogliono fermare la loro missione di salvataggio. I due pensano quindi di tornare nel 2018 per chiedere aiuto a loro padre, in quel momento ancora in vita, per distruggere l’acceleratore di particelle che avrebbe permesso in seguito i viaggi nel tempo, in modo che niente di quello che stava accadendo potesse aver avuto luogo.
The Adam project, recensione tra divertimento e qualcosa di già visto
The Adam project è un film fantascientifico senza troppe pretese di originalità e in questa recensione è bene forse ignorare quanto gli elementi principali si siano già visti in altre opere. Un io più grande che incontra il proprio io più piccolo o l’eterna e banalissima trama per cui il padre scienziato debba creare i viaggi nel tempo in cui il figlio sia coinvolto. O insomma, trame impossibili che rimangano sempre legate alla famiglia, come se una sola famiglia possa, tra un laboratorio e una casetta, cambiare il mondo. Cose che esistono solo nei film, ma d’altronde, di fantascienza stiamo parlando. Ecco, forse il problema è che quel “fanta” si sposta molto sulla trama generica e non scientifica. A parte questo, The Adam project è un film che essenzialmente si basa sui personaggi e sui loro dialoghi. Ryan Reynolds e Walter Scobell sono semplicemente eccezionali insieme e la sceneggiatura e regia (che aveva lavorato col primo in altre occasioni) hanno aiutato tantissimo. I due divertono molto e il personaggio dell’Adam dodicenne è veramente spassoso. I dialoghi sono cuciti intorno ad un personaggio divertente, pungente e a volte cattivello, sempre in maniera credibile. Walter Scobell è veramente bravo (lo abbiamo ascoltato in lingua originale) e la bravura di questo piccolo attore americano ci fa fare qualche riflessione sulla differenza, a livello di insegnamento della recitazione, che l’industria americana ha nei confronti di quella europea e italiana. Insomma, quanti piccoli attori italiani sono anche lontanamente bravi come la media dei piccoli attori americani? Domanda retorica.
Tra effetti speciali generalmente ben realizzati a parte qualche disattenzione, tra scene di azione intrattenenti ma a volte banali e già viste; il film si articola anche in scene simil drammatiche che sono anche molto convincenti. La sottotrama rapporto madre-figlio con l’Adam dodicenne riesce a farsi addirittura struggente e colpisce molto una piccola parte di una delle sequenze finali in cui lui sente la propria coscienza dire di mostrare più affetto nei confronti della madre, riuscendoci con una tenerezza infinita. Difficile pensare che questo film senza questi dialoghi potesse avere una riuscita simile, perché sono proprio l’elemento che lo salva, portandolo un po’ sopra la sufficienza. Quello che manca è sicuramente la caratterizzazione e la credibilità dei villain, legate alla parte di trama scientifica che non viene approfondita e viene abbandonata lì tra il plagio di Terminator a livello di scenografie e l’uso di macchiette che in tv e al cinema hanno decisamente stancato.
Per concludere, The Adam Project è un film godibile, per tutti, senza troppe pretese, ma ben girato, con un cast interessante e dialoghi divertenti. Lo trovate su Netflix.