Ad oggi il medium videogioco ha dimostrato più volte, e su più fronti, tutte le sue potenzialità espressive, riuscendo ad andare oltre qualsivoglia stereotipo di genere o settoriale, fino a porsi quale vera e propria voce di uno o più artisti. E’ proprio in relazione a questo genere di sensibilità che vogliamo parlarvi di Othercide, titolo sviluppato da Lightbulb Crew, nel quale le caratteristiche estetiche giocano, senza dubbio, un ruolo centrale, catturando fin dal principio anche l’occhio meno attento.
Othercide nasce quale progetto indipendente (disponibile su PS4, PC, Xbox One e Nintendo Switch), e dall’amore e dalla dedizione del suddetto studio, assurgendo attraverso una pluralità di caratteristiche che, da un lato trasportano in una dimensione di “conosciuto”, a tratti anche “antico”, e dall’altra cercano di mettere in mostra un’esperienza generale che riesca, in un certo qual modo, a rendere difficile la vita dei giocatori. Sono proprio la difficoltà e l’insensibilità due fra le caratteristiche centrali di questa produzione, peculiarità che non tarderanno a sorprendere nei propri sviluppi, rompendo una semplicità che non arriverà mai.
Di cosa parla Othercide?
Parlare della trama di questo titolo non è affatto semplice, per via del fatto che in esso prevale un certo grado di astrattismo e una dose preponderante di surrealismo. Nulla viene spiegato in maniera troppo diretta, generando un tipo di narrazione che fa parecchia leva sui “classici” contemporanei, frammentandosi in una pluralità di dettagli, nomi, “documenti”, storie e citazioni che non tarderanno, sopratutto nei primi frangenti, a confondere, risultando anche altisonanti e stucchevoli, soprattutto quando distaccati da ogni altra cosa. In aiuto a tutto ciò subentra il Codex, fiore all’occhiello sia per quanto concerne le descrizioni ispirate, sia per ciò che riguarda la rappresentazione di quanto si ha davanti, senza però mai eccessivamente contestualizzare il tutto.
Gli eventi si snodano intorno ad alcune parole fondamentali: il velo (una sorta di limite dimensionale che trattiene alcuni esseri negativi dall’altra parte), la Madre (che fin dal principio tenterà di risolvere la situazione, arrivando anche a sacrificare sé stessa), Sofferenza, le Figlie (personaggi fondamentali nell’intreccio narrativo)… saranno proprio queste, in seguito all’incipit, a raccogliere un’eredità ideologica importante, che il giocatore stesso dovrà gestire e sviluppare in funzione della battaglia che si prospetta all’orizzonte. Andando oltre il fascino di quanto si apre davanti a noi, la trama resta comunque ancorata ad una dimensione fondamentalmente complessa, o comunque enigmatica, non facilmente decifrabile. Questa sua caratteristica non tarderà ad inficiare sull’immersione generale, in un videogioco che si fonda soprattutto sulle sensazioni che offre.
Sensazioni smarrite
Come detto in apertura, Othercide brilla sicuramente sul versante estetico, con un carattere estremamente ispirato e caratterizzato da uno stile assai cupo, oscuro, nel quale la preponderanza delle tonalità nere, bianche e rosse, contribuisce a valorizzarne i dettagli più diretti, costruendo un microcosmo ricco di rappresentazioni emblematiche, frasi e sussurri che accompagnano ogni mossa e una colonna sonora delicata, anche se alle lunghe tutte queste ombre e rappresentazioni surreali potrebbero stuccare, andando oltre ciò che si prova all’inizio. Entrare nel mondo di questo videogioco non è facilissimo, si tratta di un insieme di scelte che inevitabilmente inquietano, legandosi alla perfezione con le possibilità offerte a chi sta giocando, toccando anche corde sensibili che, almeno all’inizio, colpiscono per la loro fragilità.
