Negli ultimi anni si sono viste proliferare moltissime criptovalute, createsi sulla scia dei Bitcoin. Nell’ecosistema finanziario delle valute digitali, ogni giorno avvengono moltissimi scambi, resi possibili dalla tecnologia di certificazione alla base del sistema, la blockchain, struttura di tipo matematico che fa da garante alla validazione delle transazioni. A seguito del clamore che le criptovalute hanno creato, si sono susseguite reazioni molto diverse in relazione al loro uso. In particolare se molti si sono mostrati contrariati nei confronti nuovo fenomeno, altri hanno colto le occasioni da esso generate.
Tra i diversi contesti formatisi uno su cui vale la pena porre la nostra attenzione, è sicuramente quello che riguarda la cripto valuta chiamata Ripple. Quest’ultima a dicembre ha registrato un balzo in avanti di 55 miliardi di dollari di controvalore in circolazione. L’apprezzamento ottenuto, ha portato la moneta da 29 miliardi a 85 miliardi, attestandosi ad un quarto del controvalore in circolazione del Bitcoin, il quale si aggirava intorno ai 320 miliardi. Successivamente a causa della grande volatilità che affligge tale contesto, la valuta si è rimodulata rimanendo comunque al terzo posto tra le valute più interessanti.
La moneta se pur condivide alcune caratteristiche comuni con la “madre” delle criptovalute, ne possiede altre proprie e differenti. Una di queste è sicuramente la sua origine, infatti Ripple ha una sede ben definita. La società californiana ha il suo centro di controllo a San Francisco, e si è impegnata a raccogliere decine di milioni da parte di molti investitori, comprese alcune banche tra cui Santander. Questo è un aspetto molto interessante in quanto le criptovalute sono nate sostanzialmente come strumento evasivo di alcuni processi di controllo, contrariamente a ciò Ripple si pone in antitesi con lo scopo originario.
Indaghiamo a questo punto quali sarebbero i vantaggi per le banche che si avvalgono del Ripple. Uno dei fini principali delle critpovalute è quello della decentralizzazione delle informazioni, con la possibilità di raggrupparle in alcuni “nodi” del sistema. Le banche vogliono sfruttare questo sistema affidandosi ad un protocollo volto a delocalizzare i propri dati utilizzando la rete alla stregua di un libro mastro, dove ogni operazione viene certificata dai grandi nodi che formano la struttura della rete stessa. Un protocollo di questo tipo, validato da nodi quali istituzioni accademiche e operatori telefonici mira ad eliminare quel costoso sistema di custodia delle informazioni di cui si avvalgono oggi, banche e società di carte di credito. Si eviterà in questo modo di mantenere una grande mole di informazioni in un unico posto, spezzettarle per mezzo della rete e renderle inoltre condivisibili con un sistema criptato e sicuro. Il costo per modificare i nodi informativi infatti risulta elevato ed è molto ostico farlo.
Non sono sicuramente solo gioie, non dobbiamo infatti dimenticare che Ripple è una criptovaluta come le altre e che tale sistema di investimento ci ha abituati ad una volatilità estrema che permette sicuramente di guadagnare molto, come anche di perdere moltissimo, in pochi istanti.