Ci sono stili di gioco che nascono da campioni dello sviluppo: archetipi che si fanno spazio nel mercato grazie ad un’innata capacità di affascinare una discreta nicchia di pubblico. Esistono poi i casi in cui c’è chi vede uno stile, lo assimila e lo riproduce inserendo l’estro creativo di cui è dotato: in Forge Replay hanno saputo fare questo, creando un prodotto innovativo dal gusto retrò che non guasta assolutamente. Soulstice è qui, e credeteci se vi diciamo che non sarà l’ultimo lavoro dello sviluppatore italiano.
Un corpo e due anime
Nel Sacro Regno di Keidas, secoli e secoli or sono tre leggendari guerrieri, divenuti ora delle vere divinità definite Guardiani, sconfissero le forze del male relegandole al di là di un confine mistico, definito Velo. Per secoli le forze oscure hanno cercato di rompere la barriera del Velo ed hanno trovato dall’altro lato le Chimere, un ordine di guerrieri potentissimi in grado di difendere il Sacro Regno di Keidas. Tra le fila di questi guerrieri milita Briar, una ragazza bellissima ed altrettanto pericolosa, accompagnata dall’anima inseparabile della sorella Lute. Come le due ragazze siano unite è un mistero, e lo è perfino come abbiano fatto ad entrare nei ranghi delle Chimere, ma poco importa dato che nel corso di una missione, le due ragazze scopriranno che le forze oscure stanno tentando un’attacco massivo al Velo. Il compito della Chimera (che vedremo come un personaggio unico) è quello di scoprire cosa minaccia la nostra realtà e sconfiggerlo: per farlo, l’Ordine delle Chimere ne invierà altre ad aiutarle, e anche un misterioso personaggio quasi super partes, che in cambio di cristalli energetici donerà alle due sorelle poteri, abilità ed oggetti oltre che armi.
Sul piano della scrittura della storia ci troviamo di fronte ad un gioco che si apre a ventaglio: ad ogni missione superata otterremo nuove informazioni (sia durante la missione che nel finale della stessa) e saremo in grado di discernere gli inganni e i sospetti di Briar e Lute. Una trama che può sembrare inizialmente banale che però si rivela più profonda man mano che si procede, rendendo l’esperienza della scoperta appagante e divertente.
Spada e magia
Sul piano strettamente ludico, Soulstice da il meglio di sé: la telecamera è un semi-fissa, così come accadeva nei grandi titoli hack and slash del passato come ad esempio Devil May Cry o Castlevania Lords of Shadow. Il fatto di avere una telecamera fissa nelle occasioni di combattimento potrebbe risultare fastidioso, contrariamente invece la scena è sempre comprensibile, e come dicevamo il giocatore ha un semi-controllo sulla stessa e può regolarla nelle situazioni più concitate. Dal punto di vista delle sezioni platform e degli enigmi che il gioco propone, ci sono delle soluzioni intelligenti e ben sfruttate: Lute può creare due diversi campi di energia, uno blu e uno rosso: il primo è in grado di far comparire oggetti come leve, piattaforme o cristalli energetici, il secondo invece serve per permettere a Briar di distruggere dei cristalli rossi che ostruiscono il cammino, od oggetti che vanno spostati.
Sfruttando il potere di Lute sarete dunque in grado risolvere diversi puzzle o reperire risorse energetiche (manco a farlo apposta blu e rosse anche queste) che vi serviranno come valuta: i cristalli rossi serviranno per potenziare le abilità di Briar che diventerà di volta in volta più competente nelle armi che sceglierete di usare, oppure potrete scambiarle all’inizio di ogni missione – o durante se incontrerete il Viandante – per oggetti curativi o pietre che vi riporteranno in vita.
Le abilità di Briar sono permanenti ed una volta sbloccata una combo non potrete più eliminarla per riavere indietro la valuta spesa, mentre per Lute le cose sono diverse, tanto per iniziare lei sfrutta la risorsa blu e possiede tre alberi di abilità, ciascuno dei quali si aprirà a ventaglio man mano che sbloccherete tutta un’area. Siccome Lute è un’anima, e non un essere fisico, potrà cambiare “aspetto”, ed ecco che ciò si tramuta nella possibilità di riavere indietro l’energia spesa per poter sbloccare altre abilità.
Arrivando al nocciolo della questione, il combattimento, va detto che sotto questo profilo Forge Replay ha fatto un lavoro perfetto: Briar sarà la protagonista principale degli scontri mentre Lute fungerà inizialmente da supporto, ma con la progressione che le farà prendere sempre più parte agli scontri. In Soulstice, infatti, conta moltissimo il valore di Armonia che si ottiene combinando all’unisono attacco e difesa, il primo a cura di Briar, il secondo nelle mani di Lute. Potremo controllare la difesa attivamente mediante schivate e parate, e come sempre, se eseguite in maniera perfetta, ci sarà un bonus sfruttabile.
Nel corso nel combattimento dovrete anche attivare le due auree di potere di Lute, quella blu e quella rossa, a seconda del nemico che vi troverete di fronte: i fantasmi ad esempio vanno resi corporei tramite la luce blu, mentre molti nemici vanno debellati mentre si usa il potere della luce rossa, in quanto corrotti dai cristalli. Non mancheranno bossfight con nemici immensi, ed è lì che la spada imbracciata da Briar darà il meglio di se, trasformandosi nelle più disparate armi come martelli, doppie lame, guanti d’attacco e addirittura archi. Combattendo all’unisono le due sorelle saranno in grado di scatenare attacchi combinati devastanti, ma attenzione alla corruzione: Briar infatti può attingere ad un potere corruttivo che è insito nel cuore umano, ma viene da chiedersi a che prezzo?
In due per un unico destino
Soulstice è davvero l’unione di due stili differenti, il platform e l’hack and slash al pari di come lo sono le due personalità distinte di Lute e Briar. Il comparto storia è semplice all’inizio, ma ricco di colpi di scena man mano che si progredisce, complici anche le sezioni investigative che vi terranno con il fiato sospeso, mentre scoprirete i segreti del Sacro Regno di Keidas. La parte del combattimento invece vi metterà a dura prova, non tanto quanto un souls (non fatevi ingannare dal nome, non è un’opera di quel genere) ma tanto quanto facevano i giochi “di una volta”, che se affrontati a difficoltà facile o media erano semplici ma provate a spostare anche solo di poco l’asticella ed ecco che ogni colpo, ogni schivata o parata andata male vi farà rimpiangere di essere nati.
La struttura a corridoio ed in generale il fatto di avere davanti un gioco “a binari”, ovvero che ci porta dall’inizio alla fine senza possibilità di free roaming, è particolare: da un lato potrebbe sembrare una feature anacronistica e sottrattiva, dall’altro possiamo dire invece che tornare al passato fa bene, e che non sempre “sconfinato” sia sinonimo di “qualità”. Soulstice ha un ottimo comparto grafico, fluido e ben gestito, quanto meno nella versione PlayStation 5 da noi provata. Ci sono delle piccole pecche nelle mappe che inizialmente si somigliano un po’ tutte, mentre la pecca più grave arriva dalla mancanza di una bussola che ci indichi dove andare, ed in alcuni casi potreste trovarvi a vagare per lo schermo sperando che cambi l’inquadratura della telecamera, così da permettervi di proseguire. Il carattere dei personaggi è ben delineato al punto che nel progredire della storia, potreste percepire Briar e Lute come vostre amiche, conoscendo in anticipo cosa penseranno dei fatti che stanno per rivelarsi. Bellissimi anche i nemici che non risultano affatto banali.