Parlando del gameplay, il titolo è scandito su un arco temporale di sette giorni. In questi sette giorni dobbiamo mandare il nostro “esercito” in battaglia. Questo avrà la possibilità di partecipare ad alcune missioni con incarichi predefiniti. Esistono 3 tipologie di missioni: sopravvivenza (nella quale si dovranno eliminare i nemici tentando di sopravvivere fino ad un turno predefinito), salvataggio (in cui dovremo salvare un personaggio nel campo di battaglia) e caccia (nella quale dovremo sostanzialmente eliminare tutti i nemici). Parlando del nostro esercito, questo sarà costituito dalle cosiddette “Figlie”. Le figlie saranno, a discapito della valenza affettiva del loro nome, delle semplici pedine a nostro uso, nel corso delle varie peripezie. Come tali verranno generate da noi, potranno salire di livello in seguito alle missioni, le potremo potenziare facendogli apprendere nuove abilità, che andranno a definire al meglio i loro ruoli. Al momento della loro Nascita possiamo scegliere i nomi e la loro classe (Blademaster, esperte nel combattimento ravvicinato, Schieldbearer, con una grande difesa e molti HP e le Soulsinger, esperte con le armi da fuoco e conseguentemente perfetta per gli attacchi dalla lunga distanza). A proposito della Nascita, queste nostre Figlie non potranno in alcun modo essere curate, durante l’avventura, a meno che non si scelga di sacrificare altre Figlie in funzione del recupero, innescando tutta una serie di calcoli e successive nascite e crescite, da legare alle figlie attualmente in uso, o in relazione a quelle che verranno create.
Parlando, invece, del Battle System, con Othercide ci troviamo davanti ad un titolo fondamentalmente tattico, a tratti old school, che andrà ad incentrarsi su un insieme di ragionamenti legati ai turni e a tutte le caratteristiche verso ciò di cui si dispone, e ciò che si ha davanti. Centrali sono, oltre ai punti vita, i punti azione. Ogni azione, infatti, genererà dei costi, sia per quanto riguarda il muoversi sul campo di battaglia, sia per quel che concerne l’eseguire determinate azioni. Sono proprio questi punti a giocare un ruolo determinante nelle varie strategie da adottare, tenendo sempre a mente che ogni tipologia di avversario sarà caratterizzata da mosse e “risposte” uniche.
La difficoltà
Come precedentemente accennato, vi troverete davanti a un prodotto difficile, un titolo che mette a dura prova sia per via del modo in cui è stato costruito, sia per via delle palesi limitazioni date a chi gioca. Non si può salvare la partita, non è permesso, tutto è lasciato nelle mani dell’autosalvataggio. Quando si viene uccisi, si ricomincia tutto daccapo, tutti i progressi nei sette giorni vanno perduti, tutti i progressi con le figlie e le abilità persi, in funzione di una nuova squadra che comincia da zero. La morte, in Othercide, ha un peso forte e interessante, dato che essa si trasforma in una dinamica centrale, soprattutto quando si parla di bonus, anche perché moltissimi di questi si ottengono proprio attraverso il “lugubre trapasso”. Sono questi bonus che, paradossalmente, diverranno fondamentali con l’avanzamento generale, anche se il loro ottenimento potrebbe condurre ad una ripetitività stancante e soffocante, non facilmente digeribile. Ad aggiungersi a tutto questo, la lettura dei nemici, e soprattutto dei boss, i quali mostreranno le loro carte soltanto a discapito della nostra squadra, conducendo ad un tipo di studio non troppo piacevole affiancata da una palpabile ripetitività degli scenari nei quali affronteremo i nemici.
Othercide, dunque, si mostra quale spaccato artistico di una rappresentazione che non vuole in alcun modo limitare le proprie possibilità espressive, rompendo qualsivoglia schema e trascinando in un contesto narrativo ricco di dettagli, che però non si incardinano in una visione lineare facilmente comprensibile. Questa continua ricerca conduce alle due tematiche principali del titolo, tematiche che ricorrono e si rincorrono nel corso dell’intera storia e degli sviluppi interattivi nelle mani del giocatore: la Vita e la Morte. Una rappresentazione del genere lascia senza dubbio a bocca aperta, colpisce per il coraggio ma si perde in un bicchiere d’acqua che tutti vorremmo assaporare, cercando di carpirne un qualcosa che vada oltre le sue caratteristiche di base, arrivando a toccare una limpidezza e un’immediatezza che, purtroppo, mancano.