Small Axe – Recensione della serie antologica di Steve McQueen

Il debutto televisivo di Steve McQueen è una serie originale e importante. Dalla Festa del Cinema, ecco la nostra recensione di Small Axe.

Pierfranco Allegri
Di Pierfranco Allegri Recensioni Lettura da 5 minuti
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Small Axe

Uno dei grandi protagonisti di questa edizione della Festa del Cinema di Roma 2020, il regista britannico Steve McQueen (premiato con il riconoscimento alla carriera) presenta il suo primo incontro con l’apparato seriale televisivo, ovvero la serie antologica Small Axe: cinque film distinti che raccontano la comunità nera caraibica londinese, le difficoltà di integrazione e il razzismo sistematico delle istituzioni inglesi tra il 1969 e il 1982. Il titolo (lo stesso di un brano di Bob Marley) rimanda a un vecchio proverbio giamaicano sulla forza del dissenso: “A little axe can cut down a big tree/Una piccola ascia è in grado di abbattere il più grande degli alberi“. La serie, che sarebbe dovuta essere presentata in concorso al Festival di Cannes 2020, esplora le forme della lotta al razzismo attraverso cinque storie di coraggio e determinazione, di cui la Festa proietta (purtroppo) solo tre (Mangrove, Lover’s Rock e Red, White and Blue).

  • Mangrove: Alla fine degli anni 60, Frank Crichlow (Shaun Parkers) gestore del caffé Mangrove, luogo di incontro per la comunità caraibica e per intellettuali e attivisti di colore del quartiere di Notting Hill, è preda delle intimidazioni e delle violenze della polizia bianca. Quando poi la comunità, stufa delle perquisizioni illegali e ingiustificate della polizia nel locale, decide di protestare pubblicamente con una manifestazione pacifica, molti dimostranti vengono violentemente sottomessi e arrestati. Il primo episodio della serie racconta la storia vera del processo a Crichlow e ad altri otto imputati, ribattezzati dalla stampa i Mangrove Nine.

  • Lovers Rock: il secondo episodio della serie. Anni ’80, una notte, una festa, una storia d’amore e di musica reggae. Martha (Amarah-Jae St Aubyn) e Franklin (Michael Ward) si conoscono e si innamorano a una festa in un piccolo appartamento della periferia di Londra, dove all’epoca ai neri non era permesso entrare nelle discoteche per soli bianchi ed erano quindi costretti a riunirsi in case private. Un’ode alla categoria musicale romantica reggae chiamata (appunto) lovers rock e alla gioventù nera che ha scoperto amore e libertà nelle sue note.
  • Red, White and Blue: L’ultimo episodio della serie. Negli anni ottanta, il giovane Leroy Logan (John Boyega, Finn della nuova triologia di Star Wars) compie una decisione difficile dopo aver assistito alla violenta aggressione di due poliziotti razzisti contro suo padre: entrare nel Metropolitan Police Service di Londra, mettendo da parte le sue ambizioni di diventare un medico forense come sognava da bambino, per cambiare le cose dall’interno. Affrontando il disprezzo del padre, degli amici di quartiere e della sua gente e le discriminazioni da parte dei colleghi, Leroy non intende rinunciare a essere ponte per le nuove generazioni e di creare un futuro migliore  per la famiglia e per il figlio appena nato.

Ambizione e messaggio

Small Axe è senza dubbio il progetto più ambizioso di Steve McQueen: raccontare cinque storie di resistenza e coraggio nel quadro di una società sistematicamente razzista raramente investigata, quella inglese e londinese. L’apprezzatissimo regista di film come Hunger (2008), Shame (2011) e 12 Anni Schiavo (che gli valse l’oscar al Miglior Film nel 2014) modella nuovamente il topos del corpo come arma, istituzione e simbolo per rivendicare una pagina di storia decisamente vicina a casa (nato nel West London nel 1969, lui stesso di origine caraibica). La scelta di diversi generi narrativi confonde uno sguardo non attento, ma al tempo stesso rivendica la molteplicità di un microcosmo relegato dalla società (bianca) del tempo a luoghi comuni e razzisti di povertà e crimine.

L’ancoraggio della serie, lo stile inconfondibile del regista fatto di piani sequenza, lunghissime inquadrature e una fotografia algida, funziona da leitmotiv della serie, a rappresentare una lotta tra una cultura dominata (quella caribica di musica e colore, passione e calore) e un’altra dominante (il grigiore londinese, l’attaccamento alla tradizione e il fantasma del colonialismo).

Del corpus artistico di Steve McQueen, Small Axe è forse la sua opera meno convincente, ma che riesce a sollecitare una discussione forte sul razzismo istituzionale attraverso il racconto intimo di una società, quella inglese, raramente interpellata su questioni di pregiudizio razziale e sulle politiche della diversità.

Small Axe
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Voto 8
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Pierfranco nasce a Chiavari il 1 Aprile 1994. Si diploma presso il liceo Classico Federico Delpino e studia Cinema e Sceneggiatura presso la Scuola Holden di Torino. Al momento scrive recensioni online (attività cominciata nel 2015) presso varie riviste tra cui GameLegnds e Cinefusi.